domenica 26 settembre 2021
Da Buenos Aires a L’Avana: Gramsci in America Latina
venerdì 24 settembre 2021
Dalla “Questione meridionale” alla “The Southern Question“
Su scala internazionale, "questione meridionale" diventa "the southern question", da problema geolatitudinario un problema storico-politico, attraverso la comprensione del colonialismo e la categoria di “colonialismo interno”, con il contributo di Gramsci per una nuova narrazione dei gruppi subalterni e della soggettività rivoluzionaria nella storia. - -Subaltern studies Italia
- Peter Mayo
è professore, relatore, editore, scrittore ed ex capo del Dipartimento di Arti,
Comunità aperte e Educazione degli adulti presso l'Università di Malta, a
Malta. È responsabile della Cattedra UNESCO in Educazione Globale degli Adulti
presso la stessa università.
Peter Mayo
Gramsci,
“The Southern Question“ e la comprensione del colonialismo
- Un
programma antirazzista di azione educativa e sociale può riuscire solo se
radicato nell'economia politica e nella comprensione del colonialismo. Questi
sono elementi che Gramsci cercava di portare nella sua analisi della questione
meridionale italiana, ponendo l'accento sull'economia politica e su una
interpretazione storica del «colonialismo interno» italiano. Il ricorso di
Gramsci alla politica economica è evidente soprattutto in Alcuni temi e nelle
note sullo Stato postrisorgimentale, dove la subordinazione del Mezzogiorno è
spiegata con ragioni economiche (..) Applicando la riflessione ispirata da
Gramsci alla questione meridionale e ai temi a questa correlati, come quelli
relativi al mondo arabo e all'Islam, si possono individuare alcuni spunti per
il tipo di lavoro che partiti genuinamente socialisti e altre organizzazioni
possono fare, operando in una situazione caratterizzata da un'immigrazione massiccia
verso i paesi dell'Europa meridionale, per creare la coscienza necessaria ad
alimentare una maggiore solidarietà tra gruppi subalterni diversi. Questa è una
delle sfide più grandi che chi si impegna in una politica socialista in questa
regione deve affrontare. Si tratta di un lavoro di natura inequivocabilmente
educativa, come lo era quasi tutto il lavoro compiuto da Gramsci nel suo
tentativo di formare una coscienza della classe lavoratrice veramente
rivoluzionaria nell'Italia del suo tempo. Dopo tutto, per Gramsci l'educazione
è fondamentale ai fini e il lavoro educativo nel quale è necessario impegnarsi,
nel contesto contemporaneo, è molto lungo; ma questo lavoro diventa ancora più
urgente con i tanti esponenti della classe lavoratrice locale che vivono in
condizioni di precarietà, che più soffrono degli effetti devastanti delle
politiche neoliberiste della globalizzazione. A meno che tale strategia
educativa non venga sviluppata, diventa più probabile che esponenti della
classe lavoratrice vengano attratti da quel discorso della destra populista,
spesso neofascista, che fa leva sulle loro paure e produce ulteriore
segmentazione e antagonismo tra lavoratori su basi etniche. Da ciò possono
derivare alleanze inopportune, e la mistificazione del fatto che lavoratori e
immigrati condividono lo stesso destino: quello della subalternità e
dell'essere vittime di uno spietato sfruttamento capitalistico. Partiti di
tradizione socialista sono stati accusati di scansare la responsabilità di
impegnarsi per alimentare la solidarietà interetnica tra i lavoratori, e di
farlo per il timore di perdere voti: è una situazione che evidenzia i limiti
della democrazia borghese per una politica genuinamente socialista basata sulla
solidarietà tra i lavoratori, di là dall'appartenenza etnica e nazionale.
“Ben oltre la comprensione del
colonialismo e della sua base politico-economica, è necessario capire gli
effetti a lungo termine dell'imposizione di un ordine culturale mondiale
contraffatto. Questo ci permetterebbe di alimentare quel senso di solidarietà
invocato da Gramsci. Questi sono gli elementi che Gramsci ha cercato di
inserire nella sua analisi della questione meridionale italiana, ponendo
l'accento sull'economia politica, su un'acuta analisi culturale e
sull'interpretazione storica del Risorgimento (una rivoluzione passiva) e del
processo di «colonialismo interno» che ne derivò.”,
foto: cop. di Peter Mayo, “Gramsci and Educational Thought”, ed.inglese
Wiley-Blackwell, 2010
lunedì 20 settembre 2021
ERNESTO DE MARTINO: NATURALISMO E STORICISMO NELL’ ETNOLOGIA edizione Laterza 1941/ Il libro disponibile su Academia / recensione di Carla Pasquinelli
Carla Pasquinelli
martedì 14 settembre 2021
Ernesto de Martino: Intorno all' opera “Naturalismo e storicismo nell’etnologia”, Laterza, 1941
- la nostra raccolta di saggi ha la
piccola ambizione di provvedere, per la parte che le spetta, a ristabilire la circolazione interrotta,
e a mettere almeno in comunicazione due domini che coesistono estranei l’uno
accanto all’altro: il dominio etnologico e quello della più progredita metodologia
della storia.
(pag.11)
- mi sembrò che a rinnovare l’esorcismo fallito potesse concorrere una nuova etnologia, concepita come conquista di una ragione più ampia ed efficace della ragione tradizionale, maturatasi attraverso una storia essenzialmente interna della civiltà occidentale, dal Rinascimento all’Illuminismo, dalla ragione illuministica a quella storicistica. Si trattava di provare e riprovare la ragione storica dell’Occidente attraverso l’esperimento desueto con l’ethnos e di comprendere meglio le autentiche civiltà dell’ethnos distinguendole da quel primitivismo, contesto di sermon prisco e di bugia moderna, che operava in modo immediato e incontrollato nel costume e nella vita morale della nostra civiltà; si trattava di liberarsi, attraverso la scienza dell’ethnos, dai cosiddetti «etnocentrismi occidentali» e dalle loro inconsapevoli proiezioni sia nelle civiltà dell’ethnos sia nella «natura umana in generale»; si trattava di analizzare le condizioni storiche in cui, nelle civiltà primitive, erano maturate esperienze e risposte culturali diverse dalle nostre, e di chiarire come quelle esperienze e quelle risposte, lasciate rigerminare nelle condizioni della civiltà moderna, perdevano la loro autenticità e maturavano in conflitti e in contraddizioni che, in ultima istanza, avrebbero condotto la civiltà moderna alla catastrofe. Ma soprattutto si trattava di una presa di coscienza culturale che, nel momento stesso in cui si apriva alla comprensione delle civiltà cosiddette primitive, poneva in causa la stessa determinazione borghese della civiltà occidentale, la sottoponeva a verifica, ne misurava i limiti interni di origine e di sviluppo: ma tutto ciò nell’intento di guadagnare una migliore fedeltà al carattere e al destino della civiltà occidentale, ed evitando la falsa pietà storica dell’irrazionalismo variamente abdicante, gli smarrimenti di un relativismo senza prospettiva e le sospensioni pseudo-oggettivistiche di un neutralismo che tradiva la morte di ogni capacità di scelta e della stessa volontà di storia.
da Promesse e minacce dell’etnologia, in Furore, simbolo e valore, Milano, 1962, pp.69-70.
INDICE di Naturalismo e storicismo nell’etnologia, Laterza, 1941
Introduzione (pag.7)
Saggio critico sul prelogismo di Levi-Bruhl (pag.17)
Un problema mal posto dell’etnologia religiosa: la prima forma di religione (pag.77)
I principi della scuola storico-culturale (pag.119)
Intorno ad alcune scritture di metodologia etnologica (pag.169)
Indice dei nomi (pag.211)
Indice analitico (pag.215)
mercoledì 8 settembre 2021
PIETRO SECCHIA e GLI STEREOTIPI STORICI. L'intervista a Cumpanis (2)
martedì 7 settembre 2021
Gramsci, la coscienza di classe e i collettivi di studi subalterni. L'intervista a Cumpanis (1)
lunedì 6 settembre 2021
Eric J.Hobsbawm, Per capire le classi subalterne
GRAMSCI IN GRAN BRETAGNA
a cura di Derek Boothman, Francesco Giasi, Giuseppe Vacca
Bologna, Il Mulino 2015
extract. in stralci da pp. 141/143
venerdì 3 settembre 2021
GRAMSCI: L’ANALISI e LA CLASSE - l'intellettuale 'organico' alle classi subalterne
Tra POPOLO e INTELLETTUALI: sapere, comprendere e sentire
mercoledì 1 settembre 2021
IL GRAMSCI di FORMIA
Le condizioni in cui Gramsci redasse i suoi quaderni nel 1934/1935
di Valentino Gerratana
FINO ALLA VITTORIA “PERMANENTE” DEI SUBALTERNI
dal Quaderno 25 (XXIII) 1934 Ai margini della storia (Storia dei gruppi sociali subalterni)
§ ⟨2⟩. Criteri metodologici. La storia dei gruppi sociali subalterni è necessariamente disgregata ed episodica. È indubbio che nell’attività storica di questi gruppi c’è la tendenza all’unificazione sia pure su piani provvisori, ma questa tendenza è continuamente spezzata dall’iniziativa dei gruppi dominanti, e pertanto può essere dimostrata solo a ciclo storico compiuto, se esso si conchiude con un successo. I gruppi subalterni subiscono sempre l’iniziativa dei gruppi dominanti, anche quando si ribellano e insorgono: solo la vittoria «permanente» spezza, e non immediatamente, la subordinazione. In realtà, anche quando paiono trionfanti, i gruppi subalterni sono solo in istato di difesa allarmata (questa verità si può dimostrare con la storia della Rivoluzione francese fino al 1830 almeno). Ogni traccia di iniziativa autonoma da parte dei gruppi subalterni dovrebbe perciò essere di valore inestimabile per lo storico integrale; da ciò risulta che una tale storia non può essere trattata che per monografie e che ogni monografia domanda un cumulo molto grande di materiali spesso difficili da raccogliere.