Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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venerdì 29 giugno 2018

GENEALOGIA DEL TARANTISMO


il 29 giugno i cattolici festeggiano i santi Paolo&Pietro, che, a dar retta alle tradizioni religiose, sarebbero comparsi dappertutto in Puglia. In particolare il culto paolino è assai vivo a Galatina, dove nella giornata di oggi s’incrocia con il rito della taranta. S’incrocia perché dal ‘700 in poi le gerarchie cattoliche hanno cercato di imbrigliare e mettere sotto controllo un culto antico ma pericoloso per le implicazioni psico-socio-sessuali che ne fanno da sfondo. Sulla genealogia della tarantella, poi trasformata dal folclore nella cosiddetta “pizzica pizzica”, una delle ipotesi più accreditate dopo gli studi di Ernesto De Martino nella sua celebre spedizione del 1959, è la sua origine nei culti dionisiaci molto diffusi in Magna Grecia, poi modificati (ma neanche troppo) dai riti rurali di passaggio stagionale, trasformando le Menadi possedute dall’ebbrezza, in tarantate morse dal ragno che “pizzica”.
Le foto-emblema della spedizione di De Martino del 1959 in Salento sono state scattate proprio a Galatina da Franco Pinna e raffigura una "tarantata" che cerca di spegnere la trance con la frenetica danza cercando pace sull'altare o sfidando il potere esorcistico del raffigurato Paolo di Tarso, apostolo che combatte i morsi del corpo e dell'anima, in quanto egli stesso probabilmente affetto da epilessia, isteria e depressione e convertito a Damasco dopo un'innumerevole serie di tentazioni della carne. 
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L'EPICENTRO DEL MITO DELLA TARANTA 
e del rito della possessione per il morso del ragno, si trova a Galatina, nel piazzale antistante la Cappella della chiesetta di Palazzo Tondi consacrata al santo Paolo. 
Scrive Wiki:
"Pozzo di San Paolo-Chiesa di San Paolo
La chiesa di San Paolo risale al XVIII secolo ed è incorporata al Palazzo Tondi. Nota anche come cappella delle Tarantate, è stata dal medioevo e sino alla fine degli anni cinquanta del XX secolo, teatro di fenomeni misteriosi legati al "tarantismo". In questa chiesetta, infatti, durante i festeggiamenti del 29 giugno, si recavano le donne, definite tarantate, che erano state vittime del morso della tarantola. Esse chiedevano la grazia al santo, pregando e bevendo l'acqua del pozzo attiguo alla chiesetta. Inoltre effettuavano un esorcismo musicale esibendosi in balli frenetici al suono dei tamburelli. Furono questi anche i motivi che spinsero l'etnologo italiano Ernesto de Martino ad avere interesse per il sito nella sua spedizione in Salento del 1959.
L'edificio, ad aula unica con volta alla leccese, ospita un altare settecentesco con una tela di Francesco Saverio Lillo che raffigura san Paolo con in mano una spada, le figure di un uomo e di una donna ed un angelo che sostiene un libro"--
- la foto-emblema della spedizione di De Martino del 1959 in Salento è stata scattata proprio in questo sito da Franco Pinna e raffigura una "tarantata" che cerca di spegnere la trance con la frenetica danza cercando pace sull'altare o sfidando il potere esorcistico del raffigurato Paolo di Tarso, apostolo che combatte i morsi del corpo e dell'anima, in quanto egli stesso probabilmente affetto da epilessia, isteria e depressione e convertito a Damasco dopo un'innumerevole serie di tentazioni della carne.
Oggi il fenomeno è sparito dall'autentico folclore per fare spazio a situazioni di esibizione della cultura popolare a fini turistici o meramente rappresentativi.
(fe.d.)




giovedì 28 giugno 2018

DOMENICO LOSURDO (1941-2018)


È MORTO IL FILOSOFO MARXISTA DOMENICO LOSURDO, INTELLETTUALE DI STATURA INTERNAZIONALE, PRESIDENTE DELL’ASS. MARX 21

il contributo di Wikipedia
(..) La sua riflessione filosofico-politica, attenta alla contestualizzazione del pensiero filosofico nel proprio tempo storico, ha mosso in particolare dai temi della critica radicale del liberalismo, del capitalismo e del colonialismo, nonché della concezione tradizionale del totalitarismo (Arendt), nella prospettiva di una difesa della dialettica marxista e del materialismo storico. (..)
Domenico Losurdo volge la sua attenzione alla storia politica della filosofia moderna tedesca da Kant a Marx e del dibattito che su di essa si sviluppa in Germania nella seconda metà dell'Ottocento e nel Novecento, per poi procedere a una rilettura della tradizione del liberalismo, in particolare partendo dalla critica e dalle accuse d'ipocrisia rivolte a John Locke, per la sua partecipazione finanziaria alla tratta degli schiavi.
Riprendendo ciò che afferma Hannah Arendt nel 1951, in Origini del totalitarismo, per Domenico Losurdo il vero peccato originale del Novecento è nell'impero coloniale di fine Ottocento, dove per la prima volta si manifesta il totalitarismo e l'universo concentrazionario. (..)
Losurdo appartiene alla corrente del marxismo-leninismo, e ammira anche l'interpretazione che Mao dà della "pluralità della lotta di classe", da collocare nel contesto dell'attenzione che rivolge al processo di emancipazione femminile e dei popoli colonizzati. È stato direttore dell'associazione politico-culturale Marx XXI, vicina prima al Partito dei Comunisti Italiani, poi confluito nel Partito Comunista d'Italia (2014) e nel Partito Comunista Italiano (2016), di cui è stato membro autorevole.

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sabato 23 giugno 2018

BREVI DELUCIDAZIONI PEDAGOGICHE SU ALCUNE CATEGORIE GRAMSCIANE


- Gramsci e la filosofia della prassi: un’espressione che il filosofo usa, nelle ristrette condizioni carcerarie in cui cerca di utilizzare espressioni non direttamente riconoscibili, per indicare il marxismo come interpretazione e trasformazione del mondo e la concezione materialistica della storia. La sola teoria è necessaria ma non sufficiente: il mondo va trasformato nella pratica, nell’azione rivoluzionaria e nella lotta di classe, nel solco dell'XI glossa a Feuerbach di Marx.
- Il ruolo della cultura è sovrastrutturale, ma influenza la struttura (la base economica e i rapporti di produzione da cui discendono i rapporti sociali, secondo Marx) in modo determinante quando diventa cultura dei popoli e cultura nazional-popolare. Esse subiscono l’influenza delle classi dominanti che detengono il potere e dunque la rivoluzione culturale si ha con la liberazione dal folclore e dal senso comune
- Il folclore discende da una visione magico-ingenua del mondo, ma è il punto di partenza della cultura popolare che segna simboli ed identità; il senso comune è lo strumento attraverso il quale le classi dominanti esercitano la loro egemonia sulle classi subalterne. Sia i mezzi di informazione sia i “grandi intellettuali”, la scuola e le istituzioni-istituti sovrastrutturali, veicolano l’opinione, in particolare politica e morale e, intrecciandosi con le credenze tipiche del folclore, formano il senso comune. Anche da questo bisogna partire per rivoluzionare il sistema dei falsi valori, merce e denaro e mercificazione dei rapporti umani, per progettare la società autoregolata. (fe.d.)



PEDAGOGIA E ANTIPEDAGOGIA


L’antipedagogia, sull’onda delle tesi sulla descolarizzazione di Ivan Illich, venne considerata negli anni 70 la più aspra critica al conformismo pedagogico funzionale alla scuola come “apparato ideologico” (vedi tesi ed elaborazioni in Italia di De Bartolomeis, i bellissimi lavori di Angelo Broccoli come “Antonio Gramsci e l’educazione come egemonia” del 1972, l’educazione come alienazione negli studi di Manacorda sul Marx pedagogo, solo per fare qualche esempio). Oggi, al contrario, l’antipedagogia è funzionale al sistema. Per antipedagogia, infatti, deve intendersi tutta quella metodica formalistica tendente alla riduzione della cultura e dell’istruzione a merce, e la trasformazione genetica della didattica dei contenuti in didattica delle competenze. (fe.d.)

I COMPITI
Sulla questione dei “compiti a casa” e dei “compiti per le vacanze”, puntualmente si sollevano nel nostro paese polemiche in cui naturalmente non c’è minima traccia di metodologie pedagogiche o solo meramente istruttive, ne’ comparazione scientifica con i sistemi scolastici di altri paesi. 

Ora io proporrò ai miei allievi, per la stagione estiva, una serie di letture spero corroboranti e utili. Il tempo di lettura deve essere sottratto, coscientemente, alla futilità di molte azioni pseudo/comunicative al cell.; il cervello non va mai all’ammasso o in ferie. Spero non si risentiranno molti soloni dell’antipedagogia modernista e fintamente progressisti che si annidano, copiosi, nelle stanze del MIUR a dettare la linea agli insegnanti, forti dei loro lauti stipendi mai guadagnati sul campo. 
Seguite dunque SCHOLA DUBLATINA ogni giorno, e non per dovere, per piacere. [prof. fe.d.]


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PER UN'ECOLOGIA DELLA MENTE/ - CATARTICO


la rabbia e il rancore sono due sentimenti negativi di cui bisogna imparare ad autoliberarsi. Osservando la natura. La contemplazione, infatti, è un lenimento dell’anima. (fe.d.)




domenica 17 giugno 2018

COMPITI DEI COMUNISTI OGGI


PROMUOVERE l’opposizione sociale di massa sulle contraddizioni di sistema
RICOSTRUIRE la sinistra di classe nel nostro paese per l’unita’ popolare
RESPIRARE il proprio tempo storico con l’AZIONE.
Ecco il compito dei comunisti di oggi.
Ferdinando Dubla - - MARX XXI, Taranto


mercoledì 13 giugno 2018

UN’ALTRA OPPOSIZIONE È POSSIBILE


Sinistra e comunisti, dunque la sinistra di classe, non possono identificare la propria con l’altrui opposizione. C’è bisogno di un’opposizione sociale di massa e la ricostruzione di una sinistra di classe è possibile da essa e funzionale ad essa. Bisogna sempre più rivendicare i valori costituzionali: la sovranità popolare si sostanzia di eguaglianza, lavoro e libertà, laicità, diritto alla salute, all’istruzione, cultura e conoscenza, dignità della persona e diritti civili, sociali e politici e contro ogni logica securitaria e giustizialista. È su questo che va costruita l’opposizione alle contraddizioni che inevitabilmente il governo legastellato aprirà sul terreno politico e sociale. (fe.d.)

Populismo e trasformismo, la lezione di Gramsci




Che c’entra Gramsci con il nuovo governo della destra e dei populisti? Chi voglia provare a capire i caratteri della nostra (eterna) crisi non può fare a meno delle sue analisi. Che come quelle di ogni classico mantengono intatta nel tempo la loro attualità.

In una nota del «Quaderno 6» scrive proprio del “populismo”: esso è una forma di neutralizzazione del protagonismo delle masse; di fronte alla loro domanda di diritti e di potere le classi dominanti «reagiscono con questi movimenti ‘verso il popolo’». Il “pensiero borghese”, aggiunge Gramsci, «non vuole perdere la sua egemonia sulle classi popolari e, per esercitare meglio questa egemonia, accoglie una parte dell’ideologia proletaria».

La parola chiave è “egemonia”. Il “populismo” è insomma il travestimento della destra che si fa sinistra, per conservare il potere economico, politico e culturale accoglie “parte” delle istanze di sinistra: il lavoro, le tasse, le domande securitarie, le identità corporative o di campanile, fino a certo deteriore “nazionalismo popolare” del ‘sangue e suolo’.

In una nota del 1930 Gramsci aveva indagato il fenomeno dall’altro verso: non dell’andare al popolo dei potenti, ma della ripulsa della politica da parte del popolo. Popolo che prova «avversione verso la burocrazia» o «odia il funzionario», antipolitica diremmo oggi, ma che pure non riesce a darsi una strategia autonoma di alternativa. Si tratta, nota acutamente Gramsci, di «odio ‘generico’ ancora di tipo ‘semifeudale’, non moderno, e non può essere portato come documento di coscienza di classe».

Due elementi: è una politica immatura quella del populismo, regressiva; d’altro canto non è possibile populismo ‘di sinistra’ (osservazione non scontata, non mancano oggi infatti tentativi di declinazione progressiva del populismo, direi da Laclau a Mélenchon). Occorre invece una critica moderna dello stato di cose esistente. Che solo la politica può dare. Contro populismo e antipolitica occorre non farsi corrivi con lo spirito dei tempi, non porsi “sulla difensiva” rispetto al piano egemonico dell’avversario. E invece la sinistra italiana, già agli occhi di Gramsci, scontava proprio un difetto politico, di «scarsa efficienza dei partiti», ridotti a «bande zingaresche» o al «nomadismo politico». L’eterno trasformismo della politica nazionale.

Questa doppia debolezza strutturale della destra di governo e della sinistra di alternativa è la ragione profonda ed esaustiva non solo della fragilità storica della nostra democrazia, ma dell’intero nostro tessuto civile, se è vero che in Italia non è «mai esistito un ‘dominio della legge’, ma solo una politica di arbitrii e di cricca personale e di gruppo».

Si pensi proprio alla nascita del governo Conte. Sul manifesto Gaetano Azzariti ha parlato di «gestione del tutto privata della crisi», con «il programma di governo trasformato in un contratto tra due signori stipulato davanti a un notaio, le cui obbligazioni sono assolte da un loro fiduciario». Populismo e privatismo possono ben andare insieme. Come per altro avevamo imparato già da Berlusconi.

L’alternativa a tutto ciò deve essere chiara e netta: tornare alla politica, al «dominio della legge», dell’interesse generale. Perché se certo la colpa dell’antipolitica è della politica, pure l’antidoto all’antipolitica può essere solo di nuovo la politica. Combattere il populismo si deve rivendicando la nobiltà della politica. E praticandola. Rischiando anche l’impopolarità dell’antipopulismo (tanto più che il risultato straordinario del referendum del dicembre 2016 prova che nei momenti topici il popolo italiano mostra discernimento e intelligenza politica).

Ancora Gramsci ricorda che il fenomeno dell’“apoliticismo” si spiega col fatto che i partiti in Italia «nacquero tutti sul terreno elettorale», risultato di «un insieme di galoppini e maneggioni elettorali, un’accolita di piccoli intellettuali di provincia», senza visione, senza strategia, senza senso della politica.

Queste dunque le priorità della possibile e necessaria alternativa al populismo: organizzazione delle masse popolari, autonomia culturale e politica, un partito della sinistra in grado di corrispondere al dettato dell’articolo 49 della Costituzione: «Concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale». Avendone un’idea possibilmente: di interesse nazionale, di politica, di democrazia.

da Il Manifesto, 12 giugno 2018


domenica 10 giugno 2018

I triangoli del SE'


3triangoli3 -- triangolo dell'identità o della relazione, triangolo dell'autostima, triangolo della frustrazione
- - La valutazione degli altri non mi serve da guida
(Carl Ramson Rogers)
- - eppure non esiste identità senza relazione, autostima senza riconoscimento, frustrazione senza aspettativa
(Ferdinando Dubla, counselor)

per Rogers la pura identità è possibile raggiungerla senza il condizionamento, e questo renderebbe più forte la propria energia interiore; ma l’identità non si costruisce senza relazione, dunque la valutazione endogena influisce sulla valutazione interna. Per la psicologia umanistica non-direttiva, così come anche per l’approccio olistico, la relazione d’aiuto non è valutativa.








PER UN’ECOLOGIA DELLA MENTE/ L’ENERGIA SOLARE


L’ENERGIA SOLARE
riveste, a mio avviso, un ruolo fondamentale per l’energia psichica, sebbene si incroci con lo stato d’animo. Per trasformarla in energia positiva, è necessario il training mentale, come sempre. Gli stessi fiori si esaltano e/o si deprimono rivolgendosi al sole, perché l’elemento che regge l’equilibrio naturale, e dunque anche l’equilibrio psico-fisico umano, proprio per la presenza vitale del sole, è l’acqua. [fe.d. counselor.1)]



martedì 5 giugno 2018

DIETRO LE PARATE


Le missioni militari in cui le Forze armate italiane sono impegnate in oltre 20 paesi: dal Kosovo all’Iraq e all’Afghanistan, dal Libano alla Libia e alla Lettonia, dalla Somalia a Gibuti e al Niger.
Quanto ci costano? è giusto farle?
Questo è un esempio di come l’opposizione sociale di massa che la sinistra di classe nel nostro paese deve promuovere, è un’altra opposizione rispetto al PD, servo dell’UE e della NATO, e di FI, sempre al soldo dei vari padroni, interni e del mondo.
(fe.d.) 

l’articolo di Manlio Dinucci oggi su Il Manifesto 

Quella del 2 giugno non è stata una parata militare, anzi nemmeno una parata, ma una «rassegna»: lo sostiene il ministero della Difesa che ne ha curato la regia (ultimo atto della ministra Pinotti).

La sfilata ai Fori Imperiali – di fronte al nuovo governo appena insediato – è stata simbolicamente aperta da 330 sindaci in rappresentanza della società civile, seguiti da tutti i settori delle Forze armate, per celebrare la «Festa degli Italiani – Uniti per il Paese». Nel suo messaggio il presidente della Repubblica Mattarella ha espresso la gratitudine del popolo italiano alle Forze armate per «la preziosa opera che svolgono in tante travagliate regioni del mondo per l’assistenza alle popolazioni gravate dai conflitti», in base alla «nostra Carta Costituzionale, architrave delle Istituzioni e supremo riferimento per tutti».

Man mano che i reparti sfilavano, venivano elencate le missioni militari in cui le Forze armate italiane sono impegnate in oltre 20 paesi: dal Kosovo all’Iraq e all’Afghanistan, dal Libano alla Libia e alla Lettonia, dalla Somalia a Gibuti e al Niger. In altre parole, venivano elencate le guerre e le altre operazioni militari cui l’Italia ha partecipato e partecipa, violando la propria Costituzione, nel quadro della strategia aggressiva ed espansionista Usa/Nato. Le operazioni militari all’estero, in cui l’Italia è impegnata, sono in continuo aumento.

Oggi 5 giugno, su incarico della Nato, cacciabombardieri italiani Eurofighter Typhoon cominciano a «proteggere» insieme a quelli greci lo spazio aereo del Montenegro, ultimo entrato nella Alleanza. Cacciabombardieri italiani già «proteggono» i cieli di Slovenia, Albania ed Estonia dalla «minaccia russa». Navi da guerra italiane si apprestano a salpare per il Pacifico, dove parteciperanno alla Rimpac 2018, la più grande esercitazione navale del mondo cui prenderanno parte, sotto comando Usa, le marine militari di 27 paesi in funzione anti-Cina (accusata dagli Usa di «espansione e coercizione» nel Mar Cinese Meridionale). Forze speciali italiane hanno partecipato in Niger a una esercitazione del Comando Africa degli Stati uniti, sponsorizzata dall’Unione europea, in cui sono stati addestrati circa 1900 militari di 20 paesi africani.

In Niger, dove gli Usa stanno costruendo ad Agadez una grande base per droni armati e forze speciali, l’Italia si appresta a costruire una base destinata a ospitare inizialmente 470 militari, 130 mezzi terrestri e 2 aerei. Scopo ufficiale dell’operazione, ostacolata da opposizioni all’interno del governo nigerino, è aiutare il Niger e i paesi limitrofi a combattere il terrorismo.

Scopo reale è quello di partecipare, sulla scia di Francia e Stati uniti, al controllo militare di una regione ricchissima di materie prime – oro, diamanti, uranio, coltan, petrolio e molte altre – di cui nemmeno le briciole vanno alla popolazione che vive per la maggior parte in povertà estrema. Col risultato che cresce il dramma sociale e di conseguenza anche il flusso migratorio verso l’Europa. Il nuovo governo intende «rivalutare la nostra presenza nelle missioni internazionali sotto il profilo del loro effettivo rilievo per l’interesse nazionale». Per farlo, occorre però stabiire quale sia l’interesse nazionale. Ossia se l’Italia debba restare all’interno di un sistema di guerra dominato dagli Usa e dalle maggiori potenze europee, o ne debba uscire per essere un paese sovrano e neutrale in base ai principi della propria Costituzione.

Politica interna e politica estera sono due facce della stessa medaglia: non ci può essere reale libertà all’interno se l’Italia, sovvertendo l’Articolo 11, usa la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli.