Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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sabato 26 febbraio 2011

album fotografico Convegno 90° PCI -Roma

clicca su album fotografico -- Convegno 90° PCI -Roma, Università La Sapienza, 18 e 19 febbraio 2011

giovedì 24 febbraio 2011

Video Convegno 90° PCI-Università La Sapienza di Roma

Università di Roma "La Sapienza" - Facoltà di Lettere | venerdì 18 - sabato 19 febbraio
ALCUNI SPUNTI DEL DIBATTITO "NODI STRATEGICI, CONTINUITA' E SVOLTE NELLA STORIA DEL PCI


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domenica 6 febbraio 2011

Ricostruire il partito comunista -- Appello dei mille

UN MANIFESTO POLITICO CON LE PRIME 1000 ADESIONI

per aderire inviare una email all'indirizzo
ricostruireilpartitocomunista@gmail.com

La grande crisi capitalistica irrisolta, destinata a durare a lungo, spinge le classi dominanti verso soluzioni di destra sia sul versante economico-sociale che su quello politico-istituzionale.
Nella debolezza strutturale del capitalismo italiano, caratterizzato dalla distruzione del settore pubblico dell’economia, dalla esiguità della grande industria, dalla prevalenza della piccola impresa basata su bassi salari, super-sfruttamento, lavoro sempre più precario, le classi proprietarie scelgono l’arroccamento a difesa dei propri privilegi.
La manovra di Tremonti colpisce gli interessi popolari, non intacca rendite e redditi elevati.
Il modello Marchionne richiede piena libertà di manovra, totale potere sull’uso della forza-lavoro, annullando il contratto nazionale collettivo e le tutele previste dallo Statuto dei lavoratori. Contro la Fiom, che ha colto il significato politico dell’attacco padronale, è schierato un blocco proprietario che va ben al di là della compagine berlusconiana e comprende, oltre i sindacati filo padronali, anche un’ampia area del PD.
L’attacco alla Costituzione intende smantellarne, insieme con gli elementi portanti della forma di repubblica parlamentare fondata su un sistema elettorale proporzionale puro, i capisaldi economico-sociali.
L’aggressione alla magistratura e all’autonomia dei diversi poteri dello Stato, la controriforma dell’Università, i tagli all’istruzione e alla formazione, la destrutturazione più in generale del mercato del lavoro, configurano un progetto di società antidemocratica, basata sempre più sulla precarietà sociale e civile.

Le resistenze e le lotte sociali, che dalle fabbriche alle scuole, dalle periferie all’Università, si sviluppano in Italia sono in gran parte prive di una sponda politica, e del Partito comunista quale intellettuale e organizzatore collettivo in grado di elaborare e realizzare una strategia democratica e progressiva, volta al socialismo, quale unica reale alternativa alla crisi attuale del sistema. Ciò implica una radicale inversione di rotta nel nostro Paese, facendo della difesa e rilancio integrale della Costituzione la base del programma politico, con la ripresa dell’intervento pubblico in economia e della programmazione democratica sotto controllo operaio e popolare.
I comunisti, che nei decenni seguiti alla lotta di Liberazione hanno espresso una grande forza politica, sociale, culturale, determinando alcune fondamentali conquiste sociali, vivono oggi una situazione di estrema difficoltà, in crisi di militanza, di partecipazione, di progetto strategico, privi anche di rappresentanti nel parlamento italiano ed europeo.
L'esigenza di ricostruzione di un partito comunista nel nostro paese si impone a tutte le avanguardie più coscienti delle lotte operaie, popolari, studentesche per dare direzione, organizzazione e prospettive ai conflitti sociali e politici.
Diciamo partito comunista, che è cosa diversa da una generica forza di sinistra anti-capitalistica, perché un partito di comunisti, tra le altre cose, avverte l'esigenza di una teoria rivoluzionaria costruita con rigore e scientificità (e come tale mai dogmatica, ma in continuo sviluppo); perché una coscienza comunista e di aspirazione al socialismo non si forma spontaneamente nei movimenti sociali di lotta, per quanto radicali, ma ha bisogno del partito come suo intellettuale collettivo; perché, tanto più in una fase di crisi profonda del sistema capitalistico su scala planetaria, vanno esplicitate le finalità generali e la dimensione internazionale della lotta per il socialismo e il comunismo. Perché questa prospettiva può vivere nell'Italia e nell'Europa di oggi solo se le avanguardie dei movimenti sociali in lotta diventano consapevoli del carattere sistemico della crisi e maturano una visione mondiale della lotta per il socialismo.

Alle comuniste e ai comunisti comunque collocati - a quelli che come noi sono o sono stati in vario modo militanti, dirigenti, sostenitori dell'esperienza ventennale di Rifondazione, o che ad essa hanno guardato con interesse - la condizione drammatica in cui si trova il movimento comunista in Italia, a rischio di dissoluzione, richiede di esprimersi senza reticenze: il progetto originario di Rifondazione è giunto al capolinea. Dopo lo scioglimento del Pci non sono state gettate le fondamenta adeguate su cui ricostruire un nuovo partito comunista all’altezza dei tempi.
La maggioranza del gruppo dirigente bertinottiano, nel corso degli anni, ha demolito l’impianto teorico e strategico comunista. Il congresso di Chianciano del PRC (2008) aveva alimentato molte speranze e, tra chi sottoscrive questo documento, vi è anche chi è stato determinante per aprire una nuova stagione, chiedendo un significativo cambio di rotta. Non solo questa discontinuità non c’è stata, ma a pochi anni di distanza ritroviamo un partito ancora più debole, incerto ed in piena crisi di identità.
Prendiamo atto che la fragilità e l'eterogeneità delle basi strategiche originarie di Rifondazione hanno dato vita a fratture e scissioni ed ora, a vent’anni di distanza, quel che rimane è un assemblaggio eclettico, dove gli scontri e le battaglie correntizie hanno prodotto un grave degenerazione della vita interna. L'assenza di un pensiero forte condiviso e di un collante ideologico sufficientemente solido, ha impedito a questo partito di reggere alle pressioni determinate dai grandi tornanti della storia. A fronte di reiterate richieste di un’inversione di rotta, il gruppo dirigente sembra voler ripercorrere gli stessi, micidiali, errori.
Per tutte queste ragioni, anche se sappiamo bene che in Rifondazione continuano a militare molte compagne e compagni che sentiamo idealmente vicini e con cui vogliamo tenere aperta l'interlocuzione, non riconosciamo più in questa esperienza politica un fattore propulsivo per la ricostruzione del partito comunista in Italia.
Negli ultimi tre anni, molti tra i firmatari di questo documento, hanno lavorato per questo obiettivo ed hanno chiesto, o sperato, che anche il PRC nel suo insieme se ne facesse carico. La risposta è stata sconfortante: chi non ha manifestato aperta ed ostile contrarietà, ha semplicemente rimosso il tema dall’agenda e dal dibattito politico. Si sono così ignorati appelli di singoli iscritti, interi circoli o ex militanti e si è rimosso il fatto che su questa questione sono state promosse, dal basso, decine e decine di iniziative in tutto il territorio nazionale. Anche quando c’è stato un timido richiamo di alcuni all’unità dei comunisti, questo veniva vissuto più come un problema di natura organizzativa che politica, e, comunque, alle dichiarazioni non è mai seguito un singolo atto concreto.
Centinaia di migliaia di compagne/i sono passati attraverso l’esperienza di Rifondazione per poi uscirne; molti di essi vivono una condizione di “diaspora”, da potenziali militanti senza organizzazione. E’ tempo di offrire anche a loro una sponda.
Se non si compiono i primi passi concreti in questa direzione, rompendo ogni indugio e tatticismo e avviando una prima fase aggregativa, l'ulteriore deriva e lo smarrimento di migliaia di militanti comunisti diventa inevitabile.

Siamo consapevoli che la crisi è complessiva e che non ci sono “isole felici”. Limiti ed errori hanno segnato pure l’esperienza del PdCI, ma essi sono oggetto di un ripensamento, come nel caso della riflessione autocritica sulla partecipazione al governo della guerra contro la Jugoslavia. Il suo gruppo dirigente ritiene che non esistano oggi le condizioni e i rapporti di forza per governare col centrosinistra e prende atto dell’involuzione reazionaria dell'Unione europea, valutando che ciò non era scontato in altre fasi. E non è privo di significato che esso non abbia ripudiato la storia del movimento comunista del ‘900, né condotto campagne ostili verso altri partiti comunisti o paesi ad orientamento socialista, nè abbia sostenuto il progetto della “Sinistra Europea” (che ha gravemente diviso i comunisti in Europa) e, diversamente da altri, abbia respinto l’idea di un partito organizzato in correnti.
Sappiamo che il PdCI non rappresenta la soluzione della questione comunista in Italia. Sono i suoi dirigenti per primi a riconoscerlo. Ma il fatto che il suo gruppo dirigente abbia assunto il progetto della ricostruzione di una nuova forza comunista unita ed unitaria, e oggi avanzi la proposta di avviare, nei prossimi mesi, una fase congressuale aperta - capace di dare vita ad un vero e proprio cantiere per la “ricostruzione del partito comunista” - determina una situazione nuova.
Facciamo appello a tutti i lavoratori, gli studenti, i disoccupati - consapevoli della gravità della crisi e dell'urgente necessità del partito comunista - a sostenere in tutti i modi possibili questo processo, nelle forme che ognuno riterrà più opportune.

Ci impegniamo a che si promuova una riflessione aperta sul significato della costruzione del Partito, stante l'attuale sviluppo dei rapporti di classe ed internazionali, lavorando per recuperare il ritardo di questi ultimi venti anni. Ineludibile per noi è il tema del radicamento sociale e di classe dei comunisti, e dunque di una organizzazione strutturata a tal fine. Ci proponiamo di innovare e rivoluzionare il nostro modo di agire e pensare per affrontare così, finalmente, nodi politici essenziali, prima di tutto quello della linea politica e della strategia di transizione al socialismo nelle condizioni dell’attuale assetto imperialistico mondiale; la forma partito più adeguata; il modello organizzativo; l'autofinanziamento; la comunicazione; il ruolo dei comunisti nei sindacati e nella riorganizzazione di un sindacalismo di classe.
Ci vorrà tempo, pazienza ed una grande capacità di ascolto, ma siamo consapevoli che se eludessimo questa discussione, troppo precarie si rivelerebbero le fondamenta della ricostruzione.

Questo impegno non contraddice l’esigenza giusta e sentita di una più vasta unità d’azione di tutte le forze della sinistra che non rinunciano al cambiamento, dentro e fuori la Federazione della Sinistra. Né esclude la ricerca di convergenze utili per arginare l’avanzata delle forze più apertamente reazionarie. E' dentro questa esigenza di unità d'azione a sinistra, non certo contro di essa, che può progredire e affermarsi il processo di ricostruzione di una forza comunista unitaria e indipendente. Anzi: tale sforzo unitario avrà tanto più successo, quanto più incisivo sarà il processo di ricostruzione del partito comunista.

A soli vent'anni dalla fine dell'Unione Sovietica, quando poteva sembrare a molti che la storia fosse finita e che solo dei visionari potessero riproporre credibilmente la questione del socialismo, oggi avvertiamo non solo che la dinamica storica ha ripreso a fluire, ma che essa si è messa a correre. Il mondo è segnato da una crisi del sistema capitalistico e del primato delle grandi potenze imperialiste che non ha precedenti.
Nuovi paesi e continenti emergono come i protagonisti del mondo di domani. Tra pochi decenni essi esprimeranno i due terzi dell'economia mondiale e per molti di essi si ripropone in vario modo il tema di una alternativa possibile di tipo socialista ed antimperialista.
E’ lo sfruttamento neo-coloniale attuato dalle potenze imperialiste, attraverso multinazionali le cui dimensioni economiche superano quelle di interi Stati, la causa prima della povertà che attanaglia la maggior parte dell’umanità, principalmente in Asia, Africa e America Latina.
E’ il tentativo delle potenze imperialiste – in primo luogo gli Stati Uniti – di mantenere la supremazia, la causa prima della guerra. Sono queste potenze le principali responsabili della crescente corsa agli armamenti – compresi quelli nucleari – e del conseguente aumento della spesa militare mondiale, che sottrae risorse ai bisogni vitali dell’umanità.
Per opporsi a tale sistema che porta il mondo alla catastrofe, vanno intrecciate lotta all’ingiustizia sociale e lotta contro la guerra, che in Italia significa anzitutto opporsi alla presenza delle basi Usa/Nato e alla partecipazione alle guerre, come quella in Afghanistan.

Sappiamo che la ricostruzione di un partito comunista in Italia è un processo arduo e complesso, di cui dobbiamo saper individuare fasi e tappe intermedie.
Abbiamo come riferimento i punti alti dell'esperienza e della elaborazione del movimento comunista italiano e internazionale, nell’ispirazione leninista e gramsciana, che va attualizzata.
Pensiamo che nella fase attuale sia possibile e necessario ricostruire un partito di quadri e di militanti con una influenza di massa; che pur non essendo da subito grande in termini di iscritti, sappia organizzare una presenza efficace dei suoi militanti nella società, nel sindacato, negli organismi popolari, nei comitati di lotta che vanno nascendo; e quindi sia capace, in questo senso, di esercitarvi una influenza di massa. Che sappia caratterizzare la sua presenza nelle istituzioni in stretto legame con le lotte popolari. Che si lasci alle spalle la degenerazione correntizia e sia gestito in modo collegiale e unitario.
Non è facile, ma è indispensabile.
Non ci nascondiamo le difficoltà dell'impresa, ma non vogliamo arrenderci e siamo convinti che troveremo migliaia di compagne/i pronti a sostenerla.
Lavoriamo perché essa si arricchisca del contributo delle giovani generazioni, che non hanno vissuto gli errori e le sconfitte del passato: ad esse appartiene il futuro.

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