Clelia
Bartoli è tra le studiose più rigorose e autrice creativa dei Subaltern studies
internazionali e, per l'analisi delle categorie di Gramsci, applicata a una
teoria generale della subalternità, degli studi subalterni in Italia. Sue le
definizioni della figura di subalterno nella modernità, di subalternità nelle
sue plurime dimensioni (la “doppia subalternità”) e l’accostamento della
traccia filosofico-politica gramsciana all’’onnilateralità” di matrice marxiana
della personalità umana in chiave psicologica e antropologica. /
"Un collettivo di
studiosi indiani, nei primi anni ‘80, ha ripreso il progetto gramsciano di una
storia dei subalterni dando avvio ad una corrente di studi denominata appunto subaltern studies.
L’’86 fu (.)
un anno significativo per i subaltern studies anche perchè cominciarono a
destare interesse oltre i confini dell’India. Ma il vero boom di popolarità
avvenne nel 1993, quando Ranajit Guha si legò al progetto culturale di critica
al colonialismo promosso da Bernard S. Cohn. + L’adesione a questa impresa
intellettuale veniva avvertita dai suoi fautori come una lotta effettiva contro
la modernità coloniale per assicurare un miglior futuro al popolo dei
subalterni, imparando ad ascoltarli, permettendo loro di parlare, rievocando il
potere che li ha marginalizzati e documentando il loro passato. Questo sforzo
critico investì non solo i contenuti della storia coloniale, ma anche la
metodologia della ricerca storiografica. In definitiva il processo di
assimilazione dei subaltern studies nell’accademia mondiale ha comportato tanto
un loro incasellamento, e forse imbrigliamento, in filoni di studio già
affermati, quanto un’espansione dei campi di applicazione. "
+ Bernard S.
Cohn (1928-2003) è stato un antropologo
americano e studioso del colonialismo britannico in India (ndr)
Clelia Bartoli, La teoria della subalternità e il caso dei
dalit in India, Rubettino, 2008, pag. 39,
dalla nota 7, ibidem
“
<Subalterno> è colui che è concausa
della propria subordinazione, non per una tendenza masochistica ma per una
svantaggiosa rappresentazione di sè e dei rapporti sociali in cui è coinvolto.
(..) I subalterni sono quel residuo di umanità che la pubblicistica messaggera
di un nuovo corso ha bisogno di dimenticare.”
ibid., pp. 70-71.
DIMENSIONI
DELLA SUBALTERNITÀ
Non disporre di uno spazio di
arbitrio, mancare della cognizione del futuro, non avere conoscenza delle cause
e degli effetti della propria azione, non essere informato sulle ragioni o le
norme che producono una reazione ai propri atti, non essere padroni dei mezzi
necessari ad agire o non averne padronanza, non avere libertà nemmeno su se
stessi, sul modo di pensarsi, forgiare desideri conformi ad un’immagine
svilente di sé, queste diverse dimensioni della subalternità sono accomunate
(..) da un’espropriazione della capacità d’azione e rappresentazione.
Clelia
Bartoli, ibid.pag.60
I CODICI
EGEMONICI
Il successo ottenuto dagli studiosi
della subalternità, presso diversi settori disciplinari e in numerosi paesi, ha
ulteriormente esteso e articolato le potenzialità semantiche della loro
terminologia. ‘Subalterno’ viene così a designare chiunque sia escluso
dall’accesso alla mobilità sociale in ascesa. E tale esclusione è dovuta al
fatto che il subalterno abita un sistema di dominio che non gli consegna alcuno
strumento per partecipare al controllo del potere. Egli non può comprendere, nè
esprimersi, nè tanto meno essere compreso, perchè escluso dalla produzione e
dalla padronanza dei codici egemonici.
Clelia
Bartoli, ibid. pag.40.
clelia.bartoli@unipa.it
- Dip. di Scienze giuridiche, Palermo
a cura di #SubalternStudiesItalia
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