Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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domenica 24 novembre 2013

Scuola, ultimatum Ue all’Italia: assumete 137 mila precari entro due mesi


Fonte: Il Manifesto | Autore: Roberto Ciccarelli       

La Commissione Europea ha inviato all’Italia un nuovo avvertimento sulla discriminazione degli insegnanti e del personale precario che lavora nella scuola da più di 36 mesi continuativi a proposito del mancato adeguamento dello stipendio al personale di ruolo. Il nostro paese rischia una multa minima di 10 milioni di euro perché dal 1999, quando è stata emanata la direttiva comunitaria numero 70, non ha mai stabilizzato i 137 mila precari della scuola (stima Anief, 130 mila per Flc-Cgil, Cisl e Uil) che hanno lavorato per più di tre anni con le supplenze.

Nella lettera con la quale la Commissione Ue mette in mora l’Italia si legge che il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Miur) usa i precari con contratti a termine «continuativi», ad ogni fine di anno scolastico (e comunque alla fine di ogni incarico) li «licenzia», per poi «riassumerli» attraverso il meccanismo della chiamata dalle «graduatorie in esaurimento», oppure con le chiamate dei presi a partire dalla fine di ogni agosto. Un’operazione che si protrae anche per molti mesi. Il problema è che, così facendo, centinaia di migliaia di persone vengono lasciate «in condizioni precarie nonostante svolgano un lavoro permanente come gli altri». La discriminazione di Stato non riguarda solo lo status giuridico, ma anche il reddito. I precari, infatti, guadagnano sensibilmente di meno degli «assunti». Se alla lotteria delle «chiamate» vincono una cattedra piena (cioè 18 ore alla settimana), possono arrivare anche a 1400 euro al mese. L’anno successivo rischiano tuttavia di ricominciare da un reddito anche dimezzato. Considerati i tagli delle cattedre, il riaccorpamento delle classi o degli istituti, e il blocco del turn-over, le cattedre sono diventate in questi ultimi anni sempre di meno, e ai precari non resta che accontentarsi di «spezzoni». In questi casi il reddito diminuisce sensibilmente, poco più o poco meno sulla soglia di povertà. Per la Commissione Ue gli stipendi vanno adeguati perché questi precari «svolgono lo stesso lavoro ma hanno un contratto diverso» rispetto a chi ha già un «ruolo». L’Italia deve rispondere entro due mesi, altrimenti la procedura sarà depositata alla Corte di giustizia europea. Una condanna della Corte costerà 10 milioni di euro, una cifra che potrà aumentare, da 22mila a 700 mila euro per ogni giorno di ritardo. «Dopo la messa in mora dell’Italia in merito alla procedura sul personale Ata della scuola, quello giunto oggi è un ulteriore segnale importante – afferma Marcello Pacifico dell’Anief e segretario organizzativo Confedir – L’equiparazione stipendiale è fondamentale anche ai fini della stipula dei contratti sui posti vacanti, sino al 31 agosto, e verso la stabilizzazione dei 137 mila supplenti nella nostra scuola». Tutti i sindacati sono ormai in trincea contro il ministero e chiedono una soluzione definitiva a questa piaga tutta italiana. Per la Flc-Cgil, che come l’Anief ha promosso un ricorso alla Corte di giustizia europea, il governo «deve mettere in campo un piano pluriennale che consenta la stabilizzazione – afferma il segretario Domenico Pantaleo – andando oltre gli stessi contenuti della legge sull’istruzione approvata in parlamento». Per Francesco Scrima della Cisl la stabilizzazione risolverebbe anche la discriminazione sul reddito dei precari. «Chi è assunto a tempo indeterminato – afferma – può far valere l’anzianità accumulata con il lavoro precario». La Uil attacca il piano triennale di immissioni in ruolo deciso dal ministro Carrozza; «è una soluzione parziale – sostiene – ci sono ancora posti in organico di diritto coperti con contratti annuali reiterati di anno in anno. La soluzione è l’organico funzionale».

Il Miur ha cercato di rivendicare la trasformazione delle graduatorie fisse in graduatorie in esaurimento («per sgonfiare le sacche di precariato»). E sostiene che le 11.542 immissioni in ruolo per il triennio 2014-2016 «contribuiranno a riportare a un livello fisiologico il ricorso ai precari». Che, nel 2016, saranno grosso modo 120 mila. Se l’Europa troverà convincenti queste argomentazioni, la procedura si arresterà. Altrimenti, lo Stato italiano inizierà a pagare.

mercoledì 20 novembre 2013

Con la Finanziaria (la "legge di stabilità") in arrivo altri 32 milioni di tagli alla spesa


Crescita, sviluppo, diritti dei precari, giovani disoccupati.. tutte chiacchiere! La realtà è questa....

 Fonte: Il Manifesto | Autore: Antonio Sciotto


La nuova Spending Review: maxi-taglio da 32 miliardi

Un maxi piano di tagli, la cosiddetta «spending review», è in arrivo nei prossimi mesi: ieri il Commissario Carlo Cottarelli – ex dell’Fmi – ha presentato il suo piano prima a Palazzo Chigi e poi alla stampa. Si punta a recuperare, «circa due punti di Pil, pari a 32 miliardi di euro, in tre anni», ha spiegato il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni: soldi che, sempre secondo il ministro, avranno come primo obiettivo «la riduzione delle imposte» e poi anche «il finanziamento degli investimenti» e la «riduzione del debito».

Non è ancora chiaro nel dettaglio dove Cottarelli con la sua squadra andrà a tagliare, ma di certo nel mirino ci sono non solo i ministeri, ma anche tutta l’amministrazione pubblica e la sanità. Eppure ieri lo stesso Enrico Letta, prima intervistato dal Financial Times e poi alla cerimonia per i 90 anni del Cnr, ha tenuto a sottolineare che l’epoca dei tagli lineari è finita: «Quando si interviene con la falce, tagliando tutto allo stesso modo, alcuni tagli rendono impossibile fare le cose ecco perché bisogna carotare – ha spiegato il premier -Dobbiamo tornare a una stagione di tagli che rendano possibili gli investimenti. Il 2013 è un anno di transizione, nel 2014 si deve cambiare verso e investire nella ricerca».

Tanto ottimismo, ma certo – come si è reso evidente più volte in passato – dietro le parole «taglio», «risparmio», «efficientamento», «spreco» può nascondersi una sforbiciata anche per i servizi. Il viceministro all’Economia Stefano Fassina, infatti, commentando il piano della spending review, ha detto che tagliare gli sprechi va bene, ma che non si deve intaccare il welfare: «La spending review deve puntare a riallocare la spesa, fare efficienza, riorganizzare le pubbliche amministrazioni, altrimenti significa ridimensionamento del welfare – ha spiegato – Credo ci sia una notevole approssimazione nella discussione sulla spesa pubblica italiana, che pro capite è tra le più basse non solo in eurozona ma in tutta Europa, ed è già prevista in riduzione di tre punti».

La road map della spending review, comunque, prevede un percorso in almeno due tappe principali: fino a febbraio c’è una fase di ricognizione, che potrebbe già portare con sé alcune misure alla sua conclusione; ma il grosso dovrebbe arrivare con il Def del prossimo anno, entro luglio, quando si stilerà un vero e proprio piano triennale, che riguarderà più massicciamente gli anni 2015-2016-2017.

Tra i provvedimenti inseriti nel documento presentato ieri, ci sono anche gli incentivi agli enti locali per tagliare i costi: «Sarà studiato un sistema di incentivi finanziari che facilitino la collaborazione dei centri di spesa nella individuazione di risparmi». Verranno stilate speciali «classifiche» per evidenziare i «centri di spesa virtuosi e quelli meno efficienti».

Il capitolo più caldo – anche sul piano delle possibili proteste che potrebbe generare – riguarda il riordino della pubblica amministrazione, visto che concerne anche la «mobilità» nel pubblico impiego, «compresa l’esplorazione di canali d’uscita e rivalutazione delle misure del turn over». Il Pd ha chiarito che «è importante favorire la mobilità per compensare le carenze di organico tra i vari settori», ma che nel contempo si deve assicurare «lo sblocco della contrattazione e del turn over». E Cottarelli ha annunciato che il tutto si farà «lavorando in stretto contatto e di frequente con le parti sociali».

Certo, siamo alla fase degli annunci, quindi è per il momento quella più fumosa: al dunque si dovrà seriamente considerare se le forbici non colpiranno servizi sanitari e più in generale pubblici. E comunque, stando alle parole di Saccomanni, l’abbattimento del debito pubblico non dovrebbe venire solo dai tagli alla spesa corrente relativa ai servizi e al welfare, ma anche da privatizzazioni e dal rientro di capitali dall’estero: «L’azione principale di contenimento del debito pubblico verrà dal programma delle privatizzazioni e dal rientro dei capitali all’estero, ma ci sarà anche un contributo che io spero venga anche dalla revisione della spesa pubblica», ha spiegato il ministro. Privatizzazioni di cui si dovrebbe sapere di più già entro la fine di questa settimana.

domenica 10 novembre 2013

sabato 9 novembre 2013

Anche la scuola pugliese in sciopero il 15 novembre


La Flc CGIL Puglia, la CISL Scuola Puglia e la UIL Scuola Puglia, comunicano l'adesione allo sciopero proclamato dalle Segreterie CGIL CISL e UIL regione Puglia per il giorno 15 Novembre 2013.

Per il Comparto del personale della scuola lo sciopero è articolato nelle modalità seguenti:

1.      l'astensione dal lavoro riguarda tutto il personale docente, educativo e ATA delle istituzioni scolastiche statali e non statali, nonché il personale che opera negli enti di formazione professionale;

2.      il personale interessato si asterrà dal lavoro nel corso della prima ora di funzionamento del servizio in ciascuna istituzione scolastica;

3.      i Dirigenti scolastici si asterranno nella prima o nell'ultima ora della propria prestazione lavorativa, come autonomamente organizzata in base all'art. 15 del CCNL dell'area V della dirigenza dell'11 aprile 2006.

       Le Organizzazioni Sindacali garantiranno il rispetto della disciplina vigente in materia di esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, come previsto dalle norme del codice di autoregolamentazione allegato al CCNL del 1999.

venerdì 1 novembre 2013

In piazza il 30 novembre anche per la scuola


Cambiamo la Legge di Stabilità, in piazza il 30 novembre 2013

Dall’incontro dei sindacati della scuola che si è svolto il 28 ottobre 2013 al Centro Congressi Cavour a Roma, esce forte la necessità di superare le politiche sull’istruzione di questo Governo sbloccando i contratti e le progressioni economiche di anzianità. 
Per questo viene indetta una manifestazione unitaria nazionale per il prossimo 30 novembre.
Vai al documento unitario prodotto durante l’incontro.
E' inoltre in corso in questi giorni la definizione del calendario regionale dello sciopero indetto da Cgil, Cisl e Uil contro la legge di stabilità.


FLC CGIL nazionale