Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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lunedì 30 settembre 2013

PER UNA SANA E ROBUSTA COSTITUZIONE



Testo del volantino che sarà distribuito al banchetto di piazza della Vittoria, domenica 6 ottobre c.a., dalle ore 9.30 -- a cura della Federazione Provinciale del Partito dei Comunisti Italiani di Taranto



PER UNA SANA E ROBUSTA COSTITUZIONE

Di fronte alle miserie, alle ambizioni personali e alle rivalità di gruppi spacciate per affari di Stato, invitiamo i cittadini a non farsi distrarre. Li invitiamo a interrogarsi sui grandi problemi della nostra società e a riscoprire la politica e la sua bussola: la Costituzione. La dignità delle persone, la giustizia sociale e la solidarietà verso i deboli e gli emarginati, la legalità e l’abolizione dei privilegi, l’equità nella distribuzione dei pesi e dei sacrifici imposti dalla crisi economica, la speranza di libertà, lavoro e cultura per le giovani generazioni, la giustizia e la democrazia in Europa, la pace: questo sta nella Costituzione. La difesa della Costituzione non è uno stanco richiamo a un testo scritto tanti anni fa. Non è un assurdo atteggiamento conservatore, superato dai tempi. Non abbiamo forse, oggi più che mai, nella vita d’ogni giorno di tante persone, bisogno di dignità, legalità, giustizia, libertà? Non abbiamo bisogno di politica orientata alla Costituzione? Non abbiamo bisogno d’una profonda rigenerazione bonificante nel nome dei principi e della partecipazione democratica ch’essa sancisce?

Invece, si è fatta strada, non per caso e non innocentemente, l’idea che questa Costituzione sia superata; che essa impedisca l’ammodernamento del nostro Paese; che i diritti individuali e collettivi siano un freno allo sviluppo economico; che la solidarietà sia parola vuota; che i drammi e la disperazione di individui e famiglie siano un prezzo inevitabile da pagare; che la partecipazione politica e il Parlamento siano ostacoli; che il governo debba essere solo efficienza della politica economica al servizio degli investitori; che la vera costituzione sia, dunque, un’altra: sia il Diktat dei mercati al quale tutto il resto deve subordinarsi. In una parola: s’è fatta strada l’idea che la democrazia abbia fatto il suo tempo e che si sia ormai in un tempo post-democratico: il tempo della sostituzione del governo della “tecnica” economico-finanziaria al governo della “politica” democratica. Così, si spiegano le “ineludibili riforme” – come sono state definite –, ineludibili per passare da una costituzione all’altra.

La difesa della Costituzione è dunque innanzitutto la promozione di un’idea di società, divergente da quella di coloro che hanno operato finora tacitamente per svuotarla e, ora, operano per manometterla formalmente. È un impegno, al tempo stesso, culturale e politico che richiede sia messa in chiaro la natura della posta in gioco e che si riuniscano quante più forze è possibile raggiungere e mobilitare. Non è la difesa d’un passato che non può ritornare, ma un programma per un futuro da costruire.

giovedì 19 settembre 2013

GRECIA: I PROFESSORI IN SCIOPERO SCRIVONO AGLI STUDENTI



Cara nostra studentessa, caro nostro studente,

è passato ormai molto tempo da quando questi giorni di settembre erano per tutti noi un dolce ritorno a scuola, con lo scambio delle esperienze estive, con la progettazione e le decisioni sul nuovo anno scolastico, con il rinnovo della promessa che faremo tutto il possibile per vivere bene. È passato ormai molto tempo da quando i governi dei Memoranda, e tutti coloro che li servono, hanno deciso di distruggere la Scuola Pubblica, di trasformarla in un’azienda grigia e severa, che avrà spazio solo per i figli di pochi.

Qualcuno cerca di convincerci che si tratta di una cosa normale e logica. Aspettano di farci “abituare” alla distruzione. Ma tutti sappiamo che questo sarà difficile che succeda. Perché non possiamo vivere così. Ma anche perché vorrà dire che dobbiamo rinunciare, sia noi che tu, a essere delle persone. Ad un mondo migliore. Alla forza del tuo impeto giovanile e creativo, al desiderio forte di cambiare le cose intorno a te contro le abitudini ed il compiacimento dei grandi.

Dopo questo settembre, quindi, niente sarà lo stesso. Noi, i tuoi professori, abbiamo deciso di ribellarci con uno sciopero per la difesa della Scuola Pubblica, della nostra e della tua vita. Di fronte a noi abbiamo i dirigenti dei ministeri, i manager ben pagati, i telegiornali, che non hanno smesso di ripetere che la nostra lotta nuocerà alla scuola… non la loro politica barbara! Queste persone, vivendo da anni nei salotti del potere, non sono in grado di rendersi contro dei tuoi bisogni, delle tue ansie, dei tuoi sogni. Queste persone del sistema, sanno solo fare i conti e in questi conti hanno trovato che la Scuola Pubblica è di troppo.

Durante l’estate, hanno portato avanti l’opera distruttiva della fusione/abolizione di scuole. Hanno chiuso all’improvviso, in una notte, molte scuole e hanno abolito alcune specializzazioni dell’educazione tecnologica, spingendoti tra le “braccia” delle scuole private. Nel contempo, il governo cerca di completare la trasformazione della scuola in un campo di esami forzati, un centro di allenamento per gli esami, visto che invece di elaborare un programma che mirerà alla conoscenza sostanziale e versatile e che ridurrà la pressione insopportabile che stai vivendo, crea un meccanismo disumano di setaccio di persone, basato sugli esami continui, dalla Scuola Media fino al tuo ultimo giorno nel Liceo.

Vogliono spaccare la tua gioventù. Vogliono farti abituare al controllo, così domani sarai un impiegato obbediente. Vogliono cacciarti via dalla scuola, così diventerai un lavoratore non specializzato “conveniente”, se riuscirai a trovare un lavoro. Progettano una vita scolastica sgraziata e spiacevole, con più ragazzi nelle classi e nei laboratori, con meno professori che correranno trafelati, ognuno di loro in molte scuole, per assolvere il loro compito. Con lo stesso disprezzo per qualsiasi cosa viva e bella, le stesse persone secche ci impongono di essere “valutati”, cioè di trasformare quello che amiamo di più (i nostri studi e la nostra educazione, i programmi ed i lavori che facciamo insieme a te, tutte quelle ore di gite, di spettacoli teatrali, di discussioni, di prove e di concerti) in “carte” che riempiranno la nostra cartella, per salvarci dal licenziamento. Insieme a questo, hanno creato un asfissiante codice disciplinare che ci vuole persone docili, che pensino a “insegnare” e a niente altro.

Cominciamo questo anno scolastico in meno: con delle scuole chiuse nell’educazione tecnica e generale, con oltre 10.000 colleghi ai quali hanno tagliato la strada verso la scuola. È una situazione che tu conosci in prima persona: perché sono anche i tuoi genitori che subiscono lo stesso violento attacco con i tagli ai salari, i licenziamenti, la chiusura dei negozi e il disperato mostro della disoccupazione. Perché sei anche tu che tutti i giorni devi contare i pochi spicci di fronte alla mensa, avvelenare il tuo successo agli esami di ammissione con lo stress per le possibilità economiche, che ci chiedi se ha più senso studiare quello che volevi o se c’è qualche altra facoltà che ti porta ad un “salario più sicuro” per sfuggire, magari, dalla miseria. Perché sono anche i tuoi fratelli e i tuoi amici, cioè i nostri studenti di ieri, che ci dicono che qui non ce la fanno più e che cercano fortuna all’estero, sulla strada dell’emigrazione, che in passato avevano percorso i loro nonni e speravamo che non dovessimo rivivere per forza.

I nostri problemi sono comuni. Non solo per noi e per te che viviamo, creiamo, lottiamo e sogniamo nello stesso spazio, ma per l’intera società. Una società che può permettersi di subire inerte gli attacchi che si susseguono uno dopo l’altro. Ed è per questo che noi, i tuoi professori e le tue professoresse, abbiamo deciso di ribellarci in questa lotta decisiva, che romperà la putrefazione del “niente può succedere”. In questa lotta vogliamo al nostro fianco tutti i lavoratori. Vogliamo i tuoi genitori, ma abbiamo bisogno anche di te. Non per evitare gli obblighi che sono nostri. Il costo della lotta lo subiremo noi, completamente, nonostante le zozzerie che trasmettono alcuni media. Ti vogliamo al nostro fianco, come anche dentro l’aula, perché è la tua partecipazione che dà senso alla nostra lotta. Solo insieme possiamo rompere il dominio del fatalismo e della miseria, solo insieme possiamo rimanere in piedi e dimostrare che non siamo solamente “un altro mattone nel loro muro”, un altro ingranaggio nella loro macchina.

Dopo questo settembre quindi, niente sarà più uguale. Questa lotta o sarà vinta dalle politiche della Troika e del governo che la serve, che ci impongono la devastazione e la miseria, o sarà vinta da noi, aprendo la strada per la scuola del futuro, per una vita creativa e libera, per tutti. Noi, i tuoi professori e le tue professoresse, ti chiediamo di stare al nostro fianco, di aggiungere la tua determinazione alla nostra e di diventare parte dell’enorme fiume popolare che riempirà le strade del paese e vincerà!

Con affetto, i tuoi professori e le tue professoresse in lotta!

martedì 10 settembre 2013

Anief. Decreto-legge Scuola: pasticcio del Governo sui precari



Anief - Ignorata la giurisprudenza nazionale e comunitaria. Pronta una nuova stagione di ricorsi in tribunale. Per Anief-Confedir è illegittimo assumere un precario a condizione di non pagargli l’anzianità di servizio, confermare i tagli delle scuole autonome cancellati dalla Consulta, escludere dalle nuove procedure concorsuali per dirigente i docenti con servizio pre-ruolo come indicato dal Tar Lazio o esonerare dei docenti per reggere le scuole scoperte mentre non si paga l’indennità di reggenza ai vicari, ritardare la stabilizzazione dell’organico di sostegno.

Scuola: sulle assunzioni Anief-Confedir ricorrerà alla Corte di giustizia europea

Il Governo prevede la stabilizzazione dei precari a condizione che siano pagati come supplenti, senza progressione di carriera, per evitare la condanna della UE. Programma un piano triennale di immissioni in ruolo dai numeri indefiniti ma congela gli aumenti di stipendio che spettano dopo anni di servizio. Plaudono quei sindacati che hanno già bloccato gli aumenti ai 90.000 assunti negli ultimi due anni con la firma del contratto del 4 agosto 2011.

Anief-Confedir non può barattare il diritto alla parità di trattamento tra i lavoratori alla base del decreto legislativo 29/93 che ha privatizzato il rapporto di lavoro nel pubblico impiego, tanto più se su richiesta del datore di lavoro che intende aggirare il principio di non discriminazione stabilito dalla normativa comunitaria (direttiva 1999/70/CE).

Grazie all’azione dell’Anief-Confedir, oggi, un supplente dopo quattro anni di servizio su posto vacante e disponibile ricorre al tribunale del lavoro per ottenere un risarcimento danno per la mancata stabilizzazione e gli scatti biennali di anzianità; ora per evitare nuove condanne il Governo interviene per assumere quel precario ma pagandolo sempre con lo stipendio iniziale per i prossimi dieci anni. Questo è un vero e proprio imbroglio. Se i posti sono vuoti si devono fare le immissioni e l’amministrazione non può fare quello che viene vietato dai giudici ad un’azienda privata, sfruttare i lavoratori precari. Da quanto l’ultima volta, infatti, i sindacati in un contratto hanno realizzato l’invarianza finanziaria come previsto dal decreto legge, è stata congelata la ricostruzione degli ultimi dieci anni di servizio. Non è precarizzando il rapporto di lavoro dei neo-immessi in ruolo che si combatte la piega del precariato.

sabato 7 settembre 2013

STOP AI TAGLI ALLA SCUOLA, BASTA CON IL PRECARIATO: lo conferma una ricerca di Save the children


In aumento i contributi richiesti alle famiglie, che finanziano l’acquisto dei materiali per la didattica (78%), ma concorrono anche a sostenere l’insegnamento delle materie curricolari (31%) ed extra (44%)

All’avvio dell’anno scolastico, l’Organizzazione lancia un ritratto della scuola italiana: per circa il 40% dei genitori il livello della scuola italiana rimane elevato, ma 1 ragazzo su 4 lo ritiene appena accettabile. Il precariato degli insegnanti è un ostacolo per il percorso scolastico dei ragazzi per il 87% dei genitori, mentre per 84% la motivazione dei docenti influisce sul livello di insegnamento.

Quale fotografia della scuola emerge dalle considerazioni di genitori e ragazzi italiani? La visione dei genitori scattando l’istantanea sulla scuola, è un peggioramento più o meno grave (87%, 1 genitore su 4 ritiene il peggioramento molto grave, con picchi del 37% in Sardegna e 33% in Lazio), che viene imputato a carenza di fondi (35%, con picchi del 41% in Piemonte e Lombardia), depauperamento di strutture e dei servizi (27%, che tocca il 33% in Veneto e Puglia).

Questi alcuni dei dati inediti della ricerca “Il ruolo e le condizioni del sistema educativo italiano” 1 realizzata da Ipsos per Save the Children all’avvio dell’anno scolastico, che traccia un ritratto in chiaroscuro della scuola italiana.

Nonostante tutto però, il 40% dei rispondenti trova di qualità elevata la scuola italiana (51% in Sicilia e 45% in Piemonte) e l’insegnamento impartito (l’8% dei genitori è completamente d’accordo con questa affermazione, il 32% abbastanza d’accordo), mentre lo stato di inadeguatezza (se non di fatiscenza vera e propria) delle strutture ospitanti è rilevato da 9 su 10 intervistati (90%), dato che arriva alla quasi totalità del campione in Sicilia (96%) e Lazio (94%)

“I dati di questa indagine ci dimostrano che il nostro Paese si caratterizza sempre di più per le forti disuguaglianze educative. Nel percorso scolastico dei bambini hanno sempre più peso i divari di tipo economico, sociale e culturale delle famiglie e dei territori di provenienza”, dichiara Raffaela Milano Direttore Programmi italia – EU di Save the Children. “L’anno scolastico si apre in uno scenario allarmante: meno tempo scuola, scarse opportunità di formazione dei docenti, edifici insicuri, classi affollate, taglio delle attività extrascolastiche, discriminazione nei servizi di refezione, offerta insufficiente di servizi per la prima infanzia: tutto questo colpisce i minori, in particolare quelli dei contesti più svantaggiati, e compromette le loro opportunità di crescita.”

La famiglia gioca un ruolo chiave nel sostegno economico delle attività scolastiche, provvedendo molto spesso (78% di adulti) all’acquisto o al finanziamento dell’acquisto di materiali destinati alla didattica, come carta, e fotocopie (valori che salgono all’86% in Puglia e Piemonte e all’81% in Toscana e Emilia, ma anche di altre necessità di carattere più generale (tipicamente, la carta igienica – 51% tra i genitori, che arriva al 61% in Puglia e 60% in Piemonte).

I genitori concorrono anche a sostenere l’insegnamento di alcune materie, più spesso in aggiunta al corso di studi (44%, 52% in Piemonte e 48% in Lazio), ma anche materie previste dal curriculum studiorum (31%, che diventa 40% in Campania e 39% in Lazio).

Anche i ragazzi confermano questi dati: il 70% di loro dice che la famiglia contribuisce all’acquisto di materiale didattico, il 26% parla del materiale igienico-sanitario, 24% dei costi sostenuti per le materie extra curricolari e il 17% per quelle curricolari.

Secondo la stragrande maggioranza dei genitori italiani, questi costi sono nettamente aumentati nell’ultimo periodo: ben l’81% dice di aver dovuto contribuire in misura maggiore all’acquisto del materiale didattico nell’ultimo periodo (carta, fotocopie etc.), dato che arriva al 92% in Lombardia e 86% in Liguria. Per il 78%, gli aumenti hanno riguardato il contributo per l’insegnamento di materie curricolari (il dato arriva a ben il 93% in Campania), mentre il 76% dice di aver subito l’impennata dei costi del servizio mensa (con picchi dell’84% in Lombardia e 82% in Veneto) e i contributi per il materiale non didattico (che arriva all’84% in Sardegna e all’83% in Lombardia).

I genitori italiani, inoltre, riconoscono che le precarie condizioni in cui gli insegnanti si trovano a lavorare agisce da barriera in due sensi, da un lato perché di fatto essa ostacola un percorso scolastico organico e fluido per i ragazzi (87%, che arriva al 91 e 90% rispettivamente in Sicilia ed Emilia Romagna), dall’altro perché la motivazione dei docenti influisce sul livello di insegnamento (84%, che tocca il 90 e 88% rispettivamente in Sicilia e Toscana) e sul riconoscimento della figura del docente come adulto di riferimento (79%, con picchi dell’86 e 84% in Puglia e Campania).

Anche i ragazzi hanno una chiara percezione delle difficoltà finanziarie del sistema scolastico italiano (33%), e della scarsa qualità delle strutture scolastiche (21%). 1 ragazzo su 4 ritiene che la condizione della scuola sia appena accettabile, il 12% di essi la ritiene bassa, mentre 1 ragazzo su 10 la reputa molto buona.

Gli studenti intervistati concordano con gli adulti che la misura più urgente per migliorare ulteriormente la loro scuola prevede la garanzia di un corpo insegnanti stabile, al fine di garantire un corretto percorso di studi (51%), ma vada altresì garantita la formazione dei docenti (25%), gli interventi sulla struttura che ospita la scuola (16%), come la lotta alla precarietà come leva motivazionale (9%).

“Il governo ha assunto alcuni impegni importanti sul fronte scolastico, come lo stanziamento dei fondi per l’edilizia scolastica o il rilancio dei programmi di contrasto alla dispersione nelle regioni del Sud. È indispensabile rafforzare questo impegno, invertire decisamente la rotta rispetto alla stagione dei tagli degli investimenti per l’istruzione (nel periodo 2008-2011 la scuola ha subito tagli per 8,4 miliardi di euro e l’Italia spende per la scuola il 4,7% del PIL rispetto al 6,3% della media OCSE). Non possiamo lasciare solo sulle spalle degli studenti, delle famiglie e dei docenti questo enorme problema. E’ indispensabile rimettere concretamente la scuola al centro dell’attenzione delle istituzioni e della opinione pubblica”, conclude Raffaela Milano.
Per scaricare l’intera ricerca “ Il ruolo e le condizioni del sistema educativo italiano 

mercoledì 4 settembre 2013

Lettera di inizio anno alla ministra Carrozza



Fonte: Il Manifesto | Autore: Giuseppe Caliceti

Gentile ministro Carrozza, le scrivo perché un anno scolastico è finito da poco e un altro, tra poco, comincerà. Come sempre sui giornali in questo periodo c'è l'articolo di costume sulla scuola. L'inizio dell'anno scolastico è sempre un avvenimento. Comunque, nonostante i tanti tagli al personale e ai fondi per la formazione e la ricerca, anche quest'anno cominceremo e questa, di questi tempi, è già una buona notizia.

Gentile Carrozza, continua la campagna denigratoria nei confronti dei docenti italiani di ogni ordine e grado. Nonostante siano i meno pagati d'Europa. Si parla di aumentare le ore di docenza frontale sulla classe da 18 a 24 ore. E di tagliare le ferie un po' a tutti per recuperare ore da richiedere poi ai docenti per coprire le supplenze.

Perché una cosa ormai è chiara: se un docente si ammala, lo stato non è disposto più a pagare altre ore per un supplente. Restano perciò dubbi sul pagamento del diritto alle ferie del personale precario per la scuola, che l'Unione Europea continua a condannare. Perché? Ci viene ripetuta una cosa: che bisogna ulteriormente risparmiare. Sempre sulla pelle degli studenti. E sulla nostra. Ma bisogna farlo con stile. Salvaguardando la qualità. Anzi, possibilmente incrementandola. Non è possibile? Allora si faccia almeno un po' di buon marketing nei confronti dell'«utenza», dei «clienti» della «scuola-azienda»: i genitori degli studenti della scuola pubblica.

Cara Carrozza, parliamo di soldi prima di riempirci la bocca con tante altre parole come è stato fatto in questi anni. Perché senza soldi è ridicolo parlare di incremento della qualità. La vera qualità è il rapporto tra numero dei docenti e numero degli studenti, e qui le classi continuano a essere sempre più numerose. Non va bene. Sempre a proposito di soldi: quando e come verrà rinnovato il contratto collettivo nazionale del comparto scuola fermo dal 2009? Il mondo è andato avanti alla velocità della luce, ma le retribuzioni sono bloccate: le retribuzioni del personale scolastico vedono gli scatti di anzianità ancora sospesi. Si parla di riformarli: come? Si dice «secondo la produttività» del singolo lavoratore: può spiegare, per favore, cosa intende per maggior produttività di un docente? E con la sicurezza delle scuole, siamo a posto? Con quanti alunni per classe? E in caso di infortuni agli studenti, di chi è la colpa?

Come lei sa, signora Carrozza, la nostra scuola è stata trasfigurata dai processi di aziendalizzazione e razionalizzazione, che nella pratica hanno significato solo pesantissimi tagli. È veramente impensabile oggi dare più risorse alla scuola, assegnare maggiore importanza al ruolo degli insegnanti, ridurre il numero di alunni per classe ed evitare assolutamente un aumento delle ore di insegnamento? Da un'indagine realizzata dalla Swg per la Gilda degli Insegnanti, emerge che il problema ritenuto più importante riguarda le scarse risorse destinate alla scuola (78% «molto importante» e 17% «abbastanza importante»), seguito dalla scarsa importanza sociale di cui gode la categoria («molto importante» 71%, «abbastanza importante» 23%). Al terzo posto, il numero eccessivo di alunni per classe (rispettivamente 70 e 24%); subito dopo gli stipendi troppo bassi e l'inadeguatezza delle strutture e il degrado degli ambienti.

Un'ultima cosa: le prove Invalsi. Sono giudicati dal 78% dei docenti non utili per la valutazione delle scuole. E non tanto, come si dice, perché i docenti sono refrattari a essere giudicati ma perché ancora nessuno ha detto chiaramente cosa si intende per merito di un docente. Non vorremmo che, come accadde per alcune categorie lavorative - i soldati, i religiosi, i burocrati, eccetera, - un certo grado di obbedienza acritica e servilismo possa essere considerata come criterio di merito per una professione come quella del docente. Quando si afferma di voler legare le progressioni di carriera e di retribuzione anche a fattori legati al merito, riducendo la rilevanza del parametro anzianità, occorre chiarire nei particolari cosa si intende per merito o il discorso è vuoto.

lunedì 2 settembre 2013

Siria: NO alla guerra



di Fosco Giannini ( segretario regionale Marche PdCI) e Maurizio Belligoni ( segretario regionale Marche PRC) 


Sempre più insistenti si levano le voci di guerra contro la Siria. Rivolgiamo quattro domande a coloro che non si sono ancora fatti un’idea della crisi siriana, o che hanno già scelto di stare dalla parte degli USA e della NATO: primo, la Siria è così lontana che l’Italia non deve temere nulla da una guerra, dal proprio coinvolgimento nel conflitto? Secondo, il coinvolgimento italiano avrà un prezzo economico? E se lo avrà, chi lo pagherà? Terzo, come e perché si è aperta la crisi siriana? Quarto, perché gli USA vogliono attaccare? Andiamo per ordine: è del tutto evidente che la Siria è vicinissima all’Italia e se il governo Letta scegliesse di entrare in guerra il nostro territorio, le nostre popolazioni , potrebbero divenire immediatamente obiettivi di ritorsione terroristica e a colpire potrebbe essere ognuna delle schegge estremistiche che la guerra stessa ha liberato. La guerra, inoltre, favorirebbe un esodo di massa che troverebbe, innanzitutto nelle sponde italiane, il primo approdo. Avrebbe un prezzo il coinvolgimento italiano? Lo avrebbe e sarebbe un prezzo economico altissimo.
Quando gli USA decidono le loro guerre e chiedono all’Italia di intervenire ( Afghanistan, Jugoslavia, Libia e tante altre aree del mondo) le spese belliche non sono sostenute da chi la guerra la decide: paga l’Italia, paga il popolo italiano, i lavoratori, i pensionati, i giovani, i disoccupati. La crisi è già alta, ormai tante, troppe, famiglie italiane vendono l’oro di casa per sopravvivere: un nuovo impegno militare italiano significherebbe, subito, nuovi tagli alla scuola, alla sanità, ai trasporti, ai già magrissimi salari e stipendi, alle pensioni. La guerra italiana non la pagherebbero né gli USA, né la NATO, né i ricchi italiani: la pagherebbe il popolo, la povera gente. La pagherebbe quella stessa persona, quel lavoratore, cui “la guerra non interessa”, ma che deve invece sapere che con tutti i soldi che i governi italiani hanno già speso in Afghanistan, per aderire alla guerra americana, si sarebbero potute mettere in sicurezza le scuole italiane, si sarebbe potuto eliminare il ticket sulla sanità, si sarebbero potute aumentare le pensioni da fame. Ma come e perché si è aperta la crisi siriana? Si è essenzialmente aperta attraverso la stessa strada che gli USA e i paesi del vecchio e nuovo colonialismo europeo (Francia e Gran Bretagna in testa) avevano già utilizzato contro la Libia: organizzando, addestrando e pagando sempre più nutriti gruppi militari, paramilitari, terroristici interni ed esterni alla Siria, affidando loro il compito di unirsi alle forze contrarie al governo, per destabilizzare l’intera Siria. Il paradosso è che, attraverso questo disegno, gli USA hanno evocato e messo in campo, in Siria, le stesse forze islamiste radicali vicine ad al Qaeda che Obama vuole combattere a livello mondiale e che nella Siria laica di Assad sono ferocemente antigovernative. Ma perché gli USA ( con gli alleati a fianco) hanno voluto ostinatamente aprire la crisi siriana? Perché vogliono far fuori (con la guerra) il legittimo potere di Assad , rischiando di mandare al potere, a Damasco, l’islamismo estremista? Semplice: perché la Siria di Assad è vicina ai paesi del Brics ( Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa), è vicina ai paesi dell’America Latina che cercano una loro indipendenza, al Venezuela che vuol costruire il socialismo, è vicina ai nuovi , sette, grandi paesi dell’Africa che vogliono affrancarsi dagli antichi domini imperialisti e coloniali e cercano un’alleanza con i paesi del Brics; perché la Siria di Assad è vicina al popolo palestinese e non è subordinata ad Israele. Per gli USA questa politica siriana, specie in Medio Oriente, è intollerabile. Dunque, hanno sostenuto un vastissimo attacco terroristico dall’esterno che ha già distrutto la Siria e provocato un genocidio. Ma oggi, l’attacco diretto della NATO è particolarmente pericoloso, poiché proprio in virtù del fatto che la Siria ha profonde relazioni con l’intero e vasto mondo progressista, a partire dai paesi del Brics, la possibilità di un allargamento internazionale del conflitto è verosimile. Ma perché, oggi, gli USA vogliono attaccare direttamente, con i loro aerei da guerra e con le bombe della NATO? Semplicemente, perché il terrorismo portato dall’esterno non riesce a vincere; semplicemente perché la stragrande maggioranza del popolo siriano è con Assad e contro i “ribelli” sostenuti dagli USA, dalla NATO, dalla Turchia e dall’ Arabia Saudita. Ora che gli USA vogliono attaccare, serve loro la prova estrema della “ferocia” antiumana di Assad e raccontano al mondo del gas nervino che l’esercito siriano avrebbe utilizzato contro le popolazioni. Dieci anni fa Colin Powell, per motivare la decisione USA di attaccare l’Iraq, mostrò all’ONU, in una sceneggiata ormai storica, una fialetta vuota che doveva dimostrare che l’Iraq disponeva di armi chimiche. Ma quando i marines entrarono nell’Iraq distrutto dai bombardamenti USA, inutilmente, per mesi e mesi, cercarono “ la pistola fumante” irachena, le armi chimiche, atomiche. Non c’era nulla, solo la distruzione di un Paese e il massacro di un popolo, pianificati dalla Casa Bianca. Negli ultimi cinquant’anni è stata la stessa CIA, dopo le guerre (dopo quella del Vietnam, ad esempio) a rivelare al mondo i casus belli costruiti ad arte dagli USA per motivare un attacco. Oggi,di nuovo, gli USA e la NATO, dopo aver deciso di colpire direttamente la Siria, ci dicono che il 21 agosto l’esercito di Assad avrebbe fatto uso, a Ghouta, di gas nervino. Al di là del fatto che i servizi segreti USA dovrebbero aver inciampato in qualche errore, nel percorso di preparazione del casus belli, poiché la strage del 21 agosto era già raccontata , su Internet, il 20 agosto, prima che accadesse, ma il punto è: dobbiamo essere ancora così bambini da credere a tutto ciò che vogliono (cioè, la guerra) gli USA e la NATO? Oppure è il tempo di prendere coscienza, di difendere la pace, la nostra indipendenza e i nostri stessi interessi, economici e politici? Per noi comunisti non c’è dubbio: è tempo di lottare, tutti assieme, per la pace, per la democrazia, per gli interessi dei lavoratori. Lo affermiamo con forza perché le parole rassicuranti di Emma Bonino, che si dice contraria all’intervento italiano, stridono sinistramente con i rombi di guerra che si sentono a Pisa, dove i C-130 italiani sempre più spesso si levano in volo verso le basi mediterranee.