Abstract
- Attorno al 1979 le BR
strinsero rapporti con l'organizzazione Barbagia Rossa al fine di organizzare
la fuga di alcuni prigionieri politici dal carcere speciale dell'Asinara. I
brigatisti Antonio Savasta ed Emilia Libéra furono mandati a Cagliari per
creare la colonna sarda delle BR e trasferire l'arsenale delle BR in Sardegna.
Il 15 febbraio 1980, a Cagliari, una pattuglia della polizia li riconosce, ma i
due riescono a fuggire.
Barbagia Rossa, https://it.wikipedia.org/wiki/Barbagia_Rossa
Il 23 febbraio 1982,
nelle campagne di Nuoro, su indicazione di Antonio Savasta, pentito dopo
l'arresto, le forze dell’ordine rinvengono un grande deposito di armi delle
Brigate Rosse, la cui custodia era stata affidata a Barbagia Rossa. L’arsenale
era probabilmente sotto custodia di Barbagia Rossa e forse doveva servire per
un attentato al supercarcere di Badu ‘e Carros a Nuoro.
Le decise azioni della
polizia misero fine al gruppo proprio in relazione alle confessioni di Savasta
nei primi mesi del 1982. La sigla Barbagia Rossa non fece più la sua comparsa.
- Nei primi dieci
giorni di febbraio vengono arrestate e accusate di costituzione di banda armata
otto persone: Pierino Medde (27 anni, Nuoro), Roberto Campus (28 anni, Nuoro),
Gianni Canu (24 anni, Nuoro), Giovanni Meloni (26 anni, Siniscola), Antonio
Contena (28 anni, Orune), Mario Meloni (28 anni, Mamoiada), Mario Calia (28
anni, Lodè), Giuliano Deroma (25 anni, Porto Torres).
Antonio
Contena, Giovanni Meloni (sopra), Gianni Canu (sotto)
https://barbagiarossa.wordpress.com/barbagia-rossa/
Biblio.: Storia dei
grandi segreti d'Italia - Barbagia rossa
e l'eversione politica sarda - di Omar Onnis- n.89 - settimanale - 159
pagine - supplemento a La Gazzetta dello
Sport, 4 aprile 2023
Il 18 giugno ’81, dopo
un anno e quattro mesi dalla sparatoria di Cagliari, il pubblico ministero
depone la sua requisitoria su tutta la vicenda indicando 27 persone come
protagoniste delle vicende tra cui, ovviamente, Antonio Savasta, Emilia Libéra,
Mario Pinna, Mario Francesco Mattu, Rinaldo Steri e Carlo Cioglia. Gli altri
sono studenti universitari, artigiani e vecchi sessantottini. Giulio Cazzaniga
viene invece prosciolto dalle accuse per infermità mentale.
[fine
abstract]
Una
bibliografia su Barbagia Rossa è inesistente.
Ma
si tratta di storia, storia che ha segnato gli anni tra il 1978 e il 1982 della
cronaca in Sardegna, la mia terra.
Ho
voluto approfittare del tema “fotografia e violenza politica negli anni ’70”
del corso di “Storia della fotografia” tenuto dal prof. Antonello Frongia
(Università Iuav di Venezia), per approfondire e ricostruire queste vicende.
Si
tratta di temi molto delicati e ancora caldi, per questo mi sono attenuto a una
scrupolosa ricostruzione delle vicende accadute riferendomi rigorosamente alla
cronaca giornalistica di quegli anni.
Per
una corretta interpretazione da parte dei lettori, devo assolutamente
sottolineare che per ora ho avuto la possibilità di analizzare soltanto i fatti
giornalisticamente interpretati da “L’unione Sarda” una delle due maggiori
testate dell’isola insieme a “La Nuova Sardegna”.
Buona
consultazione,
Massimiliano
Musina, 17 luglio 2008 cap. in successione, extract
Febbraio
1980. Il conflitto alla stazione di Cagliari
Collegamenti tra
Barbagia Rossa e le Brigate Rosse trovano un’ulteriore conferma il 15 febbraio
1980.
Sono le 16:00, alla
stazione ferroviaria di Cagliari due agenti della polizia, il brigadiere Fausto
Goddi e la guardia Stefano Peralta, si avvicinano a un gruppo di cinque giovani
chiedendo loro i documenti per un controllo; gli agenti contattano la centrale.
A Giulio Cazzaniga e Mario Pinna, entrambi nuoresi, viene chiesto di seguirli
in questura per degli accertamenti. Gli altri tre vengono lasciati liberi. Due
di loro, sedicenti Camillo Nuti ed Emilia Libera, si spostano verso la sala
d’attesa della stazione (sono incensurati), l’altro, Mario Francesco Mattu, si
allontana in altra direzione (su di lui sussistono dei precedenti, ma non gravi
in quell’occasione).
Mentre il brigadiere e
i due fermati si dirigono in auto verso la questura, viene dato ordine di
tornare indietro e catturare anche gli altri. Vengono rintracciati vicino ai
binari solo due dei tre, l’uomo e la donna. Questi seguono gli agenti fino
all’uscita della stazione. A quel punto l’uomo abbraccia la sua compagna, tira
fuori una pistola e inizia a sparare all’impazzata per coprirsi la fuga. Nasce
una vera e propria sparatoria al centro di Cagliari, le pallottole ad altezza
d’uomo colpiscono alcune auto posteggiate, ma per fortuna nessun passante. La
donna in fuga viene ferita alla fronte, un poliziotto al piede.
Nelle ore successive la
città è assediata da oltre quattrocento uomini delle forze dell’ordine, ma dei
due fuggitivi nessuna traccia. Inizialmente si pensa che la donna colpita sia
Marzia Lelli, nota brigatista; dell’uomo invece non sono disponibili
informazioni.
Più tardi si scopre che
Giulio Cazzaniga e Mario Pinna, fermati prima del conflitto, appartengono al
gruppo di Barbagia Rossa e vengono arrestati per detenzione abusiva di arma da
guerra e partecipazione ad azione sovversiva. Ai due si aggiunge il quinto
elemento che si era allontanato dalla stazione, Mario Francesco Mattu di
Bolotana. Anche lui appartenente a Barbagia Rossa, viene arrestato durante la
notte tra il 15 e il 16 febbraio ’80 a casa della sua ragazza a Cagliari dove
viene trovata anche una pistola “Luger” calibro 9. Vengono catturati anche
cinque giovani che al momento dell’arresto di Mattu si trovano nella stessa
casa (dopo alcuni mesi di carcere preventivo, verranno rilasciati perché
effettivamente non esiste nessun tipo di legame diretto o indiretto con gli
arrestati).
Nei giorni seguenti
continuano in maniera serrata le ricerche dei due fuggiaschi. Pinna e Cazzaniga
si dichiarano “prigionieri politici”, Mattu viene interrogato. Inizialmente si
pensa che i cinque della stazione stessero organizzando un attentato ai danni
del capitano Enrico Barisone, ma dopo i primi accertamenti anche questa ipotesi
viene scartata.
A cinque giorni dalla
sparatoria, in tutta la città si vive uno stato d’assedio. I grandi porti e
aeroporti dell’isola vengono controllati sistematicamente per evitare eventuali
spostamenti dei due banditi, ma per la polizia è certo che stiano contando su
un appoggio a Cagliari.
Intanto proseguono le
indagini. Inizialmente si è creduto che la donna in fuga fosse Marzia Lelli,
nota brigatista, ma indiscrezioni indicherebbero che si trova in Brasile.
La polizia prende
quindi un’altra strada partendo dai documenti forniti al controllo del
brigadiere Goddi alla stazione. La carta d’identità della donna era a nome di
una certa Emilia Libera, infermiera romana che la Criminalpol non riesce a
rintracciare nella Capitale. La polizia ora sostiene che il suo documento è
autentico, quindi da adesso è Emilia Libera la ricercata. Si tratta di
un’indiziata sopra ogni sospetto poiché, oltre ad aver partecipato a un
collettivo al Policlinico di Roma, Libera non è una militante conosciuta. I
documenti forniti dall’uomo erano invece fasulli, a nome di Camillo Nuti,
ingegnere romano che dopo vari interrogatori non ha avuto difficoltà a provare
che non si è mai mosso dalla capitale.
Un’ipotesi accreditata
sulla visita in Sardegna di Emilia Libera e del “fasullo” Camillo Nuti (partiti
da Roma a Cagliari con un aereo giovedì 14 febbraio ’80) è quella per cui
fossero stati incaricati dalla direzione delle Brigate Rosse di valutare e
rendersi conto dell’efficienza e del grado di preparazione alla guerriglia dei
membri di Barbagia Rossa. Si crede in effetti che l’organizzazione sarda stia
consolidando le proprie posizioni. Stando alle indiscrezioni, alcuni esponenti
dell’organizzazione sarda (secondo la Digos una quindicina) avrebbero preso
contatti con delinquenti comuni e bande legate all’anonima sequestri. Pare che
si stesse anche perfezionando l’acquisto di un grosso stock di armi. Insomma
Barbagia Rossa, sempre stando alle indiscrezioni, si preparerebbe per entrare
grintosamente nel panorama del terrorismo nazionale.
Il 21 febbraio ’80
viene identificato l’uomo in compagnia di Emilia Libera. Si tratta di Antonio
Savasta, romano ventiquattrenne, brigatista di recentissima immatricolazione ma
praticamente incensurato. Si è arrivati alla sua identificazione scavando nella
vita di Emilia Libera, infatti Savasta era, fino a poco tempo fa, il suo
compagno.
I due fuggitivi hanno
adesso un nome e un volto, ma risultano svaniti nel nulla. Dopo due settimane
non c’è ancora nessuna traccia di loro. Si è scoperto che subito dopo la
sparatoria alla stazione un’ignara signora li ha ospitati per un’ora nella sua
abitazione. Si sono presentati come due ragazzi tranquilli e simpatici che
avevano bisogno del bagno.
Febbraio
1982. Le confessioni di Savasta e la scomparsa di Barbagia Rossa
Nel 1982 viene
catturato Antonio Savasta che passa nelle file del “pentitismo”.
Le sue rivelazioni
investono anche la Sardegna dove partono immediatamente nuovi arresti e
indagini.
Nei primi dieci giorni
di febbraio vengono arrestate e accusate di costituzione di banda armata otto
persone: Pierino Medde (27 anni, Nuoro), Roberto Campus (28 anni, Nuoro),
Gianni Canu (24 anni, Nuoro), Giovanni Meloni (26 anni, Siniscola), Antonio
Contena (28 anni, Orune), Mario Meloni (28 anni, Mamoiada), Mario Calia (28
anni, Lodè), Giuliano Deroma (25 anni, Porto Torres).
Tra loro possiamo
ricordare Antonio Contena, presente durante il conflitto di Sa Janna Bassa nel
dicembre ’79, e Pietro Medde, già indagato per Barbagia Rossa e in libertà
provvisoria.
La confessione-fiume di
Antonio Savasta continua e apre nuove indiscrezioni sui movimenti terroristici
in Sardegna.
Ora è certo che nel
dicembre del ’79 a “Sa Janna Bassa”, era in corso un vertice tra alcuni
esponenti delle Brigate Rosse e di Barbagia Rossa per discutere sull’eventuale
costituzione di una colonna sarda delle BR.
Inoltre, sempre grazie
alle indicazioni del pentito, viene trovato tra il Montalbo e Monte Pitzinnu
(nel territorio di Lula) un fornitissimo deposito di armi da guerra di
proprietà delle Brigate Rosse.
L’arsenale comprende
cinque razzi di fabbricazione americana per bazooka, un missile anticarro
sovietico capace di sfondare agevolmente un muro di un metro, due missili
terra-aria di fabbricazione francese che possono essere lanciati a chilometri
di distanza con la certezza di colpire il bersaglio, trenta chili di esplosivo
al plastico, otto bombe a mano di fabbricazione americana, sei mitra inglesi
“Sterling” (lo stesso usato nell’attentato dove morì Santo Lanzafame), un
centinaio di cartucce per mitra.
L’arsenale era
probabilmente sotto custodia di Barbagia Rossa e forse doveva servire per un
attentato al supercarcere di Badu ‘e Carros a Nuoro.
Gli investigatori,
sempre indirizzati da Savasta, provano anche che i terroristi stavano progettando
dei clamorosi sequestri di persona di leader politici isolani.
Le confessioni di
Antonio Savasta seguite dagli arresti e le indagini che queste provocarono,
probabilmente diedero un duro colpa all’organizzazione di Barbagia Rossa.
L’unica cosa certa è
che dopo l’attentato mortale all’appuntato Lanzafame e dopo questi ultimi
avvenimenti provocati dal pentito Savasta la sigla Barbagia Rossa non fece più
la sua comparsa.
Cfr. anche Mauro
Spignesi, Le imprese di Savasta in
Sardegna, Il Manifesto, 5 marzo
1982
a cura di Ferdinando Dubla, Subaltern studies Italia
Su questo stesso blog;
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