La dicotomia della mobilitazione nazionalista era soltanto un sintomo della politica e della vita indiana in generale. C'era una spaccatura strutturale che attraversava l'intera società. Identificare questa spaccatura di base in termini di ricerca empirica e concettualizzarla in una teoria è stato ciò che ha dato ai Subaltern Studies il loro posto nel mondo accademico dell'Asia meridionale e, forse, negli studi su altre società e culture che condividono la nostra esperienza. In questa importante parte del nostro progetto, Gramsci è stato la nostra guida. Da lui abbiamo preso alcune parole e idee chiave; ma è stato grazie alla loro adattabilità alla situazione indiana che abbiamo potuto beneficiarne. Il pensiero di Gramsci possiede un'apertura che invita e incoraggia l'adattamento. Io considero questo il tratto forse più influente e rilevante del pensiero gramsciano. Nella sua lettura di Machiavelli, lo stesso Gramsci riconosce in tale apertura un inequivocabile segno di forza. Nella prima frase del Quaderno 13, scrive: «Il carattere fondamentale del Principe è quello di non essere una trattazione sistematica ma un libro "vivente"» (Quaderno 13 § 1, Q, p. 1555). Ciò vale anche per la sua stessa opera. Contrariamente a quegli autori che erigono sistemi, Gramsci lascia ai suoi lettori una grande libertà di pensare, assorbire e fare proprie le sue idee. Il curatore della versione inglese dei Quaderni del carcere esprime il proprio disagio per quello che definisce il loro carattere incompiuto e frammentario. Per noi questo non è affatto un problema: al contrario, può essere il modo in cui Gramsci ci dice che ogni progetto è necessariamente incompiuto e che il lavoro deve andare avanti. Il nostro umile progetto dei Subaltern Studies è appena iniziato e ha ancora una lunga strada davanti a sé.
(traduzione di Cristina Coldagelli)
da:
Gramsci le culture e il mondo, a cura di Giancarlo Schirru, Viella, 2009, in collaborazione con Fondazione Istituto Gramsci onlus e International Gramsci society Italia, cit. da 1ed. e.book 2011
(2. fine) (1.precedente cfr. blog 8 luglio 2021)
Acribia filologica e filologia vivente
Il nostro appello è a non circoscrivere lo studio di Gramsci alla critica accademica, pur importante, ma dove spesso prevale l’”acribia filologica” e anche il pedantismo, ma aprire laboratori collettivi di ricerca per far respirare il nostro tempo alla riflessione teorica, e rendere saldo l’impegno sociale e politico con la “filologia vivente” dei testi e dell’analisi gramsciani, per una trasformazione rivoluzionaria in chiave di riscatto e liberazione delle classi subalterne. Crediamo sia questo il significato di “adattamento”, categoria utilizzata da Ranajit Guha, promotore dei Subaltern studies indiani, nei confronti di Gramsci, cioè l’adattabilità testuale ai determinati con/testi storico-politici oggetto dell’indagine con le loro specificità, purché si dia voce ai costruttori della storia senza
narrazione.
Subaltern studies Italia
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