Dina Bertoni Jovine: Introduzione a Antonio Labriola, Scritti di pedagogia e di politica scolastica, Roma, Editori
Riuniti, 1961
Dina Bertoni Jovine e Labriola -- presentazione abstract
integrale in Academia.edu
Se la lettura filologica del pensiero di Marx in chiave di
“filosofia della prassi” è stata uno dei meriti storici dell’ermeneutica di
Antonio Labriola, la sua riflessione pedagogica fu determinante per la
circolazione e l'influenza del suo pensiero. Ne scrive qui una delle più
importanti storiche italiane della pedagogia, Dina Bertoni Jovine (1898/1970), marxista e impegnata nelle fila
del PCI, tra le più eminenti studiose di politica scolastica, con
un'introduzione ad un'antologia sui temi educativi del filosofo cassinate, curata per gli Editori Riuniti ed edita nel 1961.
Labriola si mosse innanzitutto contro il formalismo
didattico delle “lezioni oggettive” (positivismo metodico-scientista) sostitutivo del confessionalismo (decadimento della corrente
spiritualista).
Nel passaggio dall’hegelismo (e dal neohegelismo del suo maestro Spaventa nonchè dallo psicologismo sperimentale di Herbart) al marxismo (carteggio con Spaventa curato da Berti, cfr. Giuseppe Berti, Per uno studio della vita e del pensiero di Antonio Labriola, Roma, 1954) ebbe notevole importanza la sua riflessione sui temi della libertà morale e della pluralità dell’interesse, della realtà storica e politica,
l'identificazione del problema della scuola con
quello della politica sociale.
Nell’opera del Labriola la scienza pedagogica appare sempre
più organicamente legata alla politica e alla storia. Il periodo più intenso
per il lavoro pedagogico si situa, per la B.J., tra il 1873 e il 1888 e sempre
con lo sguardo allargato alla necessità di trasformazione dei rapporti
sociali.
La libertà ha un limite nella possibilità, cioè la libertà
individuale ha il limite della possibilità che tutti siano liberi in base alle
condizioni materiali dell’esistenza. La libertà individuale può basarsi solo
sulla libertà sociale. La pedagogia non può isolare il rapporto
educatore/educando, ma inserirlo nella realtà storico-sociale e la
trasformazione di quel rapporto diventa possibile, nella stessa formazione del
carattere e della volontà morale, nel cambiamento strutturale, rivoluzionario,
di questa realtà. Educare alla libertà morale significa dunque educare alla
responsabilità sociale e la premessa herbartiana di individuazione psicologica
dei bisogni soggettivi dell’educando viene coniugata con l’esigenza di una
diversa organizzazione sociale, che non isoli la stessa organizzazione
scolastica e i metodi didattici in una separazione astratta e dunque sterile,
ma le vivifichi con la complessiva e concreta prassi trasformatrice.
L’educazione morale sociale diventa possibile con un
diverso insegnamento della storia: è storia quella delle collettività e dei
loro sforzi di incessante trasformazione della natura e delle relazioni umane,
non solo quella dei grandi personaggi, guerre e dinastie. E così la geografia,
studio delle condizioni naturali, ma allargata agli aspetti delle condizioni
materiali e culturali, etnologici ed antropologici dei popoli.
L’istruzione è abitudine alla riflessione, che forgia il
carattere e il costume sociale, per comprendere il mondo e trasformarlo.
La B.J. si sofferma inoltre sulla direzione di Labriola,
dal 1877, del Museo dell’istruzione e dell’educazione di Roma (che terminò di fatto
nel febbraio 1881), del suo impegno per un’adeguata preparazione
didattico-professionale dei maestri fondata sul metodo sperimentale,
sull'esigenza di una scuola popolare, architrave di un più esteso programma
politico, sulla libertà e responsabilità della cultura. L’appello del Labriola
di sottrarre ad un opprimente autoritarismo e accentramento burocratico la
scuola, la cultura, la scienza, funzionali all’analfabetismo di massa, fu
accorato, perchè impedimento al
progresso sociale e democratico dell’intera collettività nazionale.
ferdinando dubla