DOPO SAN BASILIO NIENTE È PIÙ COME PRIMA
[cosa rappresentò San Basilio, settembre 1974]
- un
decisivo passaggio dalla coscienza critica alla coscienza di classe,
l’esperienza di movimento e la teorizzazione dei bisogni - settembre 1974,
nella borgata di San Basilio, Roma, famiglie che avevano occupato, spinte dal
bisogno, oltre cento abitazioni IACP in via Montecarotto e via Fabriano,
vengono attaccate dalla polizia.
L’8
settembre viene ucciso dalla polizia Fabrizio Ceruso, 19 anni, di Tivoli,
militante dei Comitati autonomi operai. Per molti giovani compagni fu una presa
di coscienza politica per allargare gli obiettivi particolari di lotta alla
strategia per il rovesciamento del sistema, per altri la scelta di uno scontro
frontale militare con lo Stato, non riconoscendo più spazi democratici seppur
marginali nell’alveo costituzionale. A dare forte sostegno a quelle lotte,
infatti, era stato il Comitato comunista del limitrofo quartiere Centocelle,
che nel 1975 darà anche vita ai CO.CO.RI., i Comitati Comunisti Rivoluzionari,
che si dotarono allora di una struttura parallela armata, le FAC (Formazioni
Armate Comuniste).
Le foto
-simbolo di Tano D’Amico, la ricostruzione della vicenda attraverso l’Archivio
storico Benedetto Petrone
http://www.pugliantagonista.it/fabrizio_ceruso.htm
Nel cuore e sui muri di Roma, l'8 settembre, trova posto la figura del compagno Fabrizio Ceruso, ucciso a 19 anni dalla violenza dello Stato, mentre era a S.Basilio a sostenere la resistenza popolare per il diritto alla casa.
Era l'8 settembre 1974, il terzo giorno di un'estenuante resistenza opposta da una molteplicità di compagni/e agli sgomberi delle case occupate da centinaia di famiglie.
Quando l'enorme schieramento di Polizia tentò l'affondo con inusitata violenza, una proletaria, da una casa popolare di fronte a quella occupata,, imbracciato un fucile da caccia, sparò un colpo in aria con l'intento partecipe di fermare la bestialità dello sgombero.
Le cariche poliziesche non cessarono, anzi, i comandanti dettero l'ordine di sparare ripetutamente contro i manifestanti.
Il piombo di Stato uccise Fabrizio Ceruso alle 5 della sera dell'8 settembre 1974, aveva 19 anni, veniva da Tivoli, militava nei Comitati Autonomi Operai.
Immediatamente la ribellione serpeggiò per tutto il quartiere di S.Basilio, i lampioni vennero abbattuti e le strade abbuiate, migliaia di proletari si aggregarono ai manifestanti, assediando e colpendo con svariate armi la polizia assassina, che si era rifugiata nel campo di calcio della parrocchia.
Nella borgata rimbombava il grido: " pagherete caro, pagherete tutto!"; la rivolta di San Basilio fece battere in ritirata le forze dell'ordine e conquistò il diritto alla casa.
e il nostro
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RACCONTI
DAGLI ANNI ‘70. Il TORNANTE STORICO DI SAN BASILIO (ROMA)
La
scelta
Dentro le ossa ancora
si portava le giornate di inizio settembre del ‘74 a San Basilio, una delle
borgate più misere di Roma, dove vivevano centinaia di poveracci senza casa a
cui occorreva dare voce. Accorsero in tanti, di diverse formazioni di sinistra,
per affrontare i celerini, arrivati in massa a sgomberare gli appartamenti
occupati. Emilio non ricordava quale fu l’attimo in cui gli scontri iniziarono,
ma la persistenza acre e tagliente dei lacrimogeni in gola, nel naso, negli
occhi, quella sì; e le sassaiole, le molotov, le macchine incendiate. Fu una
battaglia di barricate e fughe che durò tre giorni e tre notti; dalla loro
parte si era schierata la gente che buttava acqua e cibo dalle finestre, e
contro di loro gli spioni del PCI che li segnalavano agli agenti, guidandoli
nel quartiere per venirli a stanare: volevano la legalità, gli infami, erano
contrari alle occupazioni, perchè dicevano che le case popolari erano state
assegnate. Bella legalità quella che lascia la gente sul lastrico! E poi arrivò
l’8 settembre, il giorno fatale. La polizia non mollava, loro nemmeno. Quando
gli agenti tirarono i lacrimogeni sull’assemblea popolare che stava decidendo
il da farsi, contrattaccarono furiosi. Emilio sperava che gli sbirri avrebbero
ceduto, che si sarebbero ritirati fiaccati dalla loro resistenza. Invece
passarono alle maniere spicce. A via Fabriano le pallottole presero a fischiare
ad altezza d’uomo, gli passarono accanto e colpirono un ragazzo arrivato da
Tivoli per aiutarli. Preso in pieno petto, si accasciò piano, con
un’espressione di stupore sul volto e una domanda inespressa negli occhi.
Nessuno lo sentì
gridare, erano quelli intorno che urlavano portandolo via; Emilio non si mosse,
pensando che tra le braccia degli improvvisati barellieri che correvano avrebbe
potuto esserci il suo di corpo: aveva la stessa età di quel ragazzo, gli stessi
sogni, ma un diverso destino. L’assalto dei suoi compagni che seguì costrinse
la polizia a indietreggiare e ad asserragliarsi nel campo di calcio della
parrocchia. Dopo una notte di assedio, le forze dell’ordine vennero fatte
ritirare. A tutti coloro che avevano occupato gli appartamenti prima dell’8
settembre venne riconosciuta l’assegnazione della casa popolare. Avevano vinto.
Aggirandosi tra i fumi delle barricate, calpestando pezzi di vetro e tracce di
sangue, Emilio prese la sua decisione: non si sarebbe fatto ammazzare
disarmato.
[Emilio = Antonio
Savasta, 18 anni non ancora compiuti; ragazzo di Tivoli = Fabrizio Ceruso, 19
anni, ucciso dalla polizia]
tratti da Pierluigi Vito, I prigionieri, Augh! edizioni, 2021, pag. 46-47. Il racconto di Vito è una scrittura romanzata del sequestro e dell’omicidio di Giuseppe Taliercio, direttore del Petrolchimico di Porto Marghera (notte tra il 5 e 6 luglio 1981) ad opera delle Brigate Rosse. Cerca di dare voce ai protagonisti, ma attraverso testimonianze dirette dei brigatisti e ricostruzioni documentarie e atti processuali, comprese le confessioni di “Emilio”, Antonio Savasta, che sparò materialmente al dirigente industriale. Pubblica anche la lettera dal carcere che quest’ultimo indirizzò alla vedova di Taliercio nel febbraio 1985. La ricostruzione dei fatti di San Basilio, che determinarono la scelta di passare alla lotta armata da parte di Savasta, e non solo la sua, è da attribuire allo stesso “Emilio”, concordante con la memoria contenuta nei suoi interrogatori. (Cfr. Senato della Repubblica - Camera dei deputati VIII legislatura - Commissione parlamentare d’inchiesta sulla strage di via Fani sul sequestro e l’assassinio di Aldo Moro e sul terrorismo in Italia - Atti giudiziari - Interrogatori resi da Antonio Savasta a varie autorità giudiziarie, Roma, 1993, https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/284588.pdf )
BRIGANTI METROPOLITANI
Il tempo della riflessione storica e
politica attraverso le biografie dei combattenti armati in nome del comunismo
in Italia (nel periodo cronologico cruciale 1973-1982), dei brigatisti, deve
ancora superare gli stereotipi, imposti attraverso i tabù e le inquiete
commissioni dell’inchiesta istituzionale, e la narrazione egemone del potere
dominante. Senza fare sconti agli errori ed ‘orrori’ di una vicenda che, pur
prendendo una piega militarista e suicida, rimane una vicenda eminentemente
politica.
- Alla figura di Antonio Savasta, poi, il giovane militante della borgata di Centocelle che riuscì a mettere sotto scacco la NATO (e dopo l’uccisione di Moro e le sue conseguenze) è stata comminata la condanna alla ‘damnatio memoriae’ : inviso al potere che lo catturò e lo torturò, scambiò la liberazione politica con il pentimento, diventando inviso a tutto il movimento. Un ”irriducibile pentito” che fa la storia, la ricostruisce dal suo punto di vista e rischia di rimanere muto dinanzi ad essa. Sbloccata intanto la bozza, la sua biografia è ora su Wikipedia. / fe.d.
link: https://it.wikipedia.org/wiki/Antonio_Savasta_(terrorista)
link
permanente per mantenere la bozza originale: https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Antonio_Savasta_(terrorista)&oldid=137203648
a cura di Ferdinando Dubla, Subaltern studies Italia #inchiestasociale #alidipiomboinoccidente
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