Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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lunedì 29 aprile 2019

L'appello: la storia è un bene comune, salviamola


il manifesto lanciato dallo storico Andrea Giardina, dalla senatrice a vita Liliana Segre e dallo scrittore Andrea Camilleri per ridare dignità nelle scuole alla materia.

La storia è un bene comune. La sua conoscenza è un principio di democrazia e di uguaglianza tra i cittadini. È un sapere critico non uniforme, non omogeneo, che rifiuta il conformismo e vive nel dialogo. Lo storico ha le proprie idee politiche ma deve sottoporle alle prove dei documenti e del dibattito, confrontandole con le idee altrui e impegnandosi nella loro diffusione.
Ci appelliamo a tutti i cittadini e alle loro rappresentanze politiche e istituzionali per la difesa e il progresso della ricerca storica in un momento di grave pericolo per la sopravvivenza stessa della conoscenza critica del passato e delle esperienze che la storia fornisce al presente e al futuro del nostro Paese.
Sono diffusi, in molte società contemporanee, sentimenti di rifiuto e diffidenza nei confronti degli “esperti”, a qualunque settore appartengano, la medicina come l’astronomia, l’economia come la storia. La comunicazione semplificata tipica dei social media fa nascere la figura del contro-esperto che rappresenta una presunta opinione del popolo, una sorta di sapienza mistica che attinge a giacimenti di verità che i professori, i maestri e i competenti occulterebbero per proteggere interessi e privilegi.
I pericoli sono sotto gli occhi di tutti: si negano fatti ampiamente documentati; si costruiscono fantasiose contro-storie; si resuscitano ideologie funeste in nome della deideologizzazione. Ciò nonostante, queste stesse distorsioni celano un bisogno di storia e nascono anche da sensibilità autentiche, curiosità, desideri di esplorazione che non trovano appagamento altrove. È necessario quindi rafforzare l’impegno, rinnovare le parole, trovare vie di contatto, moltiplicare i luoghi di incontro per la trasmissione della conoscenza.
Ma nulla di questo può farsi se la storia, come sta avvenendo precipitosamente, viene soffocata già nelle scuole e nelle università, esautorata dal suo ruolo essenziale, rappresentata come una conoscenza residuale, dove reperire al massimo qualche passatempo. I ragazzi europei che giocano sui binari di Auschwitz offendono certo le vittime, ma sono al tempo stesso vittime dell’incuria e dei fallimenti educativi.
Il ridimensionamento della prova di storia nell’esame di maturità, l’avvenuta riduzione delle ore di insegnamento nelle scuole, il vertiginoso decremento delle cattedre universitarie, il blocco del reclutamento degli studiosi più giovani, la situazione precaria degli archivi e delle biblioteche, rappresentano un attentato alla vita culturale e civile del nostro Paese.
Ignorare la nostra storia vuol dire smarrire noi stessi, la nostra nazione, l’Europa e il mondo. Vuol dire vivere ignari in uno spazio fittizio, proprio nel momento in cui i fenomeni di globalizzazione impongono panorami sconfinati alla coscienza e all’azione dei singoli e delle comunità.
Per questo cittadini di vario orientamento politico ma uniti da un condiviso sentimento di allarme si rivolgono al governo e ai partiti, alle istituzioni pubbliche e alle associazioni private perché si protegga e si faccia progredire quel bene comune che si chiama storia

e chiedono
che la prova di storia venga ripristinata negli scritti dell’esame di Stato delle scuole superiori.

che le ore dedicate alla disciplina nelle scuole vengano incrementate e non ulteriormente ridotte.

che dentro l’università sia favorita la ricerca storica, ampliando l’accesso agli studiosi più giovani.

Andrea Giardina
Liliana Segre
Andrea Camilleri


L’appello lanciato su “Repubblica” da Andrea Camilleri, Andrea Giardina e Liliana Segre è al centro del festival organizzato da Laterza che si è aperto a Napoli. Studiosi di diverso orientamento da Canfora a Cardini, da Barbero a Cantarella aderiscono: la politica restituisca il valore civile alla disciplina.

link:

Erodoto di Alicarnasso (484/430 circa)

 

venerdì 26 aprile 2019

Antonio Gramsci +27 aprile 1937


27 aprile 2019

FILOSOFIA DELLA PRASSI 
Filosofia della prassi è, per Gramsci, il marxismo e il suo cuore, la concezione materialistica della storia. Praxis è movimento di andata e ritorno: l’essere umano pensa e agisce, cioè produce materialmente come soggetto collettivo di storia, riflette e intenzionalmente, cioè pedagogicamente, trasforma la società. E storia è cultura, non solo struttura, dunque, ma dialettica che ha nella sovrastruttura il determinarsi non di semplice ‘riflessione’, ma motrice essa stessa della trasformazione sociale. Se la lotta di classe è base della dialettica rivoluzionaria, la coscienza di classe ne è la conseguenza, ma nel contempo diventa soggetto di storia. (fe.d.) 







lunedì 22 aprile 2019

Vygotskij indaga i legami tra la ragione e gli affetti


Psicologia. Tradotto per la prima volta "La teoria delle emozioni", da Mimesis




Carmelo Colangelo su Il Manifesto del 21 aprile 2019
~ Una concezione psicologica olistica, contro riduzionismo e dualismo, riguardo una teoria delle emozioni che connetta e ricomponga non solo anima e corpo, ma natura e cultura, attività cerebrale organica e codici simbolici, descrizione-spiegazione-interpretazione, materialismo e spiritualismo. (fe.d.) 

— Nell’ultimo periodo della sua vita, Lev Semënovic Vygotskij si impegnò in un lavoro di enorme interesse, appena tradotto per la prima volta dall’originale russo con il titolo La teoria delle emozioni Studio Storico-Psicologico (a cura di Mauro Campo, introduzione di Maria Serena Veggetti, Mimesis, pp. 300, e 26,00), tra i testi di maggiore impegno teorico del geniale fondatore della scuola storico-culturale in psicologia, che fu anche un raffinato pedagogista, responsabile di programmi di riabilitazione dei bambini con «difetti» sensoriali e cognitivi, nonché interprete profondo e inquieto delle urgenze culturali, sociali, politiche inaugurate con la Rivoluzione di ottobre. Di origine ebraica, Vygotskij fu amico, tra l’altro, di Pasternak e Ejzenštejn, ma anche sodale di Trotckij, come è risultato dalla pubblicazione, nel 2017, dei Taccuini.
Qui, in Teoria delle emozioni, riflette sul rapporto tra ragione e affettività, sulla necessità di una comprensione aggiornata dell’interazione tra emozioni e facoltà cognitive, assumendosi la consapevolezza della crisi attraversata dalla ricerca psicologica, e richiedendole che – nel restare empirica e sperimentale – non ceda a alcuna forma di riduzionismo fisicalista.
Per Vygotskij, affinché la psicologia potesse cogliere la natura umana nella sua consistenza a un tempo naturale e culturale, era necessaria non solo una articolazione con la sfera sociale ma anche il superamento del dualismo di anima e corpo. In causa era un problema con cui non abbiamo finito di fare i conti: la costruzione di un orientamento in grado di evitare, nella considerazione dell’uomo, le alternative tra automa materiale e essere spirituale, tra studio della fisicità cerebrale e esame dei campi simbolici (a cominciare da quello linguistico), tra spiegazione e descrizione.
A dispetto degli spettacolari progressi delle neuroscienze, oggi, come negli anni Trenta del secolo scorso, non disponiamo di alcuna delucidazione universalmente condivisa delle emozioni, della loro genesi, del loro significato, e tanto meno di una vera soluzione al problema della loro causa primaria. L’analisi storico-critica di Vygotskij – interrotta da quella morte prematura che gli ha procurato l’epiteto di «Mozart della psicologia» – si concentra sulla teoria somatica degli affetti di Karl Lange e William James (le emozioni non sarebbero che l’effetto di specifici mutamenti corporei: non piangeremmo, cioè, perché siamo tristi, ma saremmo tristi perché piangiamo) e ne rintraccia, con esperta sensibilità epistemologica, la discendenza teorica dal Descartes delle Passioni dell’anima, risalendo al debito con la dicotomia mente/corpo.
La radice delle difficoltà e delle opacità caratteristiche delle teorie neuropsicologiche contemporanee – il misconoscimento della storicità delle emozioni, la sospensione del problema del loro senso e del loro valore cognitivo, la rinuncia alla comprensione del loro sviluppo – andava dunque cercata in quello che Antonio Damasio ha chiamato l’«errore di Cartesio». Quelle difficoltà, per un Vygotskij sicuro del fatto che «un idealismo intelligente sia più vicino a un materialismo autentico che non un materialismo stupido», richiedevano una nuova valorizzazione del pensiero di Spinoza, il filosofo da lui più amato e frequentato, nel cui monismo vedeva in controluce la possibilità di un rinnovato programma di ricerca per la «psicologia del futuro». Per Spinoza, essendo anima e corpo due aspetti della stessa realtà, due modi della medesima sostanza, non solo l’emozione tocca profondamente entrambi, ma è anche passibile di una conoscenza che può trasformare l’affetto da uno stato passivo a uno stato attivo.
L’avvertenza che anima lo studio di Vygotskij, grazie al riferimento insistito ai giganti della filosofia moderna, è di quelle che meritano di essere ascoltate attentamente: «ogni emozione è una funzione della personalità». E chi separa il pensiero dagli affetti non solo si preclude la possibilità di comprendere il pensiero in quanto tale – ciò che lo muove, i bisogni e le tendenze che lo influenzano – ma non potrà capire come a sua volta il pensiero possa influenzare le emozioni, rilanciando il loro enigma, rispondendovi dinamicamente.

venerdì 19 aprile 2019

Il 17 maggio sciopero contro la regionalizzazione


Nella scuola continua la mobilitazione contro la regionalizzazione e malgrado le resistenze lo sciopero viene confermato.

di Francesco Cori

Sabato 6 aprile si è svolta a Verona un’assemblea sul tema della autonomia differenziata a cui hanno partecipato quasi tutti i movimenti della scuola operanti sul territorio, i rappresentanti di alcuni sindacati di base e confederali. il primo dato che mi ha colpito nelle primissime relazioni degli invitati è stato il percorso di segretezza e disinformazione attraverso cui si sono svolte le trattative tra lo stato e le tre regioni coinvolte nel processo di trasferimento delle competenze dallo Stato, appunto, alle Regioni. Una trasformazione radicale dell'organizzazione di un’istituzione importantissima per la Repubblica Italiana come la scuola, ma anche di altri settori, avviene senza un dibattito profondo ed articolato nel paese, bensì nelle stanze segrete della Conferenza Stato-Regioni, seguendo le logiche meschine degli amministratori che puntano ad avere un pò più di soldi per se stessi e per le proprie clientele, dentro quella logica del potentato locale, della commistione profonda tra interessi locali privati ed amministrazioni territoriali su cui si alimenta in maniera potentissima il sistema di corruzione.
È stato solo il lavoro oculato, meticoloso di pochissimi giornalisti e di qualche attivista che ha portato alla conoscenza dell'opinione pubblica le bozze degli accordi tra lo Stato e le tre Regioni coinvolte - Emilia Romagna, Veneto e Lombardia - intorno al trasferimento di una serie di materie di competenza, tra cui la scuola, dallo Stato alle Regioni. Dal lavoro di divulgazione delle bozze si è passati al percorso di informazione e mobilitazione, di cui l'assemblea di Verona è un momento, che mostra delle grandi potenzialità ma anche delle difficoltà oggettive.
La prima delle difficoltà è rappresentata dalla mancanza dI informazione, dovuta anche ad una celata contraddizione all'interno della compagine governativa ed alla paura, da parte della Lega, di una forte mobilitazione, a partire dalla scuola, intorno a questo tema. Un risultato importante, ed una tappa importantissima di questo percorso, è rappresentato dallo sciopero di tutti i sindacati confederali e dei più rappresentativi sindacati di base il 17 maggio. Nonostante l'unità sindacale e nonostante le molteplici assemblee che si stanno svolgendo nelle scuole in tutta Italia il percorso per la riuscita dello sciopero non è affatto semplice per diverse motivazioni.
Il primo è legato all'informazione pubblica, l'occultamento del dibattito per ragioni elettorali implica la creazione del dibattito a partire dalle scuole senza che nulla fuoriesca dai mezzi d'informazione, in secondo lo sciopero dovrebbe essere generale poiché implica una trasformazione generale dell'organizzazione dello Stato ed una diversa gestione del fisco e delle risorse disponibili. I sindacati in questo momento, sia per difficoltà proprie organizzative sia per concezioni politiche - una parte consistente delle confederazioni hanno sostenuto, in passato la riforma del titolo V della Costituzione varata dal centrosinistra nel 2001 - non sono in grado di indire uno sciopero generale contro la regionalizzazione, dunque la scuola si assume il compito di portare il tema della regionalizzazione e la protesta contro questi accordi agli occhi dell'opinione pubblica. D’altronde, non va dimenticato, la regionalizzazione è stata negoziata e portata avanti dal governo Gentiloni, dunque dal Pd, ancora molto forte ed influente nelle burocrazie dei principali sindacati confederali.
Inoltre c’è il rischio strumentalizzazioni in vista delle elezioni europee del 26 maggio - ed il vergognoso documento filoeuropeista dei sindacati confederali che invita a votare le forze che sostengono più Europa lo conferma - ma il tema della regionalizzazione esiste e non può essere affrontato con mobilitazioni solitarie ed autoreferenziali. Al contrario, lo sciopero di tutti i sindacati della scuola su questo tema ci permette di costruire un’importantissima battaglia contro le forze reazionarie ed ultraliberiste di questo paese - a partire dalla Lega - smascherando agli occhi dell'opinione pubblica e dei settori popolari la continuità delle proposte del Carroccio con la cultura liberista e privatizzatrice, foriera di tutte le disuguaglianze di questo paese ed in perfetta continuità con le politiche dei governi precedenti.
13/04/2019 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.


domenica 7 aprile 2019

SOVVERSIVI DI TARANTO, SOVVERSIVI A TARANTO


giovedi prossimo, 11 aprile, presentazione della ripubblicazione di un testo fondamentale per la memoria dell’antifascismo e del movimento operaio di terra jonica. Nel Salone degli Specchi, Comune di Taranto, ore 17.30.
insieme agli autori, Ferdinando Dubla (storico) e Maristella Bagiolini (giornalista)
- Sono passati oltre trenta lunghi anni dalla pubblicazione di questo libro. Esso ebbe un discreto successo sia a livello locale, pugliese e, in piccola parte, a livello nazionale. Per la prima volta molti nostri concittadini scoprirono che Taranto non era quella del "ce me ne futt a me" (non me ne frega niente) ma aveva prodotto uomini e donne in carne ed ossa che avevano "osato" disubbidire al potere dominante; si erano ribellati alle ingiustizie sociali, avevano pagato con il carcere e il confino politico e, alcuni di essi, erano morti per stenti e malattie varie contratte durante gli anni di detenzione. L'impegno dei due autori vuole rappresentare un omaggio alla strenua lotta di operai e contadini che, considerati dal Regime Fascista come sorvegliati speciali, si sono sacrificati, nel Mezzogiorno d'Italia, cercando giustizia e libertà.
(dalla prefazione di Francesco Voccoli)


giovedì 4 aprile 2019

Consigli ai genitori di Makarenko


Consigli ai genitori di Makarenko, edito dalla Città del Sole nel 2005, con Introduzione di Ferdinando Dubla, è ora in formato digitale
(a cura Mels - Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare)
Nell'anniversario della scomparsa (13/03/1888-01/04/1939)
- un libro fondamentale di pedagogia applicata e di metodologia dell'educazione del grande maestro sovietico
scarica o consulta il testo



lunedì 1 aprile 2019

ORA O MAI PIÙ


IL PCI è al lavoro in tutta Italia. E' importante portare compagni amici e simpatizzanti a firmare ai nostri banchetti. Questo di per se' è mezzo e fine della nostra battaglia e del nostro investimento politici: essere presenti in piazza, farci conoscere e ri/conoscere, diffondere i nostri programmi, ribadire i nostri valori, informare sulle nostre proposte, confrontarci con le masse e contrastare il senso comune veicolato dalle classi borghesi dominanti. Al di la' dunque del risultato elettorale, che auspichiamo significativo, è vittoria politica già esserci e riesserci. Il sistema proporzionale per le elezioni europee rende fortemente cogente la scelta di presentarsi autonomamente con il proprio simbolo, contribuendo così all'effetto di riconoscimento di massa. Senza mai deflettere da uno dei nostri obiettivi primari: ricostruire nell'unita' la sinistra di classe del nostro paese, essere al servizio della sinistra nel suo insieme, traino della sinistra vera, cioè antagonista al sistema capitalista. Ora o mai più: una firma per un voto, vota comunista. 

                                                                              (Ferdinando Dubla)