PLEBEISMO, POPULISMO e CESARISMO:
- Il “tribunus plebis” dell’età repubblicana a Roma, pur investito della sacrosanctitas, cioè dell'inviolabilità, era il rappresentante di classi sociali urbane e della suburbia, che tendeva a difendere gli immediati interessi materiali di un indistinto popolo proletario dall’egemonia del patriziato, non a formarne l’identità di classe in lotta per il dominio politico-sociale, ma solo per un potere di mera rappresentanza e dunque destinato ad essere massa di manovra di fazioni in contrapposizione tra di loro, come i populares e gli optimates dell’era cesariana, guidate da capi-popolo, cariche pubbliche, elementi del Senato.
In età imperiale, le condizioni materiali dei contadini (il “colonus”, da “colere”, coltivare) sotto il limite del puro sostentamento, preoccupò non poco l’imperatore Diocleziano (284/305), che, al fine di fermare la fuga dalle campagne verso le città, con un provvedimento autoritario, aveva imposto ai coloni di trasmettere il proprio mestiere ai loro discendenti; li aveva inoltre fissati (anche per le generazioni successive) al terreno che coltivavano, al punto da essere venduti assieme a esso (passando così al servizio del nuovo proprietario del fondo). Il proprietario del fondo aveva il diritto di reclamare i coloni al suo servizio qualora si allontanassero dal fondo; poteva infliggere loro pene corporali in caso di disobbedienza; poteva stabilire in quali modi ogni colono potesse utilizzare la sua paga (chiamata peculius, come quella concessa agli schiavi).
- In quanto alla gleba dell’epoca feudale, caratteristica comune fu che il rapporto con la terra era intermediato dal “dominus-signore”, e quindi, o servi rurali o suburbani o ultimo gradino della plebe inurbata. Scrivono Marx ed Engels:
- L’analisi del bonapartismo di Marx (il 18 brumaio) diventa in Gramsci analisi del cesarismo, soffermandosi sulla questione in diverse note dei Quaderni del carcere (in particolare nei paragrafi 133 e 136 del Quaderno 9 e nel paragrafo 27 del Q 13).
Secondo Gramsci, il cesarismo si sviluppa in situazioni di incertezza politica, quando «il vecchio muore e il nuovo non può nascere», ed è un tipo di regime nel quale un capo carismatico gestisce il potere in maniera autocratica, assecondando gli istinti popolari sostituendo la partecipazione e la rappresentanza con la delega diretta, plebiscitaria (plebiscito viene appunto da plebe, plebs in latino, la classe in sé che ratifica decisioni e deliberazioni dei poteri forti).
L'analisi gramsciana parte dalla figura di Giulio Cesare, ma si allarga fino a comprendere vari regimi dei secoli XIX e XX. Per Gramsci il cesarismo può essere progressivo (se aiuta le forze in sviluppo a prendere il potere) o regressivo (se aiuta le forze reazionarie) come ha storicamente fatto il fascismo per prendere il potere.
Alberto Burgio ha sottolineato la differenza tra cesarismo e bonapartismo, ma in particolare ha evidenziato come il “cesarismo progressivo” moderno si identifichi con l’intelletto collettivo del soggetto collettivo del ‘moderno principe’.
Nelle note su Machiavelli del Quaderno 13, al paragrafo 1 si legge:
“Il moderno principe, il mito-principe non può essere una persona reale, un individuo concreto, può essere solo un organismo; un elemento di società complesso nel quale già abbia inizio il concretarsi di una volontà collettiva riconosciuta e affermatasi parzialmente nell’azione."
L’emancipazione storica di plebe e gleba da classi in-se’ a classe in-se’ e per- se’, è l’uscita di minorità di un indistinto popolo, che diventa ‘massa popolare’ solo con la coscienza di classe e la soggettività antagonista, in grado di progettare il proprio autogoverno senza forme di plebeismo ammantate di populismo, senza cesarismo regressivo e bonapartismo, ma con la forza collettiva del ‘general intellect’.
La fase di transizione della ‘guerra di posizione’ in occidente, è la fase dell’affermazione rappresentativa di questa forza contro la regressione imposta dall’ ”arcano” del sistema economico-politico e sociale capitalista e imperialista delle classi dominanti. ~fe.d.
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