
mercoledì 28 dicembre 2016
LE ORIGINI PAGANE DELLE FESTIVITA’ DI FINE ANNO: SATURNALI E SIGILLARIA

giovedì 15 dicembre 2016
ERRICO MALATESTA: ISTRUZIONE E CULTURA ARMA DI CIVILTÀ PER GLI OPPRESSI
giovedì 8 dicembre 2016
ELZEVIRI in punta di penna
dove sono i gazzettieri di regime?
che scrivono? al Colle, al Colle...
dov'e' la Boschi, la Serracchiani e tutti i megafoni del re? La Gruber le invitera' stasera o ci mostrerà il filosofo di corte, il Cacciari del pensiero negativo?
aveva definito sprezzantemente "accozzaglia" il fronte del NO. Ora propone un governo di 'larghe intese', una vera accozzaglia con il suo padrino, il vecchio Berluska, che infatti annuisce. Il rottamatore rottamato non trova luoghi idonei per sparire nel nulla: aiutiamolo con un tre/ruote...
Ma che vuole Pisapia? Ma chi è Pisapia? Noi qui a Taranto conosciamo solo l'antico cappellaio...
ha votato SI al referendum, si iscriva al PD.
Quanto al giornale "La Repubblica", continui a consigliare il PD, così lo aiutera' a squagliarsi presto.
Mario Capanna: vittorie e speranze
Sonante la vittoria del No! La Costituzione antifascista è salva.
Rinfranca il cuore la decisione della maggioranza del nostro popolo, che non si è lasciato intimidire né fuorviare… dal resto del mondo: gli endorsement per il sì alla controriforma da parte di tutte le cancellerie europee e d’oltre Atlantico, dei poteri finanziari internazionali e, in Italia, di tutti quelli partecipi al blocco dominante di turno, la quasi totalità dei media, Marchionne, Confindustria, Coldiretti ecc. ecc.
Renzi si è costruita la sua Caporetto con abilità scientifica…: dopo avere triturato l’art. 18 dello Statuto dei diritti dei lavoratori, distribuito a iosa mance elettorali (l’ultima, a pochi giorni dal voto, gli 80 euro agli statali), non aver fatto alcuna politica di investimenti volta a creare posti di lavoro – in particolare per i giovani – avere bloccato il Paese per un anno sulla controriforma della Carta, congegnata da un governo sorretto da un Parlamento illegittimo, eletto sulla base di una legge dichiarata “truffa” dalla Corte costituzionale, è rimasto vittima della sua “hybris” (“arroganza”, “alterigia”, “prepotenza”). (1)
Le bugie intensive e proterve che ha detto, secondo gli schemi della post-verità (!?!), non sono state bevute dalla grande maggioranza dei cittadini.
E’ questo il dato storico del 4 dicembre 2016: la maggioranza del popolo ha sconfitto il “populismo dall’alto” e ha decretato che non si può attaccare impunemente la Costituzione. Un bel segnale per l’Italia e l’Europa.
Certo, la vittoria è figlia di cento padri… Che le forze conservatrici cerchino di cavalcarla è naturale.
Ma è importante la porta che si apre per le forze democratico-progressive, che hanno avuto un ruolo di primo piano nel successo referendario: la ricostruzione di un tessuto condiviso di partecipazione diretta e consapevole dei cittadini alla gestione della cosa pubblica.
Fatica di lunga lena, che rifugge da scorciatoie semplicistiche e da cortocircuiti di assemblaggi di vertici.
La crisi del Pd, per esempio, potrà essere feconda o involutiva: il primo esito richiede l’irruzione di un nuovo modo di pensare da parte di tutta la costellazione dei segmenti di sinistra e di movimento.
Una speranza, questa, oggi praticabile, che non ci sarebbe affatto stata con una prevalenza di sì sul referendum.
Strada difficile, ma entusiasmante. Dipende da noi, dai molti che non si rassegnano allo stato presente delle cose.
(1) Hybris, per i greci, genera “àte”: la “privazione del discernimento”, in definitiva l’ “accecamento” di chi la pratica. E’ precisamente quanto è accaduto.
Mario Capanna, 5 dicembre 2016
lunedì 5 dicembre 2016
LA STREPITOSA VITTORIA DEL NO AL REFERENDUM COSTITUZIONALE
lunedì 28 novembre 2016
Cultura e istruzione: la rivoluzione culturale cubana di Fidel
da Archivio Storico Benedetto Petrone e redazione di Pugliantagonista.it
La Cultura arma vincente della Rivoluzione:
domenica 27 novembre 2016
SIEMPRE
No se preocupe - rispose - un vero rivoluzionario non va mai via,
hasta la victoria, despue de la victoria, siempre
COLLOQUI CON IL PATRIARCA IN AUTUNNO
[(El otoño del patriarca) di Gabriel García Márquez è un romanzo pubblicato nel 1975]
- dunque dalla tua esperienza, Castrum, dov'è l'attualità del socialismo? - domandai
- metti insieme sempre Stato di diritto e Stato sociale, quello è il futuro che viene dal passato. Il socialismo è quando il libero si rende uguale, il comunismo è quando tutti gli eguali saranno liberi.
[Dublicius]
giovedì 17 novembre 2016
DEMOCRAZIA ATEA: BOCCHE ALL'AMO
Il 47% degli italiani vive una preoccupante condizione di analfabetismo funzionale, in difficoltà nel compilare una modulistica o nella comprensione di un testo in prosa.
La “casalinga di Voghera” sa perfettamente che voterà SÌ perché il messaggio renziano le sarà stato veicolato, in modo più o meno subliminale, dalla trasmissione di intrattenimento di cucina, oppure perché un attore famoso, che aveva letto in TV la Costituzione, si è schierato per il SÌ in ossequio alle posizioni governative, rendendole credibili.
Il messaggio referendario dunque dovrà essere veicolato, decodificandolo dal linguaggio tecnico e giuridico, ancorandolo a ciò che potrà essere comprensibile per coloro che, nella indecisione, sono già astensionisti.
Bisognerà dire che opporsi alla modifica costituzionale significherà dire NO ad una sanità per i ricchi e una sanità per i poveri; significherà dire NO ad una scuola differenziata per fasce socialmente elevate e fasce disagiate; significherà dire NO ad un precariato mortificante per tutti, significherà dire NO alla guerra.
Le attuali storture della società, pur con la Costituzione non ancora modificata, in effetti sono la conseguenza di una classe politica che ha deflagrato la rappresentanza con il porcellum, e tuttavia la modifica costituzionale renziana renderà permanente, per i prossimi decenni, ciò che la legge elettorale ha già anticipato, ovvero un modello di società nel quale l’ascensore sociale è bloccato e la povertà economica di molti è diventata la diretta conseguenza della ricchezza di pochi.
Con il referendum possiamo riprenderci la nostra democrazia partecipativa, rispedire al mittente le intromissioni antidemocratiche del mondo finanziario di cui il progetto renziano è spudorata espressione, e dimostrare a noi stessi che non siamo bocche all’amo.
La Segreteria Nazionale di Democrazia Atea
www.democrazia-atea.it
martedì 8 novembre 2016
La sinistra oggi e… Gramsci rivisitato da Stuart Hall
lunedì 7 novembre 2016
La caduta dell'URSS e le sfide della transizione socialista
domenica 6 novembre 2016
Divieto di giustizia: i processi a Sabrina Misseri e Cosima Serrano si sono mostrati una contro-logica giudiziaria
![]() |
mercoledì 26 ottobre 2016
“La Costituzione fa scuola. Il 4 dicembre un NO per la democrazia e la scuola pubblica”, campagna lanciata dal PCI
Dichiarazione di Luca Cangemi, responsabile nazionale scuola del Partito comunista Italiano.
Il PCI lancia in questi giorni la campagna nazionale “La Costituzione fa scuola. Il 4 dicembre un NO per la democrazia e la scuola pubblica”. Consideriamo, infatti, un unico impegno la battaglia referendaria per salvare la Costituzione e l’opposizione alle scelte del governo sulla scuola-ha dichiarato Luca Cangemi, responsabile nazionale scuola del PCI.
La controriforma costituzionale così come la legge 107 (beffardamente annunciata come la” buona scuola”) sono frutti velenosi di un’identica logica e di medesimi interessi.
Una logica autoritaria e oligarchica che verticalizza le decisioni, smantella la democrazia, determina esclusione e passività. L’insegnante di fronte al preside- sceriffo è in una condizione umiliante che anticipa il cittadino-suddito di fronte al “premier assoluto” della nuova architettura istituzionale.
Dietro queste forme oligarchiche dipinte di modernità si scorgono, senza troppa fatica, gli interessi di poteri economici che chiedono mano libera per i loro selvaggi disegni di privatizzazione, azzeramento di ogni tutela sociale, mercificazione di ogni ambito della vita. Del resto banche, fondazioni, gruppi di pressione non hanno fatto mistero, in questi anni, di considerare la scuola statale e la Costituzione nata dalla resistenza come ostacoli da abbattere.
Crediamo che, nonostante il regime mediatico sempre più soffocante, questa consapevolezza stia crescendo nella società italiana.
Vogliamo, con la nostra campagna, contribuire a questa consapevolezza. Vogliamo farlo con i nostri mezzi, con presidi e volantinaggi davanti alle scuole, vogliamo farlo con incontri aperti, in ogni parte d’Italia, insieme alle tante realtà del mondo della scuola (comitati, associazioni, collettivi studenteschi, settori sindacali) che si stanno battendo per un grande NO il 4 dicembre. Un No che difenda la Costituzione e riconquisti l’idea di scuola che in essa è contenuta: pubblica, democratica, laica.
Il primo incontro si terrà a Reggio Calabria il 28 ottobre poi la campagna si svilupperà in ogni parte d’Italia-ha concluso Cangemi.
martedì 25 ottobre 2016
martedì 11 ottobre 2016
IL "MERCATO" IN FABBRICA È MERCATO DI VITE OPERAIE
venerdì 7 ottobre 2016
IL SENSO DEL PARTITO
Nuccio Marotta, del CC del PCI: : centralità della ricerca storico-culturale. Bisogna arrivare alle nuove generazioni con un approccio pedagogico
Abbiamo ricostruito il PCI e riconnesso i comunisti e le comuniste che alla cultura e alla storia del socialismo scientifico fanno riferimento in modo omogeneo. Bene, non era affatto scontato alla luce delle condizioni storiche date contrassegnate dall’egemonia ideologica-culturale di un capitalismo vincente e pervasivo, dalla disillusione e/o dalla passività di massa, dalla disgregazione della solidarietà sociale.
Adesso su di noi grava la responsabilità, direi storica, di farne lo strumento idoneo per perseguire l’unica finalità che possa giustificare tale scelta e l’impegno fino ad ora profuso: il rilancio ideologico della questione comunista, la riproposizione in ogni frangente dell’opzione culturale comunista come visione del mondo, in ogni suo ambito.
E’ un tema che si intreccia con quello della stessa sopravvivenza del pianeta, e che per la costruzione del consenso assume una rilevanza determinate.
Perché se è reale, e lo è, l’interesse che l’operazione sta suscitando, come ogni giorno possiamo verificare, è, allo stesso tempo, facile scorgere spesso negli interlocutori uno sguardo interrogante: sarà finalmente un nuovo avvio, legato alla realtà e con una prospettiva reale di trasformazione a cui riaffidare o affidare per la prima volta le proprie speranze? o la stanca riproposizione di un contenitore autoreferenziale ininfluente? o, ancor peggio, la ricerca di riposizionamento di un ceto politico in affanno?
Le nostre energie materiali ed intellettuali vanno indirizzate a dirimere radicalmente tale dubbio e non ad altro. Il contrario sarebbe uno scempio imperdonabile.
C’è un dogma di base che pesa come un macigno e che va assolutamente rimosso dal circuito mentale delle masse: il capitalismo, piaccia o no, è, oggi come non mai, l’unico sistema praticabile per la creazione di posti di lavoro.
É allora assolutamente necessario che il partito si caratterizzi e si attrezzi da subito per un recupero di centralità della ricerca teorica-culturale.
Un progetto politico come il nostro che ha l’ambizione di riaprire la battaglia per l’egemonia, pur avendo chiare le enormi difficoltà che si incontreranno nella prima fase, non può nascere prescindendo dall’obbligo di reimmettere nell’immaginario di massa quel che è il suo bagaglio teorico-culturale-scientifico.
Ma tematiche come “ proprietà e controllo sociale della produzione”, rapporto tra “proprietà sociale e proprietà privata”, tra “programmazione e autogestione”, tra “individuo e società”, la “questione dello stato”, per essere riproposte, vanno consapevolmente riprese in mano e nel caso rimodulate ed attualizzate. Non si può dare tutto per acquisito.
Una strategia della trasformazione adeguata al ventunesimo secolo esige, per non apparire velleitaria, una nuova stagione di studio e di riflessione, per rielaborare un piano di conoscenza e cercare di arrivare ai nuovi soggetti e alle nuove generazioni con un approccio di tipo pedagogico.
Oltretutto il lavoro nella società, nei territori, le lotte, l’elaborazione di posizioni concrete sulle singole tematiche (la prassi dunque), senza un impianto teorico-strategico di riferimento, scientificamente comunista, finirebbero per essere disomogenee, estemporanee, vertenziali, retoriche e, culturalmente, facilmente subalterne. E di questo nel recente passato ne abbiamo desolatamente avuto le prove.
La costituzione, nel merito, di quel Comitato scientifico di cui si parla nelle tesi, aperto, come è politicamente auspicabile, al coinvolgimento di quelle soggettività sociali ed intellettuali che dall’esterno guardano al progetto in atto con attenzione ed interesse, non può essere per nulla sottovalutata o differita sine die, tutt’altro, il momento è adesso.
Va da sé che tutto ciò sarebbe vano se un partito chiamato a mostrare la sua contemporaneità non riuscisse ad emanciparsi, con un lucido sforzo comune, da culture e pratiche politiche residuali.
A cosa e a chi servirebbe?
Nuccio MAROTTA, Comitato Centrale PCI

mercoledì 5 ottobre 2016
IL PAESE DEI RIVOLUZIONARI (S.MAURO FORTE)
San Mauro Forte è un piccolo paese della provincia di Matera ricco di storia, tradizioni, lotte popolari e, importante, perché nel 1940 fu teatro della prima rivolta contro il fascismo avvenuta nel Mezzogiorno d’Italia.
Il 30 Marzo di quell’anno vennero notificati 500 avvisi di pagamento per contributi agricoli che contenevano errori madornali: are scambiate per ettari, terreni a pascolo riportati come seminativi, cartelle recapitate a più persone della stessa famiglia.
Alla notizia che stavano per essere notificati nuovi avvisi, centinaia di contadini si riunirono in Piazza Caduti e decisero di marciare verso il Municipio per occuparlo.
Giunti presso la sede municipale distrussero gli avvisi non ancora notificati e recisero i fili del telegrafo e del telefono. Nonostante il tentativo di interrompere le vie di comunicazione, la notizia della sommossa giunse ai Carabinieri della vicina Stigliano che diede immediatamente l’allarme.
Il giorno seguente il paese venne invaso da Carabinieri e Poliziotti che identificarono i capi della rivolta: ventitrè contadini furono invitati a presentarsi nella caserma di Via Sergente Piccinni e tredici di essi vennero lì rinchiusi. Fu allora che il resto dei dimostranti, accorsi in centinaia davanti alla porta del presidio militare, ne reclamò con forza la liberazione. Ai militi presenti all’interno della caserma, a scopo intimidatorio, fu ordinato di sparare. Alcuni dei sessanta colpi di moschetto andarono a segno e sul selciato rimasero un morto e cinque feriti, uno dei quali morì qualche giorno dopo in ospedale.
Nei giorni successivi decine di dimostranti furono arrestati e condotti nel carcere di Matera, alcune donne incinte partorirono nel carcere. Dopo il processo e 13 mesi di ingiusta detenzione fu il provvedimento di amnistia di Palmiro Togliatti del 1948 a porre fine al loro calvario. I fatti di San Mauro ebbero una forte risonanza politica e vennero considerati un’anticipazione dell’Italia che stava per nascere.
Il popolo sammaurese si rese protagonista di un evento straordinario; l’eco raggiunse la Russia di Stalin che, attraverso un comunicato lanciato da Radio Mosca, definì San Mauro Forte «il paese dei rivoluzionari». Negli anni successivi, nonostante generosi tentativi di tenerne vivo il ricordo, un muro di silenzio si è alzato intorno ai fatti del 30 e 31 Marzo del 1940. Come unici testimoni sono rimasti la porta puntellata della caserma da dove partirono i colpi e due vie del paese intitolate a Francesco Lavigna e Sante Magnante, i due contadini feriti a morte durante lo scontro.
È stato Ulderico Pesce, noto attore e regista teatrale, che avvalendosi degli atti processuali ha fatto riemergere la storia dall’oblio ricostruendo in maniera dettagliata gli accadimenti di quelle giornate.
L’attore e la sua compagnia, intrepretando i ruoli di quattro rivoltosi, hanno dato luce a un evento che per intensità e spessore travalica i confini del piccolo paese lucano. Con la traduzione teatrale di Ulderico Pesce, lo «Sciopero del 1940» di colpo riacquista il valore storico e politico che si merita.
Per anni, si è ritenuto che fossero state le cartelle esattoriali calcolate in maniera truffaldina da esattori senza scrupoli a scatenare la rabbia dei contadini. Gli atti processuali ci dicono, invece, che i fatti del Marzo ’40 non furono la reazione scomposta della folla a un calcolo sbagliato di imposte da pagare; non riconoscere ad essi la giusta valenza significa offendere la memoria degli uomini e delle donne che ne furono protagonisti.
Il racconto di Ulderico Pesce ristabilisce la verità su quanto profonde erano le radici di quel sommovimento e sulle responsabilità del regime fascista per aver ridotto i contadini in condizioni di miseria, tanto da suscitare in essi un incontenibile sentimento di ribellione che finì per coinvolgere tutti i ceti sociali. Non solo contadini, ma barbieri, sarti, artigiani, commercianti, pur non avendo terre e cartelle da pagare, divennero i capi della rivolta.
La presenza in quegli anni a San Mauro Forte della confinata comunista Maria Derin e del suo legame con alcuni rivoltosi lascia, inoltre, pochi dubbi sull’esistenza di un intreccio politico e riaccende, il ricordo del comunismo romantico dei nostri padri e dei nostri nonni, contadini analfabeti che divennero, poi, protagonisti delle grandi battaglie per la terra.
Il governo fascista, attraverso coloro che diedero l’ordine di sparare, commise un grosso errore : sui volti di quei contadini non vi era il segno dell’eversione e della violenza, ma solo quello della miseria. Questa la ragione, a distanza di tanti anni, per affermare che quella che viene chiamata «La rivolta del 1940 a San Mauro Forte» rappresenta un pezzo di storia importante dell’Italia democratica.
Si intitola San Mauro Forte, la rivolta del 1940, lo spettacolo teatrale che Ulderico Pesce, non nuovo a reinterpretazioni della storia lucana, ha scritto e dirige ispirandosi alla «prima rivolta antifascista» d’Italia. Gli attori sono tutti lucani: oltre a Pesce (che interpreta la figura di Mauro Sanchirico, sarto e clarinettista nella banda del paese che, strappando le bollette inviate ai contadini, diede avvio alla rivolta), Lara Chiellino interpreta Antonia Miccio, contadina analfabeta arrestata ingiustamente e costretta a partorire nel carcere di Matera; Eva Immediato è invece Maria Di Biase «a‘ Brigantessa», mentre Amalia Palermo fa la parte di Rosa Di Biase. La storia è accompagnata dai musicisti del Conservatorio di Matera Giuseppe D’Amico, Monica Petrara, Giovanni Catenacci, Erminia Nigro, Giuseppe Pace, Domenico Di Nella
giovedì 29 settembre 2016
COME È CAMBIATO IL MODO DI INFORMARE E INFORMARSI
Nessuna differenza significativa tra gli italiani e gli altri abitanti del continente europeo. E se l’azzardo vale qualcosa: gli abitanti dello stivale si comportano come i loro omologhi statunitensi nel rapporto con i media digitali.
Il primo dato che emerge da un rapporto I media tra élite e popolo sulle piattaforme digitali, stilato dal Censis con la Ucsi e presentato ieri a Roma, è che i due terzi della popolazione italiana è connesso alla Rete. Lo strumento privilegiato per accedere all’informazione nel web è lo smart phone (64,8 per cento), seguito dal tablet (28,3 per cento). Il rapporto fa emergere una differenza generazionale tra gli utenti della Rete. 95 giovani al di sotto dei trent’anni è on line, mentre solo 31 uomini e donne al sopra dei 65 anni accede a Internet.
I social network sono le piattaforme più usate. Facebook impazza in ogni età, mentre Istagram, You Tube seguono a ruota, anche se in questo caso a fare la parte del leone sono teenager e under 35. Si colloca in buona posizione WhatsApp. Il servizio di messaggistica è infatti usato dal 61,3 per cento degli internauti. Non pervenuti, invece, i dati di chi ha abbandonato il servizio di proprietà di Facebook: un dato segnalato da molte altre inchieste nei paesi europei. Un fattore che andrebbe studiato a fondo, visto che quelle stesse inchieste individuavano l’indisponibilità di molti teenager a cedere le proprie biografie a Facebook, preferendo altri messaggerie (Snapchat, ad esempio) più rispettose della privacy e dell’anonimato.
Fin qui niente di sconvolgente. L’inchiesta del Censis conferma infatti le tendenze già evidenziate nel 2015. Più significativi sono invece i dati che riguardano l’accesso all’informazione.
Confermato il ruolo centrale della televisione nel consumo di informazione di intrattenimento (il 97 per cento della popolazione possiede un televisore) e resta stabile il numero di utenti della pay tv. Il 43 per cento della popolazione ha infatti avuto almeno un contratto con una televisione satellitare, mentre è in calo la percentuale di accesso alla tv via Internet. Brutte notizie invece per la carta stampata: negli ultimi dieci anni il 45 per cento degli acquirenti dei quotidiani hanno smesso di andare in edicola.
Negli stessi anni, i consumatori digitali di notizie sono diventati il 31,4 per cento della popolazione. Poco o nulla dice il Censis sul fatto che questa «migrazione» verso la Rete sembra non arrestarsi.
L’unico commento che l’istituto di ricerca italiano riserva a questa tendenza è il formarsi di un digital press, perché il dato più preoccupante è la crescita degli italiani disinteressati all’informazione, sia cartacea che in formato digitale (la stima parla del 31,4 per cento della popolazione). Nulla viene detto riguardo le perdite di entrate: non sono compensate dalla crescita (+35,8 per cento) di abbonamenti di quotidiani, settimanali, mensili on line. L’assenza di un business model per il digitale è il non detto dell’inchiesta del Censis, alla luce anche del dato, emerso in altre inchieste, che chi va in rete vuol leggere e vedere contenuti informativi gratuitamente.
Infine, il dato che il Censis mette in evidenza: sono le donne che privilegiano l’informazione all’entertainment in Rete. Il 74,1 per cento dei consumatori di informazione è donna.
C’è infine un passaggio dell’inchiesta che risulta fuorviante e oscura. Secondo i ricercatori, gli elementi raccolti testimoniano il fatto che è forte la tendenza a personalizzare l’accesso all’informazione.
L’ipotetico giornale quotidiano viene costruito assemblando articoli, saggi, video provenienti da fonti distinte e spesso espressione di punti di vista opposti. Per il Censis, questo significa che siamo di fronte a un passaggio da un modello «tele-centrico» a una concezione egocentrica dell’informazione.
È una personalizzazione«dal basso», agita cioè dal singolo. Se per il Censis, questa è espressione di una non meglio precisata erosione dell’intermediazione, in Rete significa che le testate giornalistiche non riescono a catturare l’attenzione dei singoli. Cosa che invece possono fare le «firme» di giornalisti considerati autorevoli. Risulta molto chiaro il fatto che i siti internet gestiti da non professionisti attirino attenzione, mentre sono in crescita testate giornalistiche che dichiarano espressamente di essere indipendenti e di non avere editori alle spalle. Un fenomeno diffuso che viene catalogato come citizen journalism, «giornalismo narrativo», data journalism: tutte espressioni che evidenziano la corrosione della legittimità del giornalismo come unico mezzo per produrre informazione.