ESTERNO GIORNO
Mario Scialoja, giornalista de l’Espresso quando era l’Espresso, autore
del libro “A viso aperto”, in cui nel 1994 fa ricostruire allo stesso Renato
Curcio, fondatore delle Brigate Rosse, la storia dal punto di vista
dell’organizzazione armata, ha riproposto una sua intervista a Franco Piperno,
recentemente scomparso, militante e teorico dell’Autonomia rifugiato, all’epoca
dell’intervista (23 dicembre 1984) in Canada. È importante, questa intervista,
per una serie di ragioni. Piperno è testimone diretto e attendibile della
‘trattativa’ che poteva salvare la vita dell’on. Moro, senza le immaginifiche
ricostruzioni complottarde nelle inchieste farlocche delle commissioni
parlamentari. Ebbe infatti una funzione di ‘pontiere’. Il partito della
‘fermezza’ statolatrica da un lato, congiunzione della ‘difesa dello Stato
democratico’ della DC e del PCI, dall’altra la richiesta di un ‘riconoscimento
politico’ al nemico del tutto simbolico, in quanto il ‘riconoscimento politico’
era stato comunque conquistato militarmente con la strage di via Fani a colpi
di mitra e morti ammazzati e rapimento. Non ebbe esiti questo tentativo di
Piperno e l’Autonomia di farsi latori, per il tramite di Morucci e Faranda
ormai eretici bierre e di Claudio Signorile per il PSI, di uno sbocco politico
che avrebbe salvato la vita dell’onorevole, rappresentante paradossalmente ‘il
cuore dello Stato’. Quello Stato che di lì a poco avrebbe trattato con il
partito-guerriglia di Senzani, un movimento prepolitico selvaggio e criminogeno
scissionista, infiltrato dalla camorra, alleato della criminalità organizzata,
che permise, a suon di miliardi di riscatto, siamo nel luglio 1981, di liberare
Ciro Cirillo, già Presidente della Regione Campania. L’Unità e il PCI aprirono
allora un’inchiesta giornalistica, ma era troppo tardi per cambiare
politicamente la ‘linea della fermezza’. Approfondiremo prossimamente questo
importante snodo, che è tutto politico. / fe.d
di Mario Scialoja
Nel
mio post del 15 gennaio 2025, in occasione della morte di Franco Piperno, ho
raccontato, tra molto altro, di averlo intervistato in Canada, ma che non
riuscivo a rintracciare l'articolo. Un mio gentile ex collega dell'Espresso,
molto più attrezzato di me, dopo aver letto, mi ha mandato fotocopia
dell'intervista fatta a Montreal.
Faccio
notare che è datata 23 dicembre 1984, assai prima che cominciassero a fiorire
libri di tutti i tipi sulle Brigate Rosse, tra cui spericolate narrazioni
dietrologiche e complottistiche.
Penso
possa essere interessante pubblicare dei passaggi di quella testimonianza.
"Giaccone
imbottito, sovrascarpe di gomma contro la poltiglia nevosa che già da tempo
copre la città, quando Franco Piperno entra nell'albergo appare assolutamente
mimetizzato. Si trova in Canada da più di tre anni...".
Durante il sequestro
Moro lei collaborò con i socialisti, presentandosi come qualcuno che poteva far
arrivare messaggi alle BR e ricevere segnali sugli umori dei brigatisti...
" Non sono io che
mi sono presentato ai socialisti, ma loro che mi hanno cercato. Accettai di
collaborare al loro tentativo di salvare la vita di Moro perché mi sembrava che
in gioco non c'era solo un fatto umanitario, ma anche il futuro di tutto il
Movimento nato col '68. Durante i 55 giorni del sequestro non ho avuto incontri
diretti con nessun dirigente BR, ivi compreso Morucci. Però in quel periodo
alcuni militanti di Potere Operaio erano entrati nelle BR pur continuando a
mantenere dei collegamenti con i vecchi compagni. Era quindi relativamente
facile far arrivare e ricevere messaggi...".
E' stato detto che lei
si incontrò con Mario Moretti e che lui, durante una vivace discussione, la
minacciò con una pistola.
"Non mi sono mai
incontrato con Moretti durante il sequestro. L'avevo conosciuto anni prima e
l'ho rivisto dieci mesi dopo la morte di Moro. Durante quell'incontro Moretti
tentò di giustificare l'uccisione del leader democristiano sostenendo che le BR
non avevano avuto scelta: secondo lui l'irremovibile rigidità della Dc e del
PCI non avevano lasciato nessuno spazio di manovra. Ovviamente, i nostri punti
di vista divergevano, ma la discussione fu pacata e non venne fuori nessuna
pistola." ...
Moretti e Morucci hanno
affermato che "la vita di Moro fu salvabile fino all'ultimo". Alcuni
pentiti invece affermano che la sua uccisione era decisa fin dall'inizio...
"Tutti i segnali
che mi sono arrivati durante il sequestro
stavano ad indicare che una trattativa era possibile. Addirittura, nei
primi giorni di maggio, quando ero in contatto con Claudio Signorile, avevo
avuto la sensazione che una soluzione positiva era vicinissima, a portata di
mano...
Mi risulta che in quei
55 giorni all'interno delle BR la discussione su come gestire il sequestro fu
una discusswione reale e non fittizia. Voglio dire che non vi eraq un esito
prefissato. Quanto alle affermazioni dei pentiti che sostengono che Moro era
comunque condannato a morte, sono convinto che più che di testimonianze si
tratti di ricostruzioni di comodo ad uso del partito della fermezza che tenta
così di legittimare il suo rifiuto di qualsiasi tentativo di salvare la vita di
Moro"
....
"Mi sono
incontrato con Signorile tre o quattro volte. La prima, nella secona metà di
aprile, a casa del direttore del vostro giornale Livio Zanetti. Le altre volte
a casa di un comune amico. Signorile mi presentò la proposta studiata dai
socialisti : liberazione di un paio di detenuti politici per motivi di salute e
alleggerimento del regime delle carceri speciali...Fu durante il terzo incontro,
all'inizio di maggio, che una soluzione sembrò delinearsi. Signorile aveva
parlato con Fanfani, spiegandogli che era fondamentale dimostrare una
disponibilità a stabilire un dialogo pubblico con le BR. Fanfani si disse
d'accordo, "per salvare la vita all'amico Moro", ad esprimere una sua
disponibilità in occasione di un comizio elettorale che doveva aver luogo nel
pomeriggio di domenica 7 maggio...
Purtroppo, domenica
mattina Signorile mi fece avvertire che la dichiarazione non l'avrebbe fatta
Fanfani, ma il senatore Giuseppe Bartolomeo.
La sera sentii in
televisione i farfugliamenti di Bartolomeo e capii che la situazione non poteva
che precipitare. Ma non potevo fare niente perché non avevo la possibilità di
stabilre un contatto con i brigatisti a mio piacimento. Se avessi potuto, gli
avrei suggerito di attendere il discorso di Fanfani previsto per martedi
mattina, alla direzione DC.
Ricostruendo la vicenda
col senno di poi mi convinco sempre di più che per salvare Moro mancò
pochissimo: resta per me un mistero perché Fanfani non pronunciò quella piccola
frase che avrebbe potuto salvare una vita".
Il pentito Carlo Bozzo,
ex brigatista della colonna genovese, ha detto in un'intervista all'Espresso,
che "un autorevole esponente del PSI si sarebbe incontrato con Moretti in
una villa fuori Roma per tantare la liberazione". Lei ne sa qualcosa ?
"Non escludo
affatto la possib ilità che leader BR si siano incontrati durante il sequestro
con dirigenti del PSI. In quei 55 giorni, infatti, i brigatisti attivarono tutti
i loro contatti possibili col mondo politico proprio perché erano interessati a
trattare e ottenere un risultato. Credo però di poter escludere che un leader
BR come Moretti si sia incontrato in quei giorni con Craxi o Signorile".
Perché dice questo ?
"Perché se
Signorile avesse visto Moretti non avrebbe avuto bisogno di me. Quanto a Caxi,
quando lo incontrai un paio di mesi dopo l'uccisione di Moro, ebbi la precisa
impressione che la sua conoscenza, o meglio mancata conoscenza, del fenomeno
brigatista escludesse dei suoi precedenti colloqui con personaggi come
Moretti"
Come mai lei vide Craxi
?
"Su sua
iniziativa. Mi fece sapere che era interessato a parlarmi...Il colloquio durò
più di due ore. Mi espose la sua convinzione che la lotta armata in Italia
fosse segretamente diretta da "potenze straniere". Usava associazione
di fatti e circostanze assolutamente fragili e anche sbagliate. Più che capire
il fenomeno terroristico, sembrava interessato a darne una lettura che fornisse
degli spunti in chiave anti-PCI. Rimasi sconcertato dalla sua
disinformazione...Io tentai di esporgli un punto di vista più realista: il
carattere assolutamente endogeno della lotta armata in Italia. Le mie
affermazioni sembrarono deluderlo."
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“CON” RIVOLUZIONE - ‘ali’ di piombo in occidente
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