Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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martedì 17 marzo 2020

Ernesto De Martino. Il viaggio in Lucania (1952) e l’opera “Morte e pianto rituale nel mondo antico” (1958) /


De Martino, descrivendo fenomenologicamente le tradizioni popolari di alcune zone del Mezzogiorno d’Italia (dal 1950 al 1956 la Lucania, la civiltà contadina, dal 1959 il Salento, il rito della taranta), descrive anche una “storia totale”, cioè una storia capace di esaminare ogni aspetto della vita sociale, servendosi delle fonti più varie, una molteplicità di fonti (sul campo e per i singoli aspetti rilevanti della cultura popolare, la danza, la musica, la scrittura, la simbologia, ecc.., soprattutto per la “terra del rimorso”), capace di analizzare la realtà nella sua totalità, non solo generata dunque dalle classi dominanti, ma soprattutto, marxianamente e gramscianamente, da quelle che saranno chiamate “classi subalterne”. 
Le principali categorie interpretative dell’antropologia culturale sociale di Ernesto De Martino sono:
Crisi della presenza (sentimento del vuoto) 
Crisi del cordoglio e presenza rituale del pianto funebre
destorificazione del negativo 

ll lamento funebre è quella tecnica del saper piangere; è un modello culturale fondato dalla tradizione e cultura al fine di riaprire i valori che la crisi del cordoglio rischia di compromettere. Esso rimodella lo strazio tramite un'azione rituale. (appunti Università di Torino, skuola.net) 

è necessario approfondire ognuna di queste categorie, interpretandole non solo in termini esistenziali, come pure si sforza di elaborare lo stesso De Martino, ma propriamente antropologici e culturali. 

  •  - Il rituale lucano serba alcuni ritratti del rituale antico di carattere pagano: il lamento funebre e’ il corollario liturgico di rito antico. Dimostra che la gestualità e modalità comportamentale liturgica rende permanente il sentimento necessario alla ritualità. La ritualita’ liturgica ha componenti di preghiera (protezione e propiziazione) e di espiazione di colpe; il pianto funebre rituale simboleggia in senso religioso soprattutto quest’ultima, con la lamentazione femminile che rende irreversibile il dolore, per l’assenza e mancanza di ‘presenza’.  Si tenga presente, però, che la categoria ‘crisi della presenza’ e’ più generale e dilatata, cioè rappresenta la crisi della soggettività attiva nella storia delle classi subalterne, di quelle specifiche classi di territori con tradizioni ataviche e ancestrali e che pagano ogni arresto temporale di emancipazione (in termini di classi in-sè e per-sè), con la fondazione soprannaturale della rassegnazione, con il gradiente del pensiero magico alla base stessa della struttura di ‘civiltà’. 
  • Stralciamo da “Ernesto De Martino: dal pianto rituale al ‘sentimento del vuoto’”, di Maurilio Ginex: “ La crisi del cordoglio genera forme comportamentali che vanno a rappresentare una forma di negazione di un comportamento considerato umanamente “normale”. Queste forme comportamentali a-normali, potrebbero far sfociare il soggetto, che vive il dolore in prima persona, in una follia imperante identificata con la vendetta. (..) Il lamento funebre dunque rappresenta una pratica che “preserva” l’individuo dalla possibilità di assumere quei comportamenti anormali. La tipologia del pianto rituale consta di una particolare tecnica costituita da un codice linguistico che designa l’intenzionalità dell’azione rituale in sé , intesa come uno strumento per trasmettere significati. Quest’ultimi codificano il prodotto finale del rito che viene rappresentato da questa generale pratica che serve a preservare l’individuo. In questo modo il rituale diventa un modo per riplasmare culturalmente lo strazio naturale prodotto dal fenomeno. (..)                                                                                         https://dasandere.it/ernesto-de-martino-dal-pianto-rituale-al-sentimento-del-vuoto/


Ernesto De Martino (1908/1965)

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