Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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venerdì 13 dicembre 2024

Le categorie dell’antropologia filosofica di Ernesto de Martino e gli studi sui subalterni

 

La nostra civiltà è in crisi: un mondo accenna ad andare in pezzi, un altro si annunzia. Naturalmente, come accade nelle epoche di crisi, variamente si atteggiano le speranze e variamente si configura il “quid maius” che sta per nascere. Tuttavia una cosa è certa: ciascuno deve scegliere il proprio posto di combattimento, e assumere le proprie responsabilità. Potrà essere lecito sbagliare nel giudizio: non giudicare non è lecito. Potrà essere lecito agire male: non operare, non è lecito. Ciò posto, qual è il compito dello storico? Tale compito è sempre stato, ed ora più che mai deve essere, l’allargamento dell’autocoscienza per rischiarare l’azione.” 

Ernesto de Martino, da Naturalismo e storicismo nell’etnologia, Laterza (1941)



- Chi siamo noi dunque? Una stratificazione culturale delle genti antiche, il retaggio atavico di una natura umana che è nella storia del mondo, perchè tutto ciò che è nella natura è nella storia. /fe.d.

 

TRA APOCALISSE E RISCATTO [DEI SUBALTERNI]

Le “plebi rustiche” nell’ermeneutica dell’antropologia filosofica di Ernesto de Martino

Terra lucana, scriverà De Martino, dove vivevano alcune migliaia di contadini, ma meglio si direbbe che contendevano “al caos le più elementari distinzioni dell’essere”.

 [E. De Martino, Furore Simbolo Valore (1962), Feltrinelli, Milano 2002, p. 119].

“il folklore rappresentava il riflesso, sul piano culturale, della dipendenza economica e politica di quelle classi, era cioè cultura servile di classi politicamente asservite”.*

*Ernesto de Martino, Gramsci e il folklore, in “Il calendario del popolo”, 8, 1952, p.1109.

È Eugenio Imbriani che torna a riflettere sull’immenso debito contratto da de Martino nei confronti della “plebe rustica del Mezzogiorno”, di quella gente povera che condivideva con lui non soltanto i frammenti di una vita intera – ricordi di un’ingiustizia subita e dolori di esperienze defunte –, ma l’intera loro quotidianità. Simona Taliani, in ‘Aut-Aut’, nr. 366/2015, Il Saggiatore. (cit. E. Imbriani, Persone intere. Su alcuni materiali dell’archivio di Ernesto De Martino, Coordinamento Siba, Editoria scientifica elettronica, Università del Salento, Lecce 2013).

Per Ernesto de Martino, il mondo della vita, il “vitale”, l’esistenza umana, la presenza e la natura, stanno prima della storia e della cultura.

Ma Ernesto de Martino, con i migliori maestri dello storicismo napoletano, come l’Adolfo Omodeo, interpretò la natura umana come “interna” alla storia, dando senso e significato alla sua stessa impostazione di ricerca sul campo delle classi subalterne.

Che cos’è lo storicismo? E’ una visione della vita e del mondo fondata sulla persuasione critica che la realtà si risolve, senza residuo, nella storia, e che la realtà storica umana, nelle sue individuali manifestazioni, è integrale opera dell’uomo ed è conoscibile senza residuo dal pensiero umano.

E. de Martino, in Coscienza religiosa e coscienza storica, 'Nuovi argomenti', 14 (mag.-giu.1955), p.89. 

Il mondo primitivo è per elezione quello dell’esposizione al rischio, perchè più vicino al polo della naturalità, o ancora non abbastanza emancipato da essa. Il primitivo, che in “Naturalismo e storicismo” e nel “Mondo magico” viene osservato da un punto di vista più che altro teorico, negli anni successivi acquisisce per de Martino la fisionomia, molto concreta, di una singolare parte della società italiana, ovvero il mondo contadino del Sud Italia.

Giuseppe Maccauro, Novecento primitivo. Ernesto De Martino fra apocalisse e riscatto, Orthotes, 2023, pag.85.

- Bisogna rendere centrale il nesso tra presenza/crisi/riscatto e il processo di destorificazione del negativo ad opera dell’ethos del trascendimento; l'immaginazione simbolica collettiva è la realizzazione di un'ethos del trascendimento che, come un mito di fondazione per il senso di appartenenza o la sacralizzazione dell'”oggetto” per scopi espiatori, rende possibile il superamento di una crisi, della “presenza” in quanto soggetto che opera nella natura, che rischia di perdersi in essa senza riscatto (escatòn). Il soggetto dunque si ricolloca nella storia tramite la cultura, e la crisi si rivela esistenziale nel rapporto tra sé e il mondo “altro da sé”. Ma la crisi affonda sempre nelle materiali condizioni di vita e nelle modalità concrete di una prassi che deve tendere e tende incessantemente alla trasformazione rivoluzionaria (che è escatologica nelle religioni) come base insopprimibile della costituzione di sé come soggetto:

Vi è dunque un principio trascendentale che rende intellegibile l’utilizzazione e le altre valorizzazioni, e questo principio è l’ethos trascendentale del trascendimento della vita nel valore: attività dunque, ma ethos, dover-essere-nel-mondo per il valore, per la valorizzante attività che fa mondo il mondo, e lo fonda e lo sostiene.,

Ernesto de Martino, “Antropologia e marxismo”, in La fine del mondo - Contributo all’analisi delle apocalissi culturali, Einaudi, 2019, p. 483

[Ferdinando Dubla, scritto per Wikipedia, link permanente https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Ernesto_de_Martino&oldid=142516562 ]

[cfr. Pompeo Giannantoni, Gramsci, de Martino e l’analisi delle classi subalterne meridionali, in “Rocco Scotellaro”,

http://ferdinandodubla.blogspot.com/2017/03/gramsci-de-martino-e-lanalisi-delle.html ]

 

a cura di Ferdinando Dubla, Subaltern studies Italia

 

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giovedì 12 dicembre 2024

ESEGESI E SINOSSI del Quaderno 25 di Gramsci “Ai margini della storia - (Storia dei gruppi sociali subalterni)” (1)

 


Per esegesi di un testo intendiamo la sua spiegazione didattica in un’interpretazione (ermeneutica); per “sinossi” un’esposizione sintetica e schematica, un compendio della critica che lo riguarda. Rimandiamo anche a SINOSSI DELLA LOTTA DELLE CLASSI - da Domenico Losurdo,

http://ferdinandodubla.blogspot.com/2024/10/sinossi-della-lotta-delle-classi-da.html

 

Difesa “allarmata” e “vittoria permanente”

 

“Criteri metodologici. La storia dei gruppi sociali subalterni è necessariamente disgregata ed episodica. È indubbio che nell’attività storica di questi gruppi c’è la tendenza all’unificazione sia pure su piani provvisori, ma questa tendenza è continuamente spezzata dall’iniziativa dei gruppi dominanti, e pertanto può essere dimostrata solo a ciclo storico compiuto, se esso si conchiude con un successo. I gruppi subalterni subiscono sempre l’iniziativa dei gruppi dominanti, anche quando si ribellano e insorgono: solo la vittoria «permanente» spezza, e non immediatamente, la subordinazione. In realtà, anche quando paiono trionfanti, i gruppi subalterni sono solo in istato di difesa allarmata (questa verità si può dimostrare con la storia della Rivoluzione francese fino al 1830 almeno). Ogni traccia di iniziativa autonoma da parte dei gruppi subalterni dovrebbe perciò essere di valore inestimabile per lo storico integrale; da ciò risulta che una tale storia non può essere trattata che per monografie e che ogni monografia domanda un cumulo molto grande di materiali spesso difficili da raccogliere.”

Antonio Gramsci, Q.25, §2, Ai margini della storia, 1934, pag. 2841. È uno sviluppo della nota 14 presente nel Quaderno 3 (1930):

Ҥ 14. Storia della classe dominante e storia delle classi subalterne.

La storia delle classi subalterne è necessariamente disgregata ed episodica: c’è nell’attività di queste classi una tendenza all’unificazione sia pure su piani provvisori, ma essa è la parte meno appariscente e che si dimostra solo a vittoria ottenuta. Le classi subalterne subiscono l’iniziativa della classe dominante, anche quando si ribellano; sono in istato di difesa allarmata. Ogni traccia di iniziativa autonoma è perciò di inestimabile valore. In ogni modo la monografia è la forma piú adatta di questa storia, che domanda un cumulo molto grande di materiali parziali.”

Ivi, pag. 365.

In Gramsci non c’è una teoria della subalternità, ma un legame stretto tra classe/classi, autonomia ed egemonia. Nel corso di sviluppo del suo pensiero, la centralità della classe operaia si deve all’”americanismo e fordismo” nel ciclo capitalista (Q.22), pervasivo in fabbrica e fuori della fabbrica, nella società, dove operano i fattori sovrastrutturali per rendere permanente il primato degli assetti produttivi che alimentano la riproduzione e accumulazione di capitale. La “vittoria permanente”, in questo, si definisce come tale per le classi dominanti. Ma “permanente” non può essere, per le ricorrenti crisi di sistema che attraversano i rapporti sociali capitalisti (è qui che si inserisce anche la “rivoluzione passiva”, una trasformazione-superamento dei cicli attraverso la ‘passivizzazione delle masse”) che si rende funzionale alla ripresa nella contesa egemonica del dominio della borghesia e delle sue frazioni anche in lotta tra loro, direttamente impegnate nella produzione o nelle istituzioni sovrastrutturali.

Le crisi cicliche permettono potenzialmente l’iniziativa autonoma delle classi subalterne. Il soggetto che unifica i gruppi subalterni ‘frammentati’ si costituisce politicamente come soggetto della trasformazione rivoluzionaria.

“Gramsci, infatti, non è un teorico della subalternità ma, al contrario, del superamento della condizione subalterna, della costruzione storica di un soggetto sociale e politico post-subalterno, cioè autonomo e, quindi, dotato di poteri e capace di contestare ed esercitare l’egemonia”, Modonesi, 47

Le classi inferiori, essendo storicamente sulla difensiva, non possono acquistare coscienza di sé che per negazioni, attraverso la coscienza della personalità e dei limiti di classe dell’avversario,

Antonio Gramsci, Q.3, 46,  pag. 323-324

 

Massimo Modonesi, Gramsci e il soggetto politico, Bordeaux, 2024

Le citazioni dai "Quaderni dal carcere" di Gramsci sono tratte dall'edizione Einaudi, 1975, a cura di Valentino Gerratana, nell'ed.digitale.

 

sul Quaderno 25 vedi anche, in questo blog:

 

CRISTO SI E' FERMATO AD ARCIDOSSO: IL LAZZARETTI DI GRAMSCI

 

 

IL PARAGRAFO 5 del QUADERNO 25

 

 

I QUADERNI DI SUBALTERN STUDIES ITALIA - il primo numero 





martedì 10 dicembre 2024

ALLE ORIGINI DEL GRAMSCIANO “BLOCCO STORICO”

 

Il raccordo della "questione meridionale" con il tema dei subalterni del Quaderno 25 di Gramsci



composizione foto Mario Carbone

http://www.archiviomariocarbone.com/artista-it.php

 

Questa categoria di derivazione soreliana, che Gramsci sviluppa nei Quaderni (vedi Q.4) è fondamentale per comprendere la sua impostazione metodologica per un meridionalismo di tipo nuovo. Infatti si tratta proprio di unificare i gruppi sociali subalterni in un’alleanza sociale per la trasformazione rivoluzionaria e condurre il “blocco” ad essere il motore della lotta di classe. Non la preminenza operaia, dunque, sempre presunta a priori come ipotesi storica, ma la ‘contesa egemonica’ diventa già il cuore della riflessione gramsciana nel 1926.

- Si confonde spesso il concetto gramsciano di “blocco storico“, che è un concetto analitico, in cui forte è il nesso dialettico fra struttura e sovrastruttura, con quello di alleanze sociali, o di blocco sociale. Gramsci aveva posto con grande chiarezza il problema delle alleanze della classe operaia nella sua azione di dirigente del partito comunista, e specialmente negli ultimi anni prima dell'arresto. Nelle tesi del congresso di Lione (gennaio 1926) è affermata la necessità di porre in prima linea, fra gli alleati del proletariato industriale e agricolo, i contadini del Mezzogiorno e delle Isole. Nello scritto sulla “Questione meridionale” (ottobre 1926) Gramsci indica «il consenso delle larghe masse contadine» come la condizione per mobilitare contro il capitalismo la maggioranza della popolazione lavoratrice.

[cit. da Renato Zangheri]

https://www.nilalienum.com/gramsci/0_Glossario/GBlocco%20storico.html

 

Ricordiamo tante discussioni ai tempi della linea del “compromesso storico” nel PCI: in estrema sintesi, si “giustificava” la linea con la categoria gramsciana, astraendo completamente però dalle sue origini, quelle del 1926 nelle note sulla ‘questione meridionale’. / fe.d.

Il primo richiamo alla nozione di blocco storico trova uno svolgimento in note successive, più meditate e riepilogative, come quelle contenute nel Quaderno 10 (che ha per titolo "La filosofia di Benedetto Croce"), compilate nella seconda metà del 1932. Nello sviluppare la critica contro le posizioni teorico-politiche crociane, Gramsci utilizza il concetto di "blocco storico" per i seguenti obiettivi: a) riconoscere l'importanza della direzione culturale e morale come aspetto dell'egemonia della classe operaia; b) respingere le posizioni che interpretano le ideologie alla stregua di arbitrarie illusioni ed apparenze; c) rispondere alle accuse secondo cui la relazione fra base e sovrastruttura nel marxismo non sarebbe dialettica, cosa che comporterebbe il ritorno al vecchio dualismo teologico, con l'economia che starebbe dietro la scena come una sorta di forza misteriosa ed occulta (il "dio ascoso" di Croce); d) introdurre in modo critico, all'interno del sistema di concezioni marxiste, il criterio di "distinzione" (critica della "dialettica dei distinti" di Croce). Con la nozione di "blocco storico", Gramsci vuole dunque indicare l'unità dialettica e la particolare relazione che si stabilisce nelle diverse fasi storico-politiche fra la struttura economica (il complesso dei rapporti di produzione, quindi la configurazione di classe di una società, che è l'elemento "meno variabile" del blocco) e la sovrastruttura (le istituzioni politiche, giuridiche, le diverse ideologie, che costituiscono dialetticamente il riflesso dell'insieme dei rapporti sociali di produzione e sono l'elemento più variabile in seno al blocco storico). In sostanza Gramsci afferma che si ha blocco storico quando si stabilisce, all'interno di determinate situazioni storiche, un rapporto omogeneo, un legame organico, un'effettiva integrazione tra struttura e sovrastruttura (cioè fra base economica ed istituzioni politico-sociali, correnti ideologiche e culturali dominanti).

 

La nozione di blocco storico è pertanto evidentemente connessa all'esercizio ed all'organizzazione del potere delle classi dominanti, e quindi alla teoria dello stato e della rivoluzione. Nel pensiero gramsciano, l'anello che assicura il rapporto organico struttura-sovrastruttura ed allaccia le diverse sfere sovrastrutturali è dato dagli "intellettuali". Il rapporto organico struttura-sovrastruttura assume dunque per il tramite degli intellettuali - veri e propri "funzionari" della classe dominante (anche se provengono in parte da classi alleate) nell'ambito delle sovrastrutture - una dimensione ed un'articolazione concreta, non solo teorica, ma politica-pratica. Essi sono il tramite di un indirizzo ideologico, politico, culturale e morale senza il quale non può esservi classe dirigente ed il blocco storico non può costruirsi né consolidarsi. Per i comunisti ad essere decisivo è quell'intellettuale organico e collettivo che è il "moderno Principe", cioè il partito comunista, che tramite i suoi membri (quadri forgiati nella lotta pratica e nella teoria rivoluzionaria, intellettuali socialisti sotto ogni aspetto) diffonde ed elabora l'ideologia proletaria, svolge un ruolo di direzione ideale, morale e culturale, compiendo la missione specifica di tessere la tela organica che unisce e mobilita gli elementi del blocco storico. Con ciò svolgendo una funzione decisiva per l'affermazione dell'egemonia della classe operaia e lo sviluppo del progresso culturale e materiale delle masse, vere protagoniste di tutto il processo. 

In sintesi: Quaderno 10 (XXXIII)

§ (13)

 1. Elementi di storia etico-politica nella filosofia della praxis: concetto di egemonia, rivalutazione del fronte filosofico, studio sistematico della funzione degli intellettuali nella vita statale e storica, dottrina del partito politico come avanguardia di ogni movimento storico progressivo.

 

“L’uomo è da concepire come un blocco storico di elementi puramente individuali e soggettivi e di elementi di massa e oggettivi o materiali coi quali l’individuo è in rapporto attivo. Trasformare il mondo esterno, i rapporti generali, significa potenziare se stesso, sviluppare se stesso. Che il «miglioramento» etico sia puramente individuale è illusione ed errore: la sintesi degli elementi costitutivi dell’individualità è «individuale», ma essa non si realizza e sviluppa senza un’attività verso l’esterno, modificatrice dei rapporti esterni, da quelli verso la natura a quelli verso gli altri uomini in vari gradi, nelle diverse cerchie sociali in cui si vive, fino al rapporto massimo, che abbraccia tutto il genere umano.”

Antonio Gramsci, Q.10, pag. 1705

Cfr. https://piattaformacomunista.com/BLOCCO_STORICO_GRAMSCI.pdf


- La civiltà contadina ha millenni di storia. Essa, nella società del positivismo capitalista colonialista dell’occidente industrialista, lascia tracce disseminate per coniugarsi con la modernità. La civiltà contadina è intrecciata alla storia dei gruppi subalterni attraverso la lotta delle classi. Le materiali condizioni dell’esistenza connotano lo stigma della subalternità e lo storico “integrale” ne ricostruisce l’appartenenza culturale prima che politica. L’appartenenza politica, infatti, sconta la frantumazione e disgregazione dei gruppi subalterni. Le tracce di “autonomia politica” sono prezioso materiale dunque, per lo storico “integrale”.

Ogni traccia di iniziativa autonoma da parte dei gruppi subalterni dovrebbe perciò essere di valore inestimabile per lo storico integrale; da ciò risulta che una tale storia non può essere trattata che per monografie e che ogni monografia domanda un cumulo molto grande di materiali spesso difficili da raccogliere.

Ivi, Q.25, §2, Ai margini della storia, 1934, pag. 2841

Possono esserci elementi di ‘direzione cosciente’, ma non c’è coscienza di classe e dunque ne svaniscono anche le tracce documentarie. Il sovversivismo spontaneo senza volontà politica collettiva è una traccia comunque di ‘iniziativa autonoma’, sebbene sottoposta all’egemonia dei gruppi delle classi dominanti: autonomia di ‘istinto’ di classe che diventa strumentale, in assenza di un soggetto politico della trasformazione rivoluzionaria cosciente ‘per sè’, delle frazioni più organizzate dei gruppi politici che esercitano il dominio. *

*si parla di «lotta di classe» anche in relazione ai conflitti tra le «diverse frazioni della borghesia», a conflitti cioè che contrappongono classi sfruttatrici o loro frazioni. Come sottolinea Il Manifesto (di Marx ed Engels, ndr) «la borghesia è sempre in lotta: dapprima contro l’aristocrazia, poi contro quelle parti della borghesia stessa i cui interessi sono in contraddizione col progresso dell’industria, e sempre contro la borghesia di tutti i paesi stranieri», Losurdo, pos.530, ed. digitale La lotta di classe: una storia politica e filosofica, Laterza, 2015. Cit. da Enzensberger H.M. (a cura di) (1977), Colloqui con Marx e Engels (1973), Einaudi, Torino.

“ Il concetto di subalterno si colloca tra l’essere sociale e la coscienza sociale, allude a un’esperienza di subordinazione e resistenza, una combinazione di spontaneità e coscienza che si manifesta in modo tendenziale e progressivo”,

Massimo Modonesi, Gramsci e il soggetto politico, Bordeaux, 2024, pag.58

Le citazioni dai "Quaderni dal carcere" di Gramsci sono tratte dall'edizione Einaudi, 1975, a cura di Valentino Gerratana, nell'ed.digitale.

 

In questo blog vedi: Aldo Serafini, Alleanze e blocco storico in Gramsci

ALLEANZE E BLOCCO STORICO IN GRAMSCI



a cura di Ferdinando Dubla, Subaltern studies Italia

 

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sabato 7 dicembre 2024

ALLEANZE E BLOCCO STORICO IN GRAMSCI

 

di Aldo Serafini (Piattaforma Comunista)



Antonio Gramsci - Manoscritto Quaderni dal Carcere


Sull'accezione di “blocco storico” come espressione della questione delle alleanze è necessario soffermarsi, per via della sua importanza. Innanzitutto, dobbiamo notare che il "blocco storico" non può semplicisticamente essere ottenuto, nella teoria come nella pratica, come risultato della composizione di entità quali "classe operaia" e "classe contadina". Restringere il concetto di "blocco storico" a quello delle relazioni di classe, significherebbe trasferire il contenuto del blocco storico al solo livello strutturale, ignorando il ruolo delle sovrastrutture, che come abbiamo visto è sua parte integrante. Dunque "blocco storico" non può essere confuso o ridotto ad "alleanza" fra classi diverse, benché una forte alleanza fra diverse classi e strati sociali sia sempre elemento necessario di un determinato "blocco storico". Un determinato blocco storico esprime indubbiamente il modo in cui una forza sociale egemonica dentro un contesto locale, nazionale o internazionale, riesce a conquistare e consolidare il potere stabilendo un sistema di alleanze con le forze sociali alleate. Al tempo stesso rappresenta molto di più di ciò, poiché indica tanto l'effettiva integrazione di una varietà di classi e strati sociali, quanto la capacità di impedire che le classi avversarie si organizzino per creare un nuovo blocco storico. Implica dunque tutto un rapporto fra struttura e sovrastrutture. Gramsci, con il concetto di "blocco storico" comprende il peso e la funzione che i gruppi intermedi hanno nella realtà sociale (in particolare quella italiana ed occidentale), la loro incessante presenza e trasformazione in campo sociale e politico; ne coglie le loro contraddizioni e le loro potenzialità, se inquadrati sotto la direzione del proletariato. A ben vedere, questo aspetto del blocco storico si origina della constatazione che la lotta di classe, specialmente in campo politico, non si sviluppa unicamente come scontro di due classi antagoniste, bensì come scontro fra due costellazioni di forze, ognuna delle quali è costituita da una classe fondamentale e da altre classi e strati sociali articolati in modo più o meno organico all'interno di una coalizione, la cui solidità dipende da vari fattori. Di fronte al blocco storico costituito dalla classe proprietaria dei mezzi di produzione, tende dunque a formarsi il blocco diretto dalla classe più rivoluzionaria che aspira alla conquista del potere politico ed all'instaurazione della direzione politico-ideologica dell'intera società (dittatura del proletariato) come tappa transitoria per porre fine alla dominazione di classe. La corretta interpretazione del marxismo e l'acquisizione del leninismo consentono a Gramsci di porre le basi di un'analisi del blocco storico concretamente formatosi in Italia nel processo risorgimentale (quello industriale-agrario che impedì ogni partecipazione delle grandi masse) e di gettare le fondamenta di una strategia rivoluzionaria adeguata al contesto, che presenta caratteristiche e problemi tali che Lenin aveva colto quando affermava che "da noi a noi è stato più facile cominciare, a voi sarà più facile continuare". Gramsci sostiene che al blocco storico dominante della borghesia, costituito dall'alleanza tra industriali del Nord e grandi proprietari terrieri del Sud, si deve contrapporre l'alleanza tra operai del Nord e contadini poveri del Sud e del Nord. Nel suo ultimo manoscritto redatto da uomo libero, "Alcuni temi della questione meridionale" del 1926 (rimasto incompiuto), egli affermava che il proletariato "può diventare classe dirigente e dominante nella misura in cui riesce a creare un sistema di alleanze di classe che gli permetta di mobilitare contro il capitalismo e lo Stato borghese la maggioranza della popolazione lavoratrice, ciò che significa, in Italia, nei reali rapporti di classe esistenti, nella misura in cui riesce a ottenere il consenso delle masse contadine". [..] Fondamento del nuovo blocco storico è la capacità della classe operaia di portare dalla propria parte i contadini e, progressivamente, tutte le classi subalterne, facendo perno sul partito come avanguardia rivoluzionaria e centro organizzativo di un'articolata azione di direzione e ricomposizione.

da https://piattaformacomunista.com/BLOCCO_STORICO_GRAMSCI.pdf 



Aldo Serafini (Firenze, 1928-2023)

 

Sulle categorie analitiche dei "Quaderni dal carcere" di  Gramsci cfr. anche in questo blog

 

IL "NESSO" DIALETTICO

 

 

 

TORNIAMO A GRAMSCI. E AL SOGGETTO POLITICO. RIVOLUZIONARIO.

 







martedì 3 dicembre 2024

IL "NESSO" DIALETTICO

 


Una nota “didattica” di Gramsci che, attraverso una metafora efficace e semplice, spiega un concetto fondamentale del marxismo, il nesso dialettico tra struttura e sovrastruttura, un legame affatto meccanico su cui costruire automatismi di ‘riflesso’, ma intreccio indissolubile interno ai sistemi sociali di cui si vogliono ‘svelare’ le apparenze fenomeniche, come il sistema originato dall’accumulazione capitalista e dalla proprietà privata dei mezzi della produzione e la ricerca dell’egemonia (categoria che diventerà centrale dell’analisi di Gramsci) attraverso forme e istituzioni sovrastrutturali. / fe.d.

 

STRUTTURA E SOVRASTRUTTURA - lo scheletro e la pelle

“Se gli uomini prendono coscienza del loro compito nel terreno delle superstrutture, ciò significa che tra struttura e superstrutture c’è un nesso necessario e vitale, cosí come nel corpo umano tra la pelle e lo scheletro: si direbbe uno sproposito se si affermasse che l’uomo si mantiene eretto sulla pelle e non sullo scheletro, e tuttavia ciò non significa che la pelle sia una cosa apparente e illusoria, tanto vero che non è molto gradevole la situazione dell’uomo scorticato. Cosí sarebbe uno sproposito dire che il colore delle guance sia la causa della salute e non viceversa ecc. (Il paragone del corpo umano può servire per rendere popolari questi concetti, come metafora appropriata). Non ci si innamora di una donna per la forma dello scheletro e tuttavia anche questa forma contribuendo all’armonia generale delle forme esterne e persino alla disposizione della pelle, è un elemento di attrazione sessuale. Semplice metafora perché mentre la storia registra mutamenti radicali di strutture sociali, nel regno animale si può parlare solo, caso mai, di lentissime evoluzioni.”

Antonio Gramsci, Quaderno 4 §8, 1930-1932, ed. Einaudi (a cura di) Valentino Gerratana 1975, ed. dig., pag. 506

 

Il pensiero gramsciano ha attraversato diverse sfide,  riuscendo non solo a sopravvivere alle macerie del 1989, ma addirittura ad uscirne rafforzato. Si è assistito, infatti, al moltiplicarsi di letture che, ‘liberate’ dai vincoli ideologici imposti dalla storia novecentesca, hanno incominciato un lavoro di “restauro” – come lo definisce Gerratana – capace di donare ancora più vigore all’opera di Gramsci.

Accanto a questa linea ‘filologica’ di interesse, ve n’è stata un’altra dettata da alcuni autori, i quali, interpretando il pensiero di Gramsci in modo originale, hanno tratto da esso tali spunti di riflessione e critici da influenzare profondamente i contesti nazionali in cui operavano.

Tra questi, di particolare importanza è il lavoro svolto da Esward Said per gli Stati Uniti; Ranajit Ghua per l’India; José Aricó, Juan Carlos Portantiero e il gruppo formatosi attorno alla rivista «Pasado y Presente» e «La Città futura», che influenzarono significativamente non solo l’Argentina, ma anche tutta l’America latina; Dora Kanoussi per il Messico; Carlos Nelson Coutinho in Brasile; Robert Cox e Stephen Gill per il Canada; Eisude Takemura e Hiroshi Matsuda in Giappone; Choi Jang-jip in Corea del Sud e Tian Shigang e Mao Yunze in Cina.

Cfr. V. Gerratana, Gramsci. Problemi di metodo, Roma, Editori Riuniti, 1997.

da Diego Lazzarich, Gramsci nella prospettiva di Stuart Hall, in Comunicazioni Sociali. Rivista Di Media, Spettacolo E Studi Culturali, Anno XXX, N. 2 (Maggio agosto),Vita E Pensiero, Milano 2008, Pp. 140 149.

 

a cura di Ferdinando Dubla

 

vedi anche in questo blog:

LA CONQUISTA DELLA COSCIENZA di CLASSE per ANTONIO GRAMSCI