* #radicalcriticaltheory,
radicale perchè critica alla radice (‘critica critica’) e analizza le stesse
teorie critiche del capitalismo, del colonialismo [esterno/interno] come strategia
dell’imperialismo.
“Ogni
traccia di iniziativa autonoma da parte dei gruppi subalterni dovrebbe perciò
essere di valore inestimabile per lo storico integrale." - Antonio Gramsci
- Q.25 (XXIII), 1934, Ai margini della storia (Storia dei gruppi sociali
subalterni)
-
Subaltern Studies si configurano come svelamento di "tracce" in
antitesi ai meccanismi di costruzione della storia come modalità egemone di
relazione con il passato (e sono "tracce" culturali in assenza o
disgregazione dell'autonomia politica), un tentativo dunque di esplorazione
anche delle differenti modalità di relazione tra scrittura e passato. Una
teoria critica radicale di origine maoista, di impianto marxista, creativamente
gramsciana.
PENSIERO
CRITICO TRASFORMATIVO
le teorie critiche
radicali (radical critical theories) cercano di analizzare i sistemi
capitalistici e le loro contraddizioni per una trasformazione rivoluzionaria
attraverso l’azione politica. Superano la dicotomia ortodossia-riadeguamento
degli strumenti analitici marxisti, da cui indubbiamente derivano, con
l’inchiesta sociale, premessa metodologica indispensabile per la conoscenza
delle condizioni reali e materiali delle classi subalterne. Le teorie critiche
radicali non esistono compiutamente e consapevolmente in questa forma, se non
nell’esperienza del collettivo indiano promosso, animato e sviluppato negli
anni 80 del Novecento, dallo storico di origine bengalese Ranajit Guha, con i
Subaltern Studies. Universalizzare questa esperienza, oltrepassando le specificità
particolari nelle quali ed entro le quali si è caratterizzata la loro
esperienza di studio e analisi, non può essere demandato solo alla ricerca
accademica, sebbene realizzata in prestigiose Università statunitensi. È
necessario porre in essere la critica del criticismo compatibile con il falso
assioma della coniugazione fra democrazia e capitalismo, caratterizzazioni
della democrazia sociale imperniata sull’autodeterminazione politica e
culturale e imperialismo. È la critica del criticismo con cui Marx ed Engels
nel 1844 (“La Sacra famiglia”, ma il titolo originario era solo ‘Critica della
critica critica’) * svilupparono la
matrice di ogni teoria critica radicale al sistema dello sfruttamento dell’uomo
sull’uomo.
L’idea
di subalternità come oggi è intesa e diffusa trova le sue origini nel contesto
politico-culturale del Regno Unito degli anni Settanta, dove la ricerca di
nuove vie al marxismo e lo sviluppo di un approccio militante alla cultura
avevano aperto la stagione dei Cultural Studies. In questo quadro un gruppo di
storici inglesi e indiani, influenzati dalla 'history from below' e alla
ricerca di nuovi paradigmi, diede vita al nucleo di quello che negli anni
Ottanta sarebbe diventato il Subaltern Studies group. Ranajit Guha, da
fondatore del collettivo, informò il gruppo di quelle che erano state le sue
ricerche verso una nuova epistemologia in grado di comprendere i caratteri
della coscienza contadina e popolare. Di formazione maoista e vicino
all’esperienza naxalita, Guha modellò la sua idea di popolo attraverso i filoni
indiani di pensiero populista e la definizione di cultura plebea di Edward P.
Thompson, per farne un elemento che potesse prendere il ruolo della classe
sociale nell’analisi storica dell’India ed evitare le insidie del riduzionismo
economico – pur mantenendo allo stesso tempo l’enfasi necessaria sulle
condizioni di dominio e sfruttamento.
Giacomo Tarascio, Tra margini e subalternità - Una chiave
politica gramsciana per pensare il mezzogiorno, in Consecutio rerum, a.VII
nr.14 (2 / 2022-2023), pag. 121
NEL
MAGGIO MAOISTA L’INCONTRO CON GRAMSCI
Maggio 1967, i maoisti
di Naxalbari insorgono. Non trovano appoggio e anzi, vengono avversati dai due
Partiti Comunisti dell’India. Trovano però il sostegno e l’attenzione dello
storico Ranajit Guha (1923-2023) il futuro fondatore, nel 1982, dei Subaltern
studies nella forma del collettivo di ricerca. Guha è studioso di Gramsci e in
particolare legherà gli eventi dell’Asia meridionale al Quaderno 25 di Formia,
scritti nel 1934-35, “Ai margini della
storia-Storia dei gruppi sociali subalterni“.
- Quando i naxaliti insorsero, nel maggio 1967, Ranajit Guha aveva 44 anni. In quel momento si incrociarono i contadini guidati da Charu Majumdar, Kanu Sanyal e Jangal Santhal contro i latifondisti locali, nella regione del Bengala occidentale, epicentro il villaggio di Naxalbari e lo storico fondatore dei Subaltern studies, la serie di studi e ricerche che caratterizzò una conricerca collettiva, il Subaltern studies group, dal 1982 al 1989 nella sua prima serie edita personalmente proprio da Guha. [prospetto] In quel maggio lo storico bengalese, già dottore di ricerca all’Università di Calcutta, aveva pubblicato “A rule of property for Bengal: an essay on the idea of permanent settlement”, Paris [etc.], Mouton & Co., 1963. Il saggio sull’idea di “insediamento permanente” per il Bengala trovava nei guerriglieri maoisti il suo inveramento insorgente.
Cfr. “Ranajit
Guha e le tracce dello storico integrale”,
http://ferdinandodubla.blogspot.com/2023/06/ranajit-guha-e-le-tracce-dello-storico.html
e
“Alle origini
dei Subaltern Studies: come nacquero dai margini di Gramsci”, in particolare il
§ ‘Partiti comunisti indiani e movimento Naxal’,
http://ferdinandodubla.blogspot.com/2021/07/alle-origini-dei-subaltern-studies-come.html
entrambi a
cura dell’autore.
- Ma l’insorgenza non è
rivoluzione. È un moto di ribellione spontaneo guidato, nel caso naxalita,
dalla teorizzazione maoista della ‘scintilla della prateria’ per innescare una
guerra rivoluzionaria di lunga durata. Come la ‘lunga marcia’ dello stesso Mao
(ottobre 1934 - ottobre 1935), in realtà una ‘ritirata strategica’, stoica ed
eroica, per sfuggire all’accerchiamento dei nazionalisti del Kuomintang.
L’insorgenza non è rivoluzione, questo il giudizio dei due partiti comunisti
indiani dell’epoca, dunque va avversata come avventurismo. Il Guha, che
simpatizzava più che con la prassi politica con le scaturigini ideali dei
marxisti-leninisti indiani, si inizia invece a interrogare se l’insorgenza, la
stessa insorgenza naxalita, non sia una tappa del lungo processo rivoluzionario
per l’”insediamento permanente”, il radicamento politico che segue al
radicamento culturale. In una parola, l’autonomia contadina, di classe,
affermata come segno di rottura del dominio delle classi dominanti e di
conquista egemonica. Anzi, se si seguono le tracce di questa autonomia
contadina nella dominazione coloniale inglese dell’India, lo storico può
integralmente ricostruire la rivoluzione come processo nel segno della
soggettivazione e autonomia di classe. È qui che Guha ha incontrato Antonio
Gramsci. (+) Il Gramsci del Quaderno 25 di Formia, redatti nell’ultimo periodo
della sua vita, il 1934-1935, in particolare il §5: “I gruppi subalterni
subiscono sempre l'iniziativa dei gruppi dominanti, anche quando si ribellano e
insorgono: solo la vittoria "permanente" spezza , e non
immediatamente, la subordinazione. (..) Ogni traccia di iniziativa autonoma da
parte dei gruppi subalterni dovrebbe perciò essere di valore inestimabile per
lo storico integrale., Antonio Gramsci, Quaderni dal carcere, Quaderno 25, ed.
Einaudi, 1975, pag.2283/2284.
Ferdinando
Dubla
(+) Ranajit Guha:
l”adattamento” di Gramsci nei Subaltern studies, cfr.
http://ferdinandodubla.blogspot.com/2021/07/ranajit-guha-ladattamento-di-gramsci.html
le
ribellioni dei contadini indiani acquisiscono un ruolo centrale, come tracce di
iniziativa autonoma: i gruppi subalterni si costituiscono all’interno del loro
spazio politico, dove si strutturano in maniera eterogenea in base alla propria
composizione sociale, mobilitandosi su di un piano orizzontale e violento a
differenza delle élites, strutturate all’opposto su di un piano verticale e
legalista. Dunque, i subalterni si configurano come soggetto politico nel
momento della contrapposizione al potere in un processo negativo/passivo, ma
mantenendo allo stesso tempo una coscienza autonoma che li separa dai
condizionamenti dello stesso potere. Questo processo di soggettivizzare la
ribellione si configura in continuità con il modo di intendere la subalternità
da parte del collettivo, non costituendo una contraddizione in quanto
subordinato alla necessità di far emergere il principio di comunità. Infatti,
all’interno dell’insorgenza contadina la comunità si pone come il carattere
sociale fondamentale, attraverso il quale ogni atto di insorgenza è
politicamente intenzionale e frutto di una coscienza collettiva anche se
ispirato per negazione del potere.
Giacomo Tarascio., op.cit., pag.123
L'insorgenza alimenta
l'appartenenza. L'"insediamento permanente" si configura come
contrapposizione alle élites non solo in termini di racconto storico, ma in
termini di narrazione del presente come trasformazione sociale radicale, con
una soggettivazione di classe e dei gruppi subalterni (tutto ciò che non è
élite) che si oppone al dominio senza egemonia, in quanto soggettivazione,
delle classi dominanti.
#radicalcriticaltheories
#subalternstudiesitalia
Nessun commento:
Posta un commento