giovedì 27 marzo 2014
Abbandoni scolastici: in Italia è emergenza. Perchè?
Dopo il sovraffollamento delle carceri, sarebbe ora di parlare anche delle nostre troppo sovraffollate aule scolastiche, frutto dell'ecatombe contro-riformistica della Gelmini e dei tagli surrettizi dei governi successivi, fino ai proclami vuoti e vacui del mago Zurlì-Renzi. Le conseguenze sono quelle descritte dall'articolo di fabrizio salvatori. (fe.d.)
dal sito controlacrisi.org: Autore: fabrizio salvatori
Nel 2013, sono stati ben 160 mila gli studenti che hanno abbandonato la scuola secondaria superiore statale. Una cifra considerevole, già rintracciabile nelle statistiche dell’Istat, che l’Anief, l’associazione nazionale dei presidi, torna a sottolineare per formulare una sua proposta: anticipare la primaria quando gli alunni hanno ancora 5 anni anziché 6 ed estendere l’obbligo scolastico dagli attuali 16 fino ai 18 anni di età.
A conti fatti a ritirarsi e' stato il 27% di chi aveva iniziato il ciclo formativo dei cinque anni. Un piccolo miglioramento rispetto alla precedente rilevazione con 20mila drop out in piu', pari al 29,7%. Ma resta intatto l'allarme per una emergenza formativa che colloca l'Italia in fondo alla media Ue, con ben due milioni e 900 mila studenti - piu' degli abitanti di Roma - che negli ultimi 15 anni hanno lasciato istituti tecnici e licei senza diploma in tasca. Solo Grecia e Bulgaria stanno peggio di noi. I calcoli di questa emorragia che "indebolisce il sistema Paese" vengono confermati anche da 'Tuttoscuola', che ha elaborato i dati del Miur.
Solo una parte dei dispersi - osserva il report – ha continuato gli studi nella scuola non statale o nei corsi di istruzione e formazione professionale (IeFP). Se i Neet in Italia nella fascia di eta' 15-29 anni (proprio 15 classi di eta') sono stimati in 2,2 milioni (pari al 22,7%), allora solo circa 700 mila di quei 2,9 milioni di ragazzi (cioe' 1 su 4) ha continuato gli studi fuori dalla scuola statale o ha trovato lavoro. Complessivamente negli ultimi quindici anni, non e' arrivato nemmeno alla soglia dell'esame di maturita' il numero colossale di 2.868.394 studenti.In Italia la quota di Neet e' molto superiore a quella della media europea (22,7 e 15,4 per cento rispettivamente). E cresce significativamente se rapportata a Germania (9,7%), Francia (14,5%) e Regno Unito (15,5%) per avvicinarsi a quella della Spagna (21,1%). Dopo le Isole (tasso medio di dispersione 35,4%) sia il Nord Ovest con un tasso del 29,1% ad avere la maglia nera. Tra le regioni virtuose, l'Umbria con una dispersione del 18,2%, seguita da Marche, Friuli e Molise con il 21,1%. Fanalino di coda la Sardegna (36,2%), seguita da Sicilia (35,2%) e Campania (31,6%). Le regioni del Nord Ovest, piuttosto omogenee, sono tutte sopra la media nazionale, con la Lombardia che sfiora il 30%. La media dell'area e' del 29,1% con oltre 39mila studenti dispersi nel quinquennio. Nel Nord Est la situazione e' buona, come peraltro e' quasi sempre avvenuto. La media e' del 24,5% con quasi 23mila dispersi dal 2009 al 2014.
Discrasie al Centro, con tre regioni, Umbria, Marche e Lazio, ampiamente sotto la media nazionale e l'altra, la Toscana, sopra il 27%. La media dell'area e' del 24,8%: oltre 28mila gli abbandoni. Buona infine la situazione nel Sud. Cinque regioni su sei (Campania esclusa) si posizionano sotto la media nazionale del 27%. Complessivamente l'area, con una dispersione di 47.674 studenti, registra un tasso di abbandoni del 27,5%.
domenica 23 marzo 2014
Burgio: Moretti, il distruttore delle Ferrovie dello Stato, dovrebbe vergognarsi...
http://ilmanifesto.it/read-offline/69317/silenzio-parla-moretti.pdf
Burgio ha ragione: semmai è da pensare ai tempi in cui viviamo, in cui impunemente si possono fare simili affermazioni, offendendo migliaia e migliaia di onesti lavoratori: dietro c'è tutta l'arroganza e la protervia del potere capitalistico e dei suoi ignobili servitori strapagati per distruggere il settore pubblico e favorire i profittatori privati. (fe.d.)
http://ilmanifesto.it/read-offline/69317/silenzio-parla-moretti.pdf
Burgio ha ragione: semmai è da pensare ai tempi in cui viviamo, in cui impunemente si possono fare simili affermazioni, offendendo migliaia e migliaia di onesti lavoratori: dietro c'è tutta l'arroganza e la protervia del potere capitalistico e dei suoi ignobili servitori strapagati per distruggere il settore pubblico e favorire i profittatori privati. (fe.d.)
http://ilmanifesto.it/read-offline/69317/silenzio-parla-moretti.pdf
domenica 9 marzo 2014
Liste elettorali, legalità ed idiozia
Giunge in queste ore la notizia che lo
scrittore Andrea Camilleri si sarebbe già ritirato dalla “Lista Tsipras” a
causa della candidatura, nella stessa lista, di Luca Casarini, ex leader dei
“disobbedienti” veneti, ex esponente molto mediatizzato del “movimento No
Global” di inizio millennio, ex ecc.
La ragione di questo ritiro ci permette di
stigmatizzare – con tutta la determinazione di cui siamo capaci – il più idiota
dei “luoghi comuni” che affligge i “movimenti della società civile” da un
ventennio a questa parte. La “lista Tsipras” - senza che il leader di Syriza ne
sapesse probabilmente granché – si era data come principio di ammissione delle
candidature quello della “fedina penale immacolata”, in omaggio al dogma
“legalitario” in uso anche presso il Movimento Cinque Stelle. E il povero
Casarini, in effetti, qualche condanna l'ha avuta. Per ragioni che ci hanno
visti sempre solidali, anche se fortemente critici con la sua linea politica,
culturale e quant'altro.
Sta di fatto che la “garanzia” a Casarini è
stata data, sembra, da Tsipras in persona, a sua volta ex esponente dei No
Global nel suo paese, che proprio non poteva capire perché un titolo di merito
– l'aver contrastato il neoliberismo imperante anche e soprattutto nelle piazze
– si dovesse trasformare in una ragione di esclusione dalla vita istituzionale.
E quindi Casarini resta candidato, mentre Camilleri si ritira.
Come mossa di campagna elettorale è un vero
capolavoro. E altre probabilmente ne arriveranno nelle prossime settimane,
vista la disomogeneità totale del caravanserraglio mal allineato dietro il nome
del leader greco.
Non siamo parte di quel “trenino” a là
Gambardella, quindi ci concentriamo sul dato di fondo, politico e culturale
insieme: il tabù della “condanna penale” a prescindere dal tipo di “reato”
commesso.
Sappiamo benissimo da dove proviene questo
cancro del pensiero “movimentista civile”: da un ventennio berlusconiano che ha
azzerato le capacità critiche dei critici del Caimano, nel solco delle idiozie
seminate a piene mani da Repubblica e zone limitrofe. Un ventennio in
cui – vista l'assoluta incapacità o volontà di delineare un'opposizione
programmatica e valoriale al neoliberismo (in parte rappresentato dallo
stesso Berlusconi, in parte anche maggiore impersonato dal “centrosinistra”) -
le uniche “ragioni unificanti” dell'opposizione a Berlusconi sono state trovate
nella sua dichiarata indifferenza alle regole del condice penale come di quello
civile, ma persino di quelle del galateo e fors'anche dello stare a tavola (se
ricordiamo qualcosa delle “serate eleganti” di Arcore).
Ma criticare il Cavaliere perché “illegale” e
contrapporglisi in nome della “legalità” è la morte della capacità di pensare.
Nonché fonte di divertenti contraddizioni: tipo il “falso in bilancio”, ad un
certo punto depenalizzato e trasformato in illecito amministrativo. Immaginiamo
quanti “civilissimi movimentatori” si siano buttati a commettere quello che –
grazie al Caimano – non era più un reato... Del resto, se il capofila di questo
“pensiero” è De Benedetti...
Un intero movimento politico-elettorale si è
formato su questa base, i Cinque Stelle. Senza farsi neppure un problema
dell'avere come leader assoluto – e anche parecchio dispotico – un
“pregiudicato” come Beppe Grillo (condannato per omicidio colposo in un
incidente stradale da lui provocato). Anche qui si vede in azione la morte del
pensiero. Ora il leader massimo del M5S ha aggiunto una nuova condanna – quella
a 4 mesi per aver infranto i sigilli alla baita dei No Tav – e tutti i suoi
seguaci possono sperimentare dal vivo quanto idiota sia quella “preclusione”.
In effetti, qualcuno dei suoi gli ha subito scritto benedicendolo per questa
“medaglia” conquistata sul campo. Ma senza accorgersi di star sostenendo
qualcosa di innominabile nell'ambito del “pensiero grillino”.
Paradossi apparenti, frutto di un modo di
ragionare che impedisce di ragionare.
La nostra posizione è nota e semplice: a noi
interessa sapere se una persona che deve assumere un ruolo è degna di fiducia e
all'altezza di quel ruolo. Non ci piacciono i bimbiminchia che
arrivano “vergini” ai ruoli di responsabilità. Probabilmente sono servi del
potere, corrotti ancora prima di arrivarvi, "raccomandati" con
relazioni personali "intense" con uno o più capicordata.
Per sapere se è "degno", l'unico modo
serio è averne verificato le capacità nel vivo del conflitto, sociale e
politico. Se ha saputo prendersi delle responsabilità, avere iniziativa,
risolvere problemi, mantenere l'equilibrio anche nelle situazioni difficili,
lavorare in modo disinteressato e senza sprecare risorse collettive... per noi
va bene.
Se nel corso della sua esperienza conflittuale
è stato magari denunciato, picchiato, arrestato o condannato... Per noi è un
titolo di merito. Ops, l'abbiamo detto: siamo meritocratici!
Caro Camilleri, Montalbano ci darebbe ragione...
Dante Barontini (Contropiano)
martedì 4 marzo 2014
Lode a Mario Lodi
Domenica scorsa, 2 marzo, a Drizzona, è morto a 92 anni Mario Lodi.
E’ stato maestro e pedagogista e, a suo modo, un
grande praticante filosofo.
Un suo libro, tra i tanti che ha scritto, che
consiglio: “C’è speranza se questo accade al Vho”; la prima edizione risale al
1963, ma quel suo “diario di un maestro” in cui racconta un modo autentico di
fare scuola, aperto al confronto tra i colleghi e avendo come stella polare la
democrazia partecipata, è ancora assolutamente attuale perché come ha scritto
nella prefazione di una recente ristampa: "C'è speranza se questo accade
al Vho offre ancora risposte e orientamenti validi al disorientamento di tanti insegnanti
del nostro tempo: la scuola di oggi è chiamata a rispondere a nuove sfide, i
bisogni dei bambini di oggi sono per molto versi differenti da quelli
dell'Italia degli anni Cinquanta, eppure uguale è il loro bisogno di autentica
felicità. A questo deve mirare una buona scuola".
Che la terra gli sia lieve…
Gianni
Trezzi
fe.d.
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