Intro.: la
categoria di “coscientizzazione” di Freire è stata criticata, in ambito
politico, più per il significante che per il significato. Infatti essa è
inserita propriamente nella dialettica pedagogica, divenendo attività
trasformatrice dei soggetti conoscenti e dunque il presupposto per un processo
rivoluzionario, la riforma intellettuale e morale di Gramsci, che parte dal
disvelamento delle apparenze fenomeniche che, alla coscienza, presenta il
sistema del capitale e l’imperialismo, che prima che politico-militare, è
culturale, come dimostra l’esperienza di Freire nell’ America latina.
- P. Freire
è contro il modello educativo che egli chiama “depositario”: il suo esempio,
che non è un modello (ogni modello fissa criteri e non si apre alla realtà
della vita - questa è diversa per oppressori e oppressi) è basato sulla forma
del dialogo e su contenuti finalizzati alla “coscientizzazione” [ Conscientização
], in cui viene superata la contraddizione tra educatore (“depositario del
sapere”) ed educando (“recipiente passivo di conoscenze”), in quanto entrambi
elaborano come soggetti conoscenti. La coscientizzazione affranca, libera,
innanzitutto attraverso la demistificazione del linguaggio, sequestrato nei
significanti dalle classi dominanti per rovesciarne il significato, in un processo dialettico che, richiamando
Gramsci, svela le categorie del ‘senso comune’.
La pratica educativa problematizzante che ne riviene “si basa sulla creatività e stimola la riflessione e l’azione autentica dell’uomo sulla realtà, risponde alla sua vocazione a “essere”, che non sarebbe autentica fuori di una ricerca e di una trasformazione creatrice.” [Pedagogia degli oppressi, ed.it. 2018, pag.93]. L’autonomia intellettuale e morale di Gramsci (presupposto della “riforma sociale” più complessiva) e l’autodisciplina cosciente, diventano i valori costanti a cui indirizzare l’ethos creativo per la trasformazione, di sè, delle relazioni, dei rapporti sociali.
Paolo
Freire, (Recife,1921– São Paulo,1997)
Educazione e
istruzione non “dalla parte” degli oppressi, ma con lo stesso sguardo degli
oppressi. Istruzione degli adulti come alfabetizzazione e “coscientizzazione”
insieme.
Il
capolavoro di P.F., “PEDAGOGIA do oprimido“ è del 1968, in trad.it. per
Mondadori nel 1971.
Studioso di
Gramsci, non poteva non cercare l’autonomia di tutti i soggetti
dell’apprendimento nella definitiva liberazione dall’oppressione sociale e del
consequenziale decondizionamento dal dominio di classe considerato questo come
presupposto fondante il sistema sociale capitalistico e quello la finalità
immanente ad ogni percorso di autodeterminazione. La scienza è scienza se è
emancipatrice, la cultura è cultura se è emancipatrice, la comunicazione,
partecipativa e transazionale, come condivisione dei linguaggi dell’anima oltre
le parole.
Gli stessi
strumenti didattici diventano funzionali alla centralità della partecipazione e
della reciprocità nella relazione educativa [vedi anche il libro rivolto alla
formazione degli insegnanti “Pedagogia dell'autonomia. Saperi necessari per la
pratica educativa”, Torino, EGA, 2004 (1^ed.or. Paz e Terra, Rio de
Janeiro,1996) e “Pedagogia della speranza. Un nuovo approccio alla ‘Pedagogia
degli oppressi’", Torino, EGA, 2008, (1^ed.or. Paz e Terra, Rio de
Janeiro,1992)]
IV di
copertina nuova ed. de “La pedagogia degli oppressi”, Gruppo Abele, 2018:
<Cosa
significa educare? perché educare? chi educa chi? quali rapporti esistono tra
educazione e società e tra educazione e cambiamento? A cinquant'anni
dall'uscita di “Pedagogia degli oppressi”, concluso da Freire nel 1968 (anno -
come il libro - di radicalità e di liberazione) le domande restano
prepotentemente attuali. E le risposte di Freire, ispirate al principio
fondamentale che non c'è educazione se non attraverso la liberazione degli
uomini dall'oppressione, continuano a essere un punto di riferimento nel mondo.
>
a cura di Ferdinando Dubla
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