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LA VOLONTÀ PLASMATRICE della realtà oggettiva: come alla volontà piace
Il giovane Gramsci legge la rivoluzione d’ottobre
di Guido Liguori
È ancora una
volta la volontà che trionfa, nella visione di Gramsci: sono gli essere
umani associati che possono comprendere,«i fatti economici e li
giudicano, e li adeguano alla loro volontà,finché questa diventa la
motrice dell'economia, la plasmatrice della realtà oggettiva, che vive, e
si muove, e acquista carattere di materia tellurica in ebollizione, che
può essere incanalata dove alla volontà piace, come alla volontà
piace»[xxiii].
Al di là dell'attacco a effetto (la «rivoluzione
contro Il Capitale» di Marx), in realtà l'articolo coglieva alcune
motivazioni profonde dell'Ottobre russo: la guerra aveva reso possibile
un evento inaudito e per i più inaspettato.
Marx aveva «preveduto il
prevedibile», non aveva potuto prevedere la Prima guerra mondiale, il
suo carattere senza precedenti, che «avrebbe suscitato in Russia la
volontà collettiva popolare» in tempi molto più rapidi della norma
(«perché, normalmente, i canoni di critica storica del marxismo colgono
la realtà»[xxiv]). In quanto «in Russia la guerra ha servito a spoltrire
le volontà. Esse, attraverso le sofferenze accumulate in tre anni, si
sono trovate all'unisono molto rapidamente. La carestia era immanente,
la fame, la morte per fame poteva cogliere tutti, maciullare d'un colpo
decine di milioni di uomini. Le volontà si sono messe all'unisono»[xxv].
cit. da A. Gramsci, La rivoluzione contro «Il Capitale», «Il Grido del Popolo», 1° dicembre 1917
Con queste parole di John Reed il sesto numero del «Politecnico» presentava, in un autunno non meno gelido dell’Italia appena liberata nel 1945, la leggendaria Rivoluzione d’Ottobre per oltre venti anni taciuta. Un americano racconta come le forze del progresso vinsero in Russia, titolava a tutta pagina. Un americano, uno venuto da lontano, l’occhio dell’Occidente; come sarebbe stato Ernest Hemingway per la Spagna, Edgar Snow per la Cina di Mao. Per capire la fortuna straordinaria che ebbe questo libro, oggi ancora una volta ristampato, non serve la breve, eppur preziosa prefazione di Lenin che dice «Leggetelo, è tutto vero, io lo certifico». (..) John Reed traduceva la rivoluzione russa per l’Occidente, ed essa risentiva in lui la propria voce divenuta universale, quasi la prova, in una figura singolare ma significativa, dell’universalità del suo messaggio. Il riscatto sarebbe stato, già si profilava, comune; la sua necessità correva calorosa e scura come un flusso, più che di idee, di vite in mutamento. Il 1945 come il 1917, il 1917 come la rivoluzione americana... i giorni, appunto, che cambiano il mondo, e si somigliano nel miracoloso addensarsi di speranza. Uno dei pochi momenti in cui gli uomini si sanno uguali.
dall’introduzione di Rossana Rossanda a John Reed, Dieci giorni che sconvolsero il mondo, trad. Marco Amante, BUR, Milano, Rizzoli, 1980
lo trovi qui, a cura del PCI, Genova
http://www.pci-genova.it/…/Reed-I-dieci-giorni-che-sconvols…
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