Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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venerdì 16 febbraio 2024

17 febbraio, i furori eroici di Iordani Bruni Nolani

 



”l’ocio non può trovarsi là dove si combatte contra gli ministri e servi de l’invidia, ignoranza e malignitade.”

“gravi tormenti, que’ razionali discorsi, que’ faticosi pensieri e quelli amarissimi studi”

- Un capolavoro assoluto, la riconciliazione tra lirismo poetico e filosofia raziocinante per il tramite di un pensiero magico, quello dell’infinito, che solo può cogliere la matematica cosmica dell’unità del molteplice. Li lessi che ero liceale, questi dieci dialoghi del Nolano e me ne innamorai. Come spiegare il “furore eroico”? Innanzitutto esso è applicato alla conoscenza, non ad una persona. Ma il soggetto di conoscenza è incommensurabile, e l’unico modo per dispiegarlo è non spiegarlo, ma “sentirlo” con passione intensa, talmente intensa da divenir furore ed eroica per la natura del soggetto stesso. Stampati a Londra nel 1585 - in un periodo per molti versi decisivo, in cui Bruno sviluppa in modo organico i motivi centrali della propria ricerca - raccolgono gli esiti di un confronto serrato con la tradizione neoplatonica e aristotelica, e sviluppano una teoria della conoscenza intesa come autentica riforma interiore, per trasformare il destino dell'uomo, strutturalmente limitato e finito, aprendolo all'esperienza della verità infinita.

- “un uomo cogitabundo, afflitto, tormentato, triste, maninconioso, per dovenir or freddo, or caldo, or fervente, or tremante, or pallido, or rosso, or in mina di perplesso, or in atto di risoluto;”

Lasciatemi, lasciate, altri desiri. Importuni pensier, datemi pace. Perché volete voi ch’io mi ritiri Da l’aspetto del sol che sì mi piace? Dite di me piatosi: — Perché miri Quel che per remirar sì ti disface? Perché di quella face Sei vago sì? — Perché mi fa contento, Più ch’ogn’altro piacer, questo tormento. Giordano Bruno, “Gli eroici furori”, parte II, dialogo primo

Ma andate via, lasciatemi, voi, altri desideri. Pensieri inopportuni, datemi pace. Ma perchè volete che abbandoni la visione del sole che mi piace tanto? Voi mi dite, pietosi: ma perchè guardi ciò che per guardare ti distrugge così? Perchè di quella visione sei così invaghito? - Perchè mi rende contento, più di ogni altro piacere, questo tormento.

(traslitterazione Ferdinando Dubla)

Alzare gli occhi al cielo, al sole, come nel mito della caverna di Platone, fa male e può rendere ciechi. Ma tale è la bellezza di rimirar l’universo infinito e gli infiniti mondi, che piuttosto che farmi importunare dai pensieri effimeri di desideri caduchi, accetto felicemente il tormento che dà la conoscenza / (fe.d.)





Nel settimo discorso del Commento al Convivio, Ficino descrive i vari gradi dell’ascesa dell’anima, ascesa che culmina nell’unione con Dio. In primo luogo, Ficino osserva che l’anima discende verso i corpi nel corso di un processo che si articola in quattro gradi distinti. Il primo livello è costituito dall’intelletto, che si identifica con la mente o νoνς di Platone; seguono, in ordine, la ragione, l’opinione e la natura. Questo ultimo grado, come è indicato anche da una analisi etimologica del termine, coincide con la nascita fisica. Osserva infatti Ficino che «natura» deriva da «nascor», ed indica pertanto la totalità delle cose generate. Per ritornare al suo principio divino, l’anima deve percorrere a ritroso i tre livelli, attraverso un processo che spinge l’uomo ad oltrepassare se stesso, a superare i limiti propri della sua natura, abbandonandosi alla «follia divina». Il processo di ascesa dell’anima coincide con un progressivo abbandono al «furor». Su questa base, Ficino osserva che esistono quattro specie di «furor», che corrispondono ai quattro livelli della ascesa: «il primo è il furore poetico; il secondo, il furore misteriale o sacerdotale, il terzo è il furore profetico, e il quarto è l’affezione d’amore» (Ficino, In Convivium, VII, XIX). [*De Amore o Commentarium in Convivium Platonis (1469), ndr]

Bruno riprende qui il concetto ficiniano secondo cui il furore poetico rappresenta il primo livello, all’interno della gerarchia in cui sono ordinati i diversi tipi di furore. Ricordiamo che, in Platone, l’ordine delle varie modalità in cui si manifesta il furore, è invertito rispetto alla classificazione proposta da Ficino (cfr. Fedro, 244a-245b).

commento di Nicoletta Tirinnanzi, Giordano Bruno, GLI EROICI FURORI - BUR Rizzoli, edizione digitale 2013



Vanni Schiavoni (poeta).sx e Ferdinando Dubla (filosofo).dx nella rappresentazione scenica "Fendo i cieli e all'infinito m'ergo" - reading "Giordano Bruno nella terra del 'rimosso'". Sava (TA), 17.02.2024



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