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L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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giovedì 26 marzo 2020

Per un ascetismo spirituale laico


di Emanuela Lomartire 

Il termine ascetismo ha origini davvero molto lontane nel tempo; infatti ebbe origine in Grecia, laddove, inizialmente, assunse valore esclusivamente fisico, dal momento che il termine askesis, era usato per indicare l’allenamento di un atleta per il superamento di una prova. Solo in un secondo momento, il termine ascetismo venne connesso ad alcune particolari ideologie, quali il pitagorismo e l’orfismo che, pur partendo dalle stesse basi, si differenziarono proprio riguardo al concetto dell'immortalità dell'anima, che divenne uno dei capisaldi degli orfisti, secondo i quali al fine di evitare la perdita di tale immortalità, era necessario condurre un'intera vita di purezza. Nell’antica Grecia si diffusero anche le religioni misteriche, le quali avevano un carattere “salvifico”, poiché, attraverso vari gradi di iniziazione, gli adepti giungevano alla visione ed alla identificazione con il divino ed ottenevano la liberazione dalla realtà empirica materiale ed il superamento apparente dello stato proprio umano. Con la filosofia platonica, l’ascetismo assunse un definitivo significato morale, poiché, accertato il dualismo di anima e corpo, la pratica ascetica era considerata l’unica in grado di permettere all'anima di purificarsi da tutto ciò che era corporeo e di ritornare così alla originaria perfezione ideale. Durante l’Ellenismo, l’ascetismo si basò, prevalentemente, sui vari dualismi, esistenti da sempre nella vita umana, ad esempio tra luce e tenebre, materia e spirito, bene e male. In base alla loro concezione, l’uomo avrebbe dovuto liberarsi dalla cose negative (tenebre-materia-male) utilizzando la Gnosi, ovvero  una forma speciale di conoscenza religiosa, che  si caratterizzava  come accesso diretto al divino, mediante una sorta di illuminazione interiore. Tale visione dualistica portò ad atteggiamenti, talora, anche opposti, tanto che potè condurre o alla completa rinuncia degli aspetti materiali nell'ascetismo, oppure ad atteggiamenti completamente trasgressivi ed immorali. Il valore morale dell'ascesi, come esercizio per il controllo delle passioni tramite la rinuncia totale alla corporeità, si ritrova  anche nello stoicismo e si trasmise poi al cristianesimo, che lo adottò  in una prospettiva tutta trascendente. Alcuni scrittori teologi cristiani sostenevano che  solo attraverso la contemplazione mistica si poteva raggiunge l'unione con il divino e a questo scopo iniziarono a dare moltissima importanza  alla meditazione, alla preghiera, e  a  pratiche di severe rinunce e di mortificazione della corporeità. In realtà, tutto ciò, mal si conciliava con il cristianesimo delle origini, che non contemplava minimamente al suo interno l'ideale ascetico. Cristo infatti si schierò, apertamente, contro l'ascetismo, poiché egli non voleva che l’uomo si estraniasse dal mondo, ma che andasse nel mondo, annunciando il vangelo e diventando testimonianza vivente dei propri valori di vita. L'ascetismo, nell'ambito del cristianesimo, iniziò a manifestarsi, in occidente più tardi con Colombano, Benedetto e Bernardo, e quindi nell’ambito dell’antico monachesimo. Gli ordini contemplativi, solitamente, non conducevano una vita attiva e non lavoravano, ad eccezione dell' “ora et labora “ dei benedettini, eppure, la comunità riconosceva il ruolo di pubblica utilità sociale svolto dalla loro preghiera, e dalle rinunce da loro effettuate. Nel successivo movimento protestante, l'ascesi subì una svalutazione teologica, ma in realtà ha mantenuto il suo valore spirituale ed etico in molte religioni evangeliche come nel puritanesimo e nel pietismo. 
- Sinora, abbiamo considerato l'ascesi basata su una svalutazione della corporeità, realizzata tramite sacrifici, rinunce e mortificazioni della carne, al fine di raggiungere una superiore spiritualità, ma esiste anche un ascetismo che non contrappone il corpo allo spirito e che si basa su pratiche che mirano a sviluppare e controllare le proprie capacità fisiche. Tale concezione laica è presente, ad esempio, nella psicologia dinamica come “meccanismo di difesa”. Lo studio di questi meccanismi fu condotto da Anna Freud nel suo libro “L’io ed i meccanismi di difesa” (1937), in cui viene spiegato che l’ascetismo porta ad eliminare gli effetti piacevoli delle esperienze ed è diretto contro tutti i piaceri percepiti dalla parte conscia di ognuno di noi. Attualmente, l’ascetismo laico, lo possiamo ritrovare nella pratica della meditazione come condizione psicofisica extra-ordinaria che migliora il nostro stato di salute. Di solito questa pratica viene associata, unicamente, alle filosofie orientali, ma in realtà è un’azione che, se fatta correttamente, giova al corpo e alla mente, poiché ci porta a passare da uno stato di veglia ad uno stato di sonno profondo, abbassando così le onde mentali e conducendoci ad un contatto diretto con la mente cosmica. Per condurre questo viaggio attraverso la meditazione, secondo una prospettiva psicologica olistica, oltre a possedere una conoscenza pratica, sarebbe necessario abbandonarsi alla propria imperfezione, cercando di riuscire a controllare i propri pensieri, poiché, se negativi, sono in grado di influenzare il nostro umore, la nostra energia vitale e la nostra forza fisica. Infatti è necessario non abbandonare il nostro pensiero alla compulsività pensando che sia naturale poiché non appena gli eventi della vita solleciteranno il nostro aspetto emotivo oltre al limite a cui siamo abituati, cadremo in balia degli eventi.




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