“vivere in assenza di
strutture statali era la norma della condizione umana”
LA TRASCRIZIONE NASCOSTA
L’antropologo
statunitense James Campbell Scott si è spento il 19 luglio scorso nella sua
casa di Durham (Connecticut) a 87 anni.
Professore di
antropologia a Yale, è stato autore di importanti ricerche sulla resistenza dei
contadini del sud-est asiatico alle forme di dominio. Intellettuale libertario,
può essere annoverato tra gli studiosi “subalternisti”, con numerosi libri
tradotti in tutto il mondo:
Il
dominio e l'arte della resistenza, I «verbali segreti» dietro la storia
ufficiale, Elèuthera, 2006 (3.a ed. 2021)
dove espone la teoria
de “la trascrizione nascosta dei subalterni” *
Elogio
dell'anarchismo, Elèuthera, 2014
Le
origini della civiltà, Einaudi, 2018
Lo
sguardo dello Stato, Elèuthera, 2019
L'arte
di non essere governati, Einaudi, 2020
* “La trascrizione
nascosta dei subalterni”
In Domination and the Arts of Resistance: Hidden Transcripts (1990)
Scott sostiene che i gruppi subalterni utilizzano strategie di resistenza che
passano inosservate. Le definisce "infrapolitiche". L’antropologo
descrive le interazioni pubbliche tra dominatori e oppressi come una
"trascrizione pubblica" e la critica del potere che avviene fuori
scena come una "trascrizione nascosta". I gruppi sotto dominazione -
schiavistica e violenta - non possono essere compresi solo dalle loro apparenze.
Per studiare i sistemi di dominio, occorre prestare molta attenzione a ciò che
si nasconde sotto la superficie del comportamento evidente e pubblico. In
pubblico, gli oppressi accettano il loro dominio, ma lo mettono sempre in
discussione fuori scena. Nel caso di una pubblicizzazione di questa
"trascrizione nascosta", le classi dominate e/o gruppi subalterni
assumono apertamente il loro discorso e diventano consapevoli del loro destino
comune.
I verbali segreti»
stanno dietro i comportamenti codificati tra dominanti e dominati. Al di là
delle apparenze, queste relazioni sono conflittuali e intrise d'inganno: da una
parte i subordinati simulano la propria deferenza al potere e dall'altra i
detentori del potere «recitano» la propria supremazia. Utilizzando innumerevoli
esempi tratti, nel tempo e nello spazio, dalla letteratura, dalla storia e
dall'etnologia, Scott propone un'inedita analisi sia dei ruoli interpretati
sulla scena pubblica da potenti e subalterni, sia del loro «discorso» dietro le
quinte, reciprocamente irridente e astioso. Uno studio sull'infrapolitica dei
«senza potere», ovvero sulle strategie di insubordinazione messe in atto al di
fuori dell'ambito politico, che rimane una pietra miliare per la comprensione
della subordinazione, della resistenza, dell'egemonia, della cultura popolare e
della rivolta.
L’IMPORTANTE OPERA DI JAMES C. SCOTT: I “SENZA STATO” DEGLI ALTIPIANI
L’antropologo
recentemente scomparso è autore di un altro libro importante, “L’arte di non
essere governati - Una storia anarchica degli altopiani del Sud-est asiatico”,
Einaudi, 2020, ora anche in formato digitale, da cui citiamo.
- scheda-
Per duemila anni, fino
a metà del secolo scorso, le comunità di una vasta regione montuosa del Sud-est
asiatico hanno tenacemente resistito all'idea di integrarsi in una qualche
forma di dominio da parte dello Stato. 'Zomia' è il nome di quest'area
d'insubordinazione che non appare su alcuna carta (una zona montagnosa grande
come l'Europa, che attraversa cinque nazioni del Sud-est asiatico e quattro
province della Cina), ed è il vasto altopiano dove trovarono rifugio circa
cento milioni di persone unite dalla volontà di sfuggire al controllo dei
governi delle pianure. Trattati come «barbari», questi popoli nomadi misero in
atto strategie di resistenza a volte sorprendenti per evitare lo Stato,
sinonimo di lavoro forzato, tasse, epidemie e leva militare obbligatoria.
Favorirono pratiche agricole che incentivavano la mobilità residenziale,
insieme a forme sociali egualitarie, fondate sull'eclettismo religioso e
l'accoglienza. Alcuni popoli decisero persino di abbandonare la scrittura per
evitare l'appropriazione della loro memoria e della loro identità, mentre
l'oralità consentiva di riformulare continuamente la negoziazione degli accordi
tra gruppi. 'Zomia' ci rammenta che «civiltà» può essere sinonimo di
oppressione e che il significato della storia non è così univoco come pensiamo.
Cit.:
“Zomia è un nuovo nome
che designa i territori posti a un’altitudine superiore a circa trecento metri
che si estendono dagli Altopiani centrali del Vietnam fino all’India
nord-orientale, attraverso cinque nazioni del Sud-est asiatico (Vietnam,
Cambogia, Laos, Thailandia e Birmania) e quattro province della Cina (Yunnan,
Guizhou, Guangxi e parte del Sichuan). Questi territori si estendono per 2,5
milioni di chilometri quadrati e sono abitati all’incirca da cento milioni di
persone, appartenenti a minoranze, con un’incredibile varietà di etnie e
linguaggi.”
“ La vasta letteratura
sulla creazione dello stato, nella storia e nella contemporaneità, non presta
quasi attenzione al fenomeno opposto, vale a dire all’essere, in modo
deliberato e attivo, senza stato. Questo libro è la storia di quelli che se ne
sono andati: senza tenerne conto non si può comprendere la storia della
creazione dello stato. Questo è anche ciò che rende questa storia una storia
anarchica. Il mio resoconto implicitamente riunisce le storie di tutti i popoli
espulsi a causa della formazione coercitiva dello stato e dei sistemi di lavoro
forzato: gli zingari, i cosacchi, le tribú poliglotte formate dai rifugiati
delle reducciones spagnole nel Nuovo
Mondo e nelle Filippine, le comunità di schiavi fuggitivi, gli arabi delle
paludi, i boscimani e cosí via.“
Nel
suo elogio dell’anarchia l’etnologo Scott cerca fondamenti antropologici
all’anarchismo politico, trovando nelle popolazioni degli altopiani del Sud Est
asiatico la caratterizzazione storica e culturale di questa fondazione. “Zomia”
è un nuovo nome che designa i territori posti a un’altitudine superiore a circa
trecento metri che si estendono dagli Altopiani centrali del Vietnam fino
all’India nord-orientale, attraverso cinque nazioni del Sud-est asiatico
(Vietnam, Cambogia, Laos, Thailandia e Birmania) e quattro province della Cina
(Yunnan, Guizhou, Guangxi e parte del Sichuan). Questi territori si estendono
per 2,5 milioni di chilometri quadrati e sono abitati all’incirca da cento
milioni di persone, appartenenti a minoranze, con un’incredibile varietà di
etnie e linguaggi.
“Tutti si consideravano
portatori di ordine, progresso, conoscenza e civiltà. Tutti volevano portare in
zone non ancora governate i vantaggi della disciplina amministrativa, associata
allo stato o a una religione organizzata.”
“Lo scontro tra stati
espansionisti e popoli autogovernati non è avvenuto solo nel Sud-est asiatico:
si ritrova nel processo culturale e amministrativo del «colonialismo interno»
che caratterizza la formazione di gran parte degli stati-nazione occidentali
moderni;”
“Solo lo stato moderno,
sia nella forma coloniale sia di stato indipendente, ha avuto le risorse per
attuare il progetto di dominio che il suo antenato precoloniale poteva solo
desiderare: costringere all’obbedienza spazi e popoli non statali.”
James C.Scott, in The
Art of Not Being Governed: An Anarchist History of Upland Southeast Asia,
Yale University Press, 2009, ed. digitale in it. Einaudi, 2020
a cura di Ferdinando
Dubla. Subaltern
studies Italia
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