1) La scuola si occupa delle persone in crescita, non di entità astratte scomponibili e riducibili a una serie di "competenze". L'insegnamento e l'apprendimento toccano infatti tutte le dimensioni dell'essere umano - intellettuale, razionale, affettiva, emotiva, relazionale, corporea - tra loro interconnesse e inscindibili; bisogna sempre ricordare, in tal senso, che quello tra gli insegnanti e gli studenti è prima di tutto un rapporto umano.
L'idea che la scuola possa essere incentrata sulla semplice acquisizione di “competenze” è profondamente sbagliata, sia perché applica a un ambito, quello scolastico, categorie nate in tutt'altro ambito, quello cioè dell'azienda e della produttività lavorativa, sia perché esclude appunto la dimensione integralmente umana, centrale nella scuola e nei processi lunghi e non lineari dell'apprendimento e della crescita.
2) Poiché la scuola pubblica ha come finalità l'istruzione e la formazione umana e culturale delle persone in crescita, i decisori politici, prima di ipotizzare qualunque "riforma", dovrebbero interloquire con gli esperti della trasmissione culturale e quelli dell'età evolutiva - insegnanti, psicoanalisti, intellettuali, educatori - e non con i rappresentanti di associazioni private - Fondazione Agnelli, Treelle, Anp, Invalsi - che rappresentano e perseguono appunto interessi privati.
3) La formazione e il reclutamento degli insegnanti devono avere al centro la preparazione culturale, la conoscenza approfondita e di prima mano dei contenuti disciplinari - solo degli autentici esperti possono infatti trasmettere agli studenti la passione per il sapere e per le singole discipline - la motivazione e la propensione all'insegnamento, alla trasmissione culturale e alla relazione con le persone in crescita. Per quanto riguarda l’aspetto relazionale, gli insegnanti devono poter avere un confronto con psicoterapeuti e psicoanalisti di comprovata esperienza ed elevata professionalità, anche attraverso lo strumento dello sportello d'ascolto (v.oltre) per esaminare le dinamiche su cui si fonda il rapporto educativo e per poter sciogliere, dove occorra, eventuali nodi relazionali.
4) Per svolgere il compito che le è affidata dalla Costituzione, la scuola pubblica deve essere incentrata sulla conoscenza e sulla trasmissione del sapere, oltre che sul rispetto delle esigenze psico-fisiche di crescita dei giovanissimi. Solo attraverso il confronto con i contenuti culturali, la loro elaborazione e acquisizione - a partire da un'approfondita alfabetizzazione - gli studenti potranno diventare cittadini liberi e consapevoli, in grado di contribuire a un reale progresso della società. Senza l'istruzione delle nuove generazioni, la stessa democrazia è svuotata di sostanza.
5) Se è vero che la scuola deve essere fondata sulla conoscenza, sul sapere, sullo studio, tutti gli strumenti e i metodi dell'insegnamento, compresi quelli legati all'uso delle tecnologie digitali, devono rimanere o ritornare a essere dei semplici mezzi, da utilizzare se e quando le necessità della trasmissione culturale (che è continua attività dell'intelligenza e rielaborazione e attualizzazione delle conoscenze) lo richiedano, evitando i frequenti rovesciamenti tra mezzi e fini che hanno caratterizzato il "didattichese" degli ultimi decenni e nel pieno rispetto della libertà di insegnamento, di un'istruzione ricca e plurale e della responsabilità culturale ed educativa affidata agli insegnanti.
In qualunque ragionamento sui mezzi, non va poi dimenticato come l’uso sempre più pervasivo della tecnologia digitale - che il ricorso alla “didattica a distanza” ha reso preponderante anche a scuola, a discapito di ogni esigenza didattica ed educativa che richiedesse strumenti diversi - sia direttamente collegato ai disturbi da iperconnessione che colpiscono i giovanissimi, con i rischi del ritiro sociale, con il senso di insicurezza e gli attacchi di panico che insorgono anche in conseguenza della mancanza di rapporti che è possibile vivere solo in presenza e della negazione della dimensione fisico-corporea, la cui messa in gioco è fondamentale per le persone in crescita. Non dobbiamo dimenticare che la relazione, le parole, i gesti e tutto ciò che passa nella comunicazione non verbale sono i primissimi strumenti degli insegnanti, gli unici davvero indispensabili.
6) Autorevoli esponenti politici hanno chiesto che gli apprendimenti non acquisiti in “didattica a distanza” vengano recuperati attraverso un prolungamento dell’anno scolastico. Questa proposta, purtroppo, appare niente più di una boutade demagogica: chiunque conosca il mondo della scuola e le dinamiche dell’insegnamento/apprendimento – e non pensi che consistano in una rapida verniciatura di “competenze” - sa benissimo che in due o tre settimane, alla fine di un periodo terribile, non è possibile recuperare nulla di ciò che si è perso in un anno di mancata scuola in presenza. Dopo vent’anni di devastanti “riforme”, occorrerebbero invece interventi precisi e profondi, non ipocrite soluzioni al limite del ridicolo, per rilanciare la funzione della scuola, e cioè:
7) Restituire centralità all’ora di lezione disciplinare, un’ora squalificata e messa ai margini da una serie di attività che ne snaturano la funzione e la rendono un’attività residuale. Se davvero si vuole recuperare il tempo perduto, occorre prima di tutto eliminare ciò che non è apprendimento e insegnamento:
- via i ridicoli percorsi di “alternanza scuola-lavoro” (ora PCTO), da sostituire semmai con stage sensati e non obbligatori, se e quando ne valga la pena, fuori dall’orario scolastico e su decisione dei consigli di classe;
- via i test INVALSI, che sottraggono settimane di tempo all’attività scolastica senza che se ne siano mai chiariti il senso, la funzione e l’utilità;
- via tutti i progetti non indispensabili (ad eccezione ad esempio della mediazione linguistica e culturale per gli studenti stranieri e dello sportello d’ascolto psicologico, attività che andrebbero affidate a seri professionisti attraverso degli albi nazionali e non alla casualità di progetti improvvisati), che fanno dimenticare da decenni che l’unico vero, utile, indispensabile progetto che la scuola offre è l’ora di lezione;
- via il RAV e tutti quei documenti in cui la descrizione astratta e burocratica dell'insegnamento prende il posto dell'insegnamento stesso, in una continua e paradossale certificazione del nulla;
- via i PTOF cervellotici (quello che davvero offre qualunque scuola pubblica è l’insegnamento dell’italiano, della matematica, delle lingue, delle scienze, delle arti, delle tecnologie, della letteratura, della storia, della geografia, della storia delle idee, la conoscenza di sé e del proprio corpo anche attraverso l'attività fisica e la socialità scolastica…non basta? Quelli che dicono che non basta vogliono in realtà togliere di mezzo proprio ciò che di prezioso la scuola offre)
- via tutte le attività burocratiche che sottraggono tempo, attenzione ed energie agli insegnanti, che devono dedicarsi esclusivamente all’insegnamento. Perché questa rivoluzione sia possibile occorre però:
8) Mettere in discussione l’intero impianto fallimentare dell’ “autonomia scolastica”, che da oltre vent’anni a questa parte ha ha trasformato la Scuola pubblica nazionale, "organo costituzionale della democrazia" (Calamandrei) in una serie di para-aziende in assurda concorrenza tra loro per la conquista della clientela, in inutili progettifici, in centri di potere e di proliferazione burocratica fine a se stessa, nei quali l'ambigua figura del dirigente-manager subordina quasi inevitabilmente le finalità didattiche ed educative della Scuola, le uniche che la fanno esistere e le danno senso, a esigenze burocratico-gestionali ed amministrative.
9) Infine, occorre fare ciò che tutti annunciano e nessuno realizza: diminuire nettamente il numero di studenti per classe, in modo che gli insegnanti possano davvero dedicare tempo e attenzione alle esigenze di ogni studente. Operazione oggi più fattibile grazie ai previsti finanziamenti europei.
redazione e coordinamento di Luca Malgioglio a cura del gruppo FB La nostra scuola: cultura, passione e relazione
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