Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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venerdì 19 gennaio 2024

L'irriducibile pentito: Savasta e le Brigate Rosse (5.) - La lettera dal carcere alla vedova Taliercio

 




Nel febbraio del 1985, dal carcere dove era finito dopo l’arresto avvenuto nel 1982 in seguito al quale divenne collaboratore di giustizia, Antonio Savasta scrisse una lettera a Gabriella, la vedova di Taliercio, nella quale si diceva: 

“Suo marito, in quei giorni, è stato come lei lo descrive: pacato, pieno di fede, incapace di odiarci, e con una dignità altissima. È vissuto serenamente, anche se i suoi pensieri e le sue preoccupazioni andavano a voi. Era lui che tentava di spiegarci il senso della vita e io, in particolare, non capivo dove prendesse la forza per sentirsi sereno, quasi staccato dalla situazione drammatica che viveva. Ha lottato per affermare anche a noi, che parlavamo un linguaggio di morte, il diritto alla vita, suo e di tutti. Lo so, signora, che questo non le restituirà molto. Ma sappia che dentro di me ha vinto la parola che portava suo marito. (..) È stata un seme così potente che nemmeno io, che lottavo contro, sono riuscito ad estinguere in me. È stata un fiore che voglio coltivare per poter essere io, a mia volta, a donarlo. Se non ci foste stati voi, io sarei ancora perduto nel deserto.”

tratto da Pierluigi Vito, I prigionieri, Augh! edizioni, 2021, pag. 253-254

Il racconto di Vito è una scrittura romanzata del sequestro e dell’omicidio di Giuseppe Taliercio, direttore del Petrolchimico di Porto Marghera (notte tra il 5 e 6 luglio 1981) ad opera delle Brigate Rosse. Cerca di dare voce ai protagonisti, ma attraverso testimonianze dirette dei brigatisti e ricostruzioni documentarie e atti processuali, comprese le confessioni di “Emilio”, Antonio Savasta, che sparò materialmente al dirigente industriale. La memoria è contenuta nei suoi interrogatori. - 

Cfr. Senato della Repubblica - Camera dei deputati VIII legislatura - Commissione parlamentare d’inchiesta sulla strage di via Fani sul sequestro e l’assassinio di Aldo Moro e sul terrorismo in Italia - Atti giudiziari - Interrogatori resi da Antonio Savasta a varie autorità giudiziarie, Roma, 1993, 

https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/284588.pdf 

 

Contributo per Wikipedia - sequestro e omicidio Taliercio - voce: Antonio Savasta

redatto da: Ferdinando Dubla




Il sequestro di un dirigente di fabbrica in Veneto era stato ideato dalle BR agli inizi del 1981. Il Comitato esecutivo aveva fondato il Fronte fabbriche, di cui Savasta era parte dirigente, per individuare gli obiettivi da colpire, con la logica politica della centralità operaia nella lotta di classe armata, per un’organizzazione che era fortemente scossa dalle lacerazioni interne che avevano provocato la scissione della colonna milanese della “Walter Alasia” e l’autonomizzazione sempre più spinta del Partito-Guerriglia  di Giovanni Senzani , appoggiato dal Fronte carceri.[1]

Fu scelto l’ingegnere Giuseppe Taliercio, 53 anni, direttore dello stabilimento del Petrolchimico della Montedison di Porto Marghera, che era al centro di un’aspra vertenza sindacale e che il 29 gennaio dell’anno precedente aveva già visto l’omicidio di Sergio Gori, il vice direttore.[2]

Il 20 maggio 1981, alle 13,00, un commando di quattro brigatisti mascherati da finanzieri riuscirono ad inserirsi nella sua abitazione di corso Milano, imbavagliarono la moglie e due giovani figli, lo rinchiusero in un baule e fuggirono. Due di loro, dalle ricostruzioni processuali e le confessioni di Savasta, rimasero ancora un’ora nell’abitazione per sorvegliare i familiari imbavagliati e si cucinarono un piatto di pasta. Erano lo stesso “Emilio” e Pietro Vanzi.  Gli altri due erano Gianni Francescutti e Francesco Lo Bianco, che portarono il rapito in un casolare di Tarcento (UD) per sottoporlo a processo da parte di un ‘tribunale del popolo’. Dopo 47 giorni di prigionia, l’ingegnere venne assassinato con 20 colpi con due diverse pistole sparati contro il baule in cui era stato costretto a entrare.  Fu Savasta a esplodere i colpi, come da sue confessioni.[3]

Alle due di notte circa del 6 luglio una Fiat 128 venne ritrovata a pochi passi da uno dei cancelli del Petrolchimico di Marghera con il cadavere di Taliercio nel bagagliaio.

1) Cfr. Nicola Rao, Colpo al cuore - Dai pentiti ai “metodi speciali”: come lo Stato uccise le BR. La storia mai raccontata, Sperling & Kupfer, 2011, cit. da eBook, pos. 241

2)  https://www.vittimeterrorismo.it/vittime/sergio-gori/

3) di PABLO DELL'OSA, 20 maggio, su Il Centro, 19 maggio 2023.


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