Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

Powered By Blogger

lunedì 26 luglio 2021

Recensione a "Naturalismo e storicismo nell'etnologia" (1941) di Ernesto de Martino

 


di Marco Valisano

Ernesto de Martino (1908-1965) è stato uno studioso difficilmente inquadrabile. Ad oggi, infatti, lo si trova etichettato tanto come etnologo quanto come storico delle religioni; il più delle volte come antropologo, più raramente come filosofo. La cosa non ha, ad ogni modo, alcun interesse, perché ognuna di queste denominazioni coglie aspetti decisivi del suo lavoro (basta sfogliare le prime pagine di Naturalismo e storicismo nell'etnologia per rendersene conto). Quel che però non è in nessun modo lecito è qualificarlo come un raccoglitore di usi popolari, come studioso di folklore. Leggerne l'opera in questa chiave richiederebbe, peraltro, uno sforzo interpretativo davvero titanico. Ernesto de Martino fu anzitutto un intellettuale organico, e certamente fu filosofo se la filosofia è, nella meravigliosa definizione di Foucault, una politica della verità.

 

L'interesse di de Martino è stato volto principalmente alla comprensione del ruolo esistenziale di quello che chiamava "nesso mitico-rituale", e cioè dei modi in cui si-dicono e si-fanno le cose. È di questo che si è sempre occupato, almeno sin da Il mondo magico e di seguito per tutta intera la cosiddetta "trilogia meridionalistica" (Morte e pianto ritualeSud e magiaLa terra del rimorso). A valergli la qualifica di antropologo sono state principalmente queste tre opere, delle quali raramente si è messo in evidenza il portato più schiettamente teorico. La vena filosofica dell'indagine demartiniana tracimerà però prepotentemente nei due volumi usciti postumi, ovvero La fine del mondo e Scritti filosofici, fornendo così valide chiavi di lettura per l'intero suo percorso di ricerca. Nella fattispecie, queste consentono di guardare alla ricerca demartiniana come a un tentativo di costruire una teoria della singolarità e delle istituzioni partendo dal concetto esistenziale di crisi della presenza.

 

Marco Valisano

extract. da LiberCensor

http://www.libercensor.net/contenuti/naturalismo-e-storicismo-nell-etnologia

Quattro saggi intimamente legati

 Il volume è composto da quattro saggi che, il linea di principio, sono autonomi, e possono perciò leggersi anche separatamente. Ma non conviene. Essi sono infatti intimamente legati da una comune volontà di analisi, dal medesimo obiettivo teorico: mostrare le insufficienze metodologiche delle scuole etnologiche allora in voga, tanto di quelle che usavano un metodo eminentemente naturalistico (pp. 63-116) quanto di quelle che rivendicavano un metodo storicista (pp. 151-198).

(..)

Il primitivo come un prima, il primitivo come un fuori

(..)

  1. coloro che usano il concetto del primitivo nel senso della cronologia (cfr. Frazer [1890] 1994), certo riconoscono una continuità tra il nostro mondo e quello dei "primitivi" (anche noi eravamo così). Ma così facendo confondono le acque, perché le comunità "di interesse etnologico" sono a noi contemporanee; inoltre, dare per buono che sia più primitivo ciò che viene prima renderebbe necessario reputare l'alto Medioevo meno "primitivo" dell'Atene classica. Il concetto del "primitivo" non può dunque essere usato così;
  2. coloro che, invece, usano il concetto del primitivo al fine di denotare una differenza qualitativa tra quel mondo e il nostro (cfr. Lévi-Bruhl [1927] 2007), se hanno il merito di mettere a fuoco lo scarto vigente tra esperienze del mondo tra loro lontane (ognuno ha il suo modo d'intendere il mondo e il suo senso), contemporaneamente creano però uno iato così ampio tra il "primitivo" e il "moderno" che diviene impossibile riuscire a spiegare come sia potuto accadere che un bel giorno si sia passati dal primo al secondo.

Il primitivo come categoria logica

Bisogna fare perciò uno sforzo interpretativo d'altro tipo. È necessario considerare il concetto di primitivo in un senso puramente logico, ovvero come una dimensione antropologica primaria che, lungi dal poter venire archiviata, sta sempre quale più o meno tacita componente dell'umano. (..) Nelle pagine che de Martino dedica al concetto di prelogismo coniato da Lucien Lévy-Bruhl per dar conto della "mentalità primitiva" (..)

(..)

Sviluppi della ricerca di de Martino

(..)

  1. Il primitivo come categoria logica – Questo punto verrà definitivamente in chiaro con Il mondo magico, specialmente con la meditazione che de Martino farà delle critiche mossegli da Benedetto Croce ed Enzo Paci (Croce [1949]; Paci [1950]). Non riuscendo in nessuna maniera a trattare l'arcaico come un'epoca storica, de Martino dovrà considerarlo in maniera sempre più netta come una costante antropologica. Andando a fondo, non è forse una forzatura sostenere che de Martino arriverà a coniare il concetto di "crisi della presenza" proprio in relazione a questo sostrato primitivo, considerandolo quale un originario spaesamento del nostro esserci (cfr. Mazzeo 2009). Ciò che ci è di più intimo è l'arcaico, ciò che più ci è vicino è il crollo rovinoso dell'essere-nel-mondo;
  2. Opposizione individuo/società vs. dialettica singolo-istituzione – Questo crollo rovinoso verrà legato a doppio filo con la crisi delle istituzioni di una comunità, istituzioni che de Martino chiama si-fa-così. Si tratta di modalità istituite in cui si-fanno le cose, e che nella ricostruzione del filosofo napoletano risultano essenziali al processo di riscatto da una primitiva crisi dell'esserci (cfr. specialmente de Martino [1961] 1996; Id. [1977] 2002). Si tratta di uno spaesamento originario, che per poter essere gestito e dar luogo a una vita umana necessita di una presa in carico istituzionale. La società, con i suoi moduli stereotipati d'azione, non inibisce né avalla l'agire, ma lo fomenta, consentendo la fuoriuscita da questa crisi arcaica. La sfera dell'individuale, lungi dal prescindere dalle istituzioni sociali, si configura come una modalità irripetibile di modulazione delle stereotipie (Id. [1958] 2000).

Marco Valisano per LiberCensor

https://unimore.academia.edu/MarcoValisano?from_navbar=true

 

 

Bibliografia, riferimenti e suggerimenti di lettura

  • Croce, Benedetto [1949] Intorno al magismo come età storica. In Ernesto de Martino [1948] (1998) Il mondo magico. Prolegomeni a una storia del magismo. Introduzione di Cesare Cases. Torino: Bollati Boringhieri.
  • De Martino, Ernesto [1948] (1998) Il mondo magico. Prolegomeni a una storia del magismo. Introduzione di Cesare Cases. Torino: Bollati Boringhieri.
  • Durkheim, Émile [1895] (2008) Le regole del metodo sociologico. Trad. di Fulvia Airoldi Namer. Torino: Einaudi.
  • Frazer, James [1890] (1994) The Golden Bough. A Study in Magic and Religion. Edited with an Introduction by Robert Fraser. London and New York: Oxford University Press.
  • Lévy-Bruhl, Lucien [1927] (2007) La mentalità primitiva. Trad. di Carlo Cignetti. Torino: Bollati Boringhieri.
  • Mazzeo, Marco (2009) Contraddizione e melanconia. Saggio sull'ambivalenza. Macerata: Quodlibet.
  • Paci, Enzo [1950] Il nulla e il problema dell'uomo. In Ernesto de Martino [1948] (1998) Il mondo magico. Prolegomeni a una storia del magismo. Introduzione di Cesare Cases. Torino: Bollati Boringhieri.

Pubblicato Wednesday 18 April 2018

Modificato Thursday 2 January 2020

 

leggi tutto l'articolo-saggio qui

http://www.libercensor.net/contenuti/naturalismo-e-storicismo-nell-etnologia




Nessun commento:

Posta un commento