Venezuela. Il leader dell’opposizione ormai punta tutto sull’intervento militare straniero. E sul «ritorno» anti-chavista di ogm e glifosato. Lo spauracchio dei «terroristi Eln» e dei cubani già in campo non convince neanche Trump.
- Claudia Fanti, Il Manifesto, 14.05.2019
Con le spalle al muro e in caduta libera di consensi, e per di più retrocesso dalla stampa mondiale
dal ruolo di «presidente ad interim» a quello di «leader dell'opposizione», Juan Guaidó tenta il tutto
per tutto, deciso a giocarsi l'unica carta che gli rimane: quella dell'intervento militare straniero. Ed è
così che rivolgendosi l'11 maggio alla sparuta folla dei suoi sostenitori, ha annunciato di aver dato
istruzioni al suo pseudo-ambasciatore negli Usa Carlos Vecchio affinché «si riunisca
immediatamente» con il Comando sud degli Stati uniti e con il presidente della Colombia Iván Duque
per definire una «cooperazione militare internazionale».
UNA DECISIONE GIUSTIFICATA con l'argomento che in Venezuela sarebbe già in atto un
intervento straniero, rappresentato dalla «penetrazione dell'Esercito di liberazione nazionale
colombiano e dei militari cubani, come rivelato dallo stesso usurpatore». Dove il riferimento è al
lapsus in cui è caduto Maduro il 9 maggio, parlando, durante una cerimonia di laurea di medici
comunitari, dell'arrivo nel paese di «un gruppo di 500 soldati cubani», prima di correggersi con una
risata spiegando che intendeva riferirsi a «500 medici specialisti». Una frase che Guaidó ha
interpretato come l'ammissione della presenza di militari cubani nel paese, in aggiunta al «50%
dell'organico della guerriglia dell'Eln» che si troverebbe in Venezuela: «Noi non vogliamo ha detto
che il paese diventi un santuario del terrorismo».
Non è la prima volta, in realtà, che Guaidó arriva a sollecitare l'intervento militare straniero. Era già
successo dopo il mancato ingresso di aiuti militari attraverso la frontiera colombiana, quando aveva
dichiarato di vedersi costretto a «proporre in modo formale alla comunità internazionale di
mantenere tutte le opzioni disponibili per liberare il paese». Salvo poi dover fare un passo indietro
dinanzi ai tanti distinguo sull’uso della forza espressi dagli stessi governi amici del gruppo di Lima.
STAVOLTA, TUTTAVIA, non avendo davvero più frecce al proprio arco, non sembra poter far altro
che confidare nellala più guerrafondaia dell'amministrazione Trump, malgrado le rivelazioni del
Washington Post su una crescente insofferenza del presidente Usa rispetto alla strategia
pesantemente interventista seguita finora in Venezuela da Bolton e dai suoi compari. Non a caso, il 9
maggio, appena due giorni prima dell'appello di Guaidó, il capo del Comando sud degli Usa Craig
Faller aveva dichiarato di essere «disposto a discutere il modo in cui appoggiare il futuro ruolo dei
leader delle forze armate» decisi a «restaurare l'ordine costituzionale», non appena avesse ricevuto
l'invito «di Guaidó e del legittimo governo del Venezuela»: «Siamo pronti», ha detto.
Né l'autoproclamato presidente ad interim deve più preoccuparsi della possibilità che l'invocazione
esplicita di un'invasione del proprio paese da parte di potenze straniere possa fargli perdere il
sostegno della popolazione: quel sostegno semplicemente non ce l'ha più. Dalla Deutsche Welle
all Associated Press e France Press, molti media hanno dovuto ammettere il nuovo e completo
fallimento della manifestazione convocata da Guaidó sabato scorso, prendendo atto del deciso calo
di consensi registrato dopo il fallito golpe del 30 aprile (benché in realtà sia iniziato già prima).
COME SE NON BASTASSE, il nome di Guaidó viene ora associato anche a quello di un'impresa in
gravissima crisi di reputazione: la Bayer, colosso tedesco della chimica e della farmaceutica, che,
con l'acquisizione della Monsanto, ne ha ereditato anche le cause due quelle già perse, in arrivo
altre 13mila intentate dalle vittime del glifosato, il principio attivo del diserbante Roundup dai
«probabili» effetti cancerogeni (stando allo Iarc, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro
che fa parte dall’Organizzazione mondiale della sanità).
COSA ABBIA A CHE FARE il colosso tedesco con Guaidó lo spiega nei dettagli Whitney Webb sul
sito MintPress News, evidenziando i legami della Bayer-Monsanto con figure chiave della strategia
Usa diretta a operare un cambio di regime in Venezuela, dove finora la «Legge sulle sementi del
popolo», approvata nel 2015, ha bloccato ogni tentativo dell'impresa di aprire il mercato venezuelano
ai propri prodotti, glifosato e ogm inclusi. E vi accenna anche, sull'inserto Affari&Finanza della
Repubblica di lunedì, Tonia Mastrobuoni, ricordando come Chávez avesse sventato già nel 2004 il
piano della Monsanto di piantare 500mila acri di terra agricola con soia geneticamente modificata e
riportando le accuse rivolte all'impresa di sostenere Guaidó «per rientrare nel paese e impadronirsi
delle piantagioni».