Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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domenica 26 maggio 2024

Subaltern studies: #radicalcriticaltheory, il pensiero critico trasformativo

 



* #radicalcriticaltheory, radicale perchè critica alla radice (‘critica critica’) e analizza le stesse teorie critiche del capitalismo, del colonialismo [esterno/interno] come strategia dell’imperialismo.

 

“Ogni traccia di iniziativa autonoma da parte dei gruppi subalterni dovrebbe perciò essere di valore inestimabile per lo storico integrale." - Antonio Gramsci - Q.25 (XXIII), 1934, Ai margini della storia (Storia dei gruppi sociali subalterni)

 

- Subaltern Studies si configurano come svelamento di "tracce" in antitesi ai meccanismi di costruzione della storia come modalità egemone di relazione con il passato (e sono "tracce" culturali in assenza o disgregazione dell'autonomia politica), un tentativo dunque di esplorazione anche delle differenti modalità di relazione tra scrittura e passato. Una teoria critica radicale di origine maoista, di impianto marxista, creativamente gramsciana.



PENSIERO CRITICO TRASFORMATIVO

le teorie critiche radicali (radical critical theories) cercano di analizzare i sistemi capitalistici e le loro contraddizioni per una trasformazione rivoluzionaria attraverso l’azione politica. Superano la dicotomia ortodossia-riadeguamento degli strumenti analitici marxisti, da cui indubbiamente derivano, con l’inchiesta sociale, premessa metodologica indispensabile per la conoscenza delle condizioni reali e materiali delle classi subalterne. Le teorie critiche radicali non esistono compiutamente e consapevolmente in questa forma, se non nell’esperienza del collettivo indiano promosso, animato e sviluppato negli anni 80 del Novecento, dallo storico di origine bengalese Ranajit Guha, con i Subaltern Studies. Universalizzare questa esperienza, oltrepassando le specificità particolari nelle quali ed entro le quali si è caratterizzata la loro esperienza di studio e analisi, non può essere demandato solo alla ricerca accademica, sebbene realizzata in prestigiose Università statunitensi. È necessario porre in essere la critica del criticismo compatibile con il falso assioma della coniugazione fra democrazia e capitalismo, caratterizzazioni della democrazia sociale imperniata sull’autodeterminazione politica e culturale e imperialismo. È la critica del criticismo con cui Marx ed Engels nel 1844 (“La Sacra famiglia”, ma il titolo originario era solo ‘Critica della critica critica’)  * svilupparono la matrice di ogni teoria critica radicale al sistema dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo.

 

L’idea di subalternità come oggi è intesa e diffusa trova le sue origini nel contesto politico-culturale del Regno Unito degli anni Settanta, dove la ricerca di nuove vie al marxismo e lo sviluppo di un approccio militante alla cultura avevano aperto la stagione dei Cultural Studies. In questo quadro un gruppo di storici inglesi e indiani, influenzati dalla 'history from below' e alla ricerca di nuovi paradigmi, diede vita al nucleo di quello che negli anni Ottanta sarebbe diventato il Subaltern Studies group. Ranajit Guha, da fondatore del collettivo, informò il gruppo di quelle che erano state le sue ricerche verso una nuova epistemologia in grado di comprendere i caratteri della coscienza contadina e popolare. Di formazione maoista e vicino all’esperienza naxalita, Guha modellò la sua idea di popolo attraverso i filoni indiani di pensiero populista e la definizione di cultura plebea di Edward P. Thompson, per farne un elemento che potesse prendere il ruolo della classe sociale nell’analisi storica dell’India ed evitare le insidie del riduzionismo economico – pur mantenendo allo stesso tempo l’enfasi necessaria sulle condizioni di dominio e sfruttamento.

Giacomo Tarascio, Tra margini e subalternità - Una chiave politica gramsciana per pensare il mezzogiorno, in Consecutio rerum, a.VII nr.14 (2 / 2022-2023), pag. 121

 

NEL MAGGIO MAOISTA L’INCONTRO CON GRAMSCI

Maggio 1967, i maoisti di Naxalbari insorgono. Non trovano appoggio e anzi, vengono avversati dai due Partiti Comunisti dell’India. Trovano però il sostegno e l’attenzione dello storico Ranajit Guha (1923-2023) il futuro fondatore, nel 1982, dei Subaltern studies nella forma del collettivo di ricerca. Guha è studioso di Gramsci e in particolare legherà gli eventi dell’Asia meridionale al Quaderno 25 di Formia, scritti nel 1934-35,  “Ai margini della storia-Storia dei gruppi sociali subalterni“.



- Quando i naxaliti insorsero, nel maggio 1967, Ranajit Guha aveva 44 anni. In quel momento si incrociarono i contadini guidati da Charu Majumdar, Kanu Sanyal e Jangal Santhal contro i latifondisti locali, nella regione del Bengala occidentale, epicentro il villaggio di Naxalbari e lo storico fondatore dei Subaltern studies, la serie di studi e ricerche che caratterizzò una conricerca collettiva, il Subaltern studies group, dal 1982 al 1989 nella sua prima serie edita personalmente proprio da Guha. [prospetto] In quel maggio lo storico bengalese, già dottore di ricerca all’Università di Calcutta, aveva pubblicato “A rule of property for Bengal: an essay on the idea of permanent settlement”, Paris [etc.], Mouton & Co., 1963. Il saggio sull’idea di “insediamento permanente” per il Bengala trovava nei guerriglieri maoisti il suo inveramento insorgente.




Cfr. “Ranajit Guha e le tracce dello storico integrale”,  http://ferdinandodubla.blogspot.com/2023/06/ranajit-guha-e-le-tracce-dello-storico.html

e

“Alle origini dei Subaltern Studies: come nacquero dai margini di Gramsci”, in particolare il § ‘Partiti comunisti indiani e movimento Naxal’,

http://ferdinandodubla.blogspot.com/2021/07/alle-origini-dei-subaltern-studies-come.html

 

entrambi a cura dell’autore.

- Ma l’insorgenza non è rivoluzione. È un moto di ribellione spontaneo guidato, nel caso naxalita, dalla teorizzazione maoista della ‘scintilla della prateria’ per innescare una guerra rivoluzionaria di lunga durata. Come la ‘lunga marcia’ dello stesso Mao (ottobre 1934 - ottobre 1935), in realtà una ‘ritirata strategica’, stoica ed eroica, per sfuggire all’accerchiamento dei nazionalisti del Kuomintang. L’insorgenza non è rivoluzione, questo il giudizio dei due partiti comunisti indiani dell’epoca, dunque va avversata come avventurismo. Il Guha, che simpatizzava più che con la prassi politica con le scaturigini ideali dei marxisti-leninisti indiani, si inizia invece a interrogare se l’insorgenza, la stessa insorgenza naxalita, non sia una tappa del lungo processo rivoluzionario per l’”insediamento permanente”, il radicamento politico che segue al radicamento culturale. In una parola, l’autonomia contadina, di classe, affermata come segno di rottura del dominio delle classi dominanti e di conquista egemonica. Anzi, se si seguono le tracce di questa autonomia contadina nella dominazione coloniale inglese dell’India, lo storico può integralmente ricostruire la rivoluzione come processo nel segno della soggettivazione e autonomia di classe. È qui che Guha ha incontrato Antonio Gramsci. (+) Il Gramsci del Quaderno 25 di Formia, redatti nell’ultimo periodo della sua vita, il 1934-1935, in particolare il §5: “I gruppi subalterni subiscono sempre l'iniziativa dei gruppi dominanti, anche quando si ribellano e insorgono: solo la vittoria "permanente" spezza , e non immediatamente, la subordinazione. (..) Ogni traccia di iniziativa autonoma da parte dei gruppi subalterni dovrebbe perciò essere di valore inestimabile per lo storico integrale., Antonio Gramsci, Quaderni dal carcere, Quaderno 25, ed. Einaudi, 1975, pag.2283/2284.

Ferdinando Dubla

(+) Ranajit Guha: l”adattamento” di Gramsci nei Subaltern studies, cfr. http://ferdinandodubla.blogspot.com/2021/07/ranajit-guha-ladattamento-di-gramsci.html

 

le ribellioni dei contadini indiani acquisiscono un ruolo centrale, come tracce di iniziativa autonoma: i gruppi subalterni si costituiscono all’interno del loro spazio politico, dove si strutturano in maniera eterogenea in base alla propria composizione sociale, mobilitandosi su di un piano orizzontale e violento a differenza delle élites, strutturate all’opposto su di un piano verticale e legalista. Dunque, i subalterni si configurano come soggetto politico nel momento della contrapposizione al potere in un processo negativo/passivo, ma mantenendo allo stesso tempo una coscienza autonoma che li separa dai condizionamenti dello stesso potere. Questo processo di soggettivizzare la ribellione si configura in continuità con il modo di intendere la subalternità da parte del collettivo, non costituendo una contraddizione in quanto subordinato alla necessità di far emergere il principio di comunità. Infatti, all’interno dell’insorgenza contadina la comunità si pone come il carattere sociale fondamentale, attraverso il quale ogni atto di insorgenza è politicamente intenzionale e frutto di una coscienza collettiva anche se ispirato per negazione del potere.

Giacomo Tarascio., op.cit., pag.123

L'insorgenza alimenta l'appartenenza. L'"insediamento permanente" si configura come contrapposizione alle élites non solo in termini di racconto storico, ma in termini di narrazione del presente come trasformazione sociale radicale, con una soggettivazione di classe e dei gruppi subalterni (tutto ciò che non è élite) che si oppone al dominio senza egemonia, in quanto soggettivazione, delle classi dominanti.

 

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