Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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giovedì 7 settembre 2023

LE TERRE del SILENZIO nella fotografia etnografica di FRANCO PINNA

 



Quando la fotografia entra nella storia è arte allo stato puro, perchè non rappresenta la realtà, ma il tempo che la contiene.
(fe.d.)

dalla introduzione di Diego Carpitella, “Franco Pinna e la fotografia etnografica in Italia” in “Viaggio nelle terre del silenzio - Fotografie di Franco Pinna”, Idea editions, 1980

extract.

La scelta di determinati soggetti, dovuta nell’esperienza etnografica di Franco Pinna, dal 1952 a circa il 1960, ad un inserimento in una visione etnologica-politica del Sud italiano; la preferenza per un repertorio umano, sociale, invece che un altro; l’attenzione verso una condizione mentale e materiale, invece che un’altra; una particolare stampa in bianco e nero; una particolare rapidità nel cogliere momenti visivi sintetici e simbolici; una improvvisazione folgorante dinnanzi alle circostanze. Qualcuno potrà obiettare: parole. In effetti si tratta di un graduale avvicinamento a ciò che di specifico ha la fotografia etnografica di Pinna. L’uso della Leica, senza corredi sofisticati, unitamente alla preferenza del bianco-nero, con rapidità di sintesi, sono modi di approfondire la conoscenza di questo singolare caso di fotografia etnografica che è stato Franco Pinna, nell’aura demartiniana. (..) Che questi presupposti di missione sociale, e politica, fossero anche nelle “spedizioni” di De Martino, negli Anni ‘50, non vi è alcun dubbio: dietro non ci sarà stato il moralismo protestante di un paese già spiccatamente industriale, ma c’era invece tutto il tormento de “la questione meridionale”, che attraverso solo pochi attendibili scrittori o le notarili inchieste, da quelle napoleoniche a quelle post-unitarie, volevano “documentare” una realtà: i poveri, i contadini poveri, il latifondo, la fatica, la povertà, materiale e psicologica, l’ingiustizia sociale, la mediazione del potere attraverso il clero, anch’esso sovente povero. Questo intendimento vi era dietro la facciata, apparentemente più intellettuale ed erudita, dei viaggi etnografici in Lucania, Calabria e Puglia degli Anni ‘50, ai quali Pinna partecipò costantemente. (..) pag.6





LE TERRE del SILENZIO nella fotografia etnografica di FRANCO PINNA (parte 2.)

dalla introduzione di Diego Carpitella, “Franco Pinna e la fotografia etnografica in Italia” in “Viaggio nelle terre del silenzio - Fotografie di Franco Pinna”, Idea editions, 1980

extract.

Lo scopo di questi “servizi etnografici”, i primi che vi furono in Italia, vanno visti nell’ambito della profonda finalizzazione di quelle ricerche meridionalistiche: conoscere quella realtà, farne uno strumento di contestazione per poi trasformare la “realtà”, la società, con i suoi modi e rapporti di produzione. I fatti hanno dimostrato che vi era un certo ottimismo nel pensare che una realtà potesse cambiare attraverso una documentazione fotografica “oggettiva”, “realistica” e “contestativa”. Rimane però il fatto che chi scorresse le immagini del repertorio di Franco Pinna, avrebbe una visione corretta di come stavano le cose, una visione costantemente insidiata dal desiderio illuministico e moralistico del progresso e della non meno motivata aspirazione, di conservare le proprie radici, la propria identità nativistica. Ecco, le foto di Franco Pinna rientrano in questa problematica di cultura. Le sue fotografie sono “documento di prova nel processo storico” (Benjamin). pag.9 



Le foto del ‘subalternist’ Franco Pinna e il suo rapporto con de Martino /

Fu durante le spedizioni di de Martino del 1956 (in Basilicata) e poi del 1959 (in Calabria, Basilicata e Puglia) che Pinna raggiunse i risultati più maturi della sua produzione in ambito etnografico. Nella straordinaria sequenza dedicata al funerale di Castelsaraceno (foto sottostante) – così come in quelle che ritraggono i riti in onore della Madonna di Pierno o della Pentecoste a Serra San Bruno, il «gioco della falce» a San Giorgio Lucano o il ciclo coreutico della tarantata Maria di Nardò in Salento – «l’articolazione nello spazio e nel tempo dell’evento rappresentato raggiunge esiti mai prima toccati», grazie all’uso «variato» delle inquadrature (dall’alto, dal basso, frontale, laterale, posteriore) e agli «spostamenti continui di un fotografo davvero infaticabile, capace di farsi trovare in un batter d’occhio prima del corteo funebre, dentro di esso, dietro, sopra, tra i suoi spettatori» (Pinna, 2002, p. 21). 1+

Nelle sue tre pubblicazioni dedicate al Sud, de Martino fece un uso estremamente scarno del vasto materiale prodotto da Pinna: tre fotografie comparvero in Morte e pianto rituale nel mondo antico (1958), undici in Sud e magia (1959), mentre in La terra del rimorso (1961) Pinna non fu nemmeno citato tra i crediti (per tale motivo fece causa a de Martino e all’editore). 2+

Maggiori soddisfazioni arrivarono attraverso le iniziative organizzate da de Martino per promuovere le sue ricerche: grande successo ebbero le 35 fotografie di Pinna esposte dapprima alla galleria «Ferro di cavallo» di Roma, quindi a Viareggio, Torino, Bologna, Milano, Napoli, Bari e Palermo, mentre tre ampi fototesti uscirono nel 1960 su L’Espresso mese.

1+ - Giuseppe Pinna, Con gli occhi della memoria. La Lucania nelle fotografie di Franco Pinna 1952-1959, Il Ramo d’oro editore, 2002, pag.29. [cfr. però anche recensione Roberta Tucci, che esprime forti critiche al lavoro, in commento 1]

2+ L. Mazzacane, P. e De Martino: una vicenda complessa, in F. P. Fotografie 1944-1977, Milano 1996, pp. 125-135

Passi dal Dizionario biografico Treccani

foto Archivio Franco Pinna



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