due importanti documenti di analisi della sinistra di classe che, partendo dall’osservatorio di Taranto, ridisegnano la necessità di non considerare più il “modello dello sviluppo” capitalista-industrialista, ma un intero paradigma di civiltà ecologico per una nuova società. ~ fe.d.
No a Taranto avamposto
dell'imperialismo USA-NATO
Si ad una diversificata
progettualità per il futuro della città dei due mari, con al centro il rilancio
del porto, commerciale e turistico. No alla monocoltura inquinante dell'acciaio,
si alla Via della seta e ad un'economia che valorizzi le valenze produttive del
territorio urbano e provinciale.
1) le motivazioni
politiche, ideali e culturali
CARO CONTE, CARO GOVERNO, il nostro futuro non è essere schiavi, né
dell'acciaio dei veleni, né dell'imperialismo USA-NATO.
Taranto, una città monopolizzata
dall'imperialismo USA-NATO e dalla monocoltura inquinante dell'acciaio deve riappropriarsi delle
vocazioni territoriali della sua identità culturale.
NO a Taranto avamposto
dell'imperialismo USA-NATO, si ad una diversificata progettualità per il futuro
della città dei due mari, con al centro il rilancio del porto, commerciale e
turistico. No alla monocoltura dell'acciaio, sì alla via della seta.
Il governo ha deciso di destinare
200 milioni di euro per rendere la nostra città ancora più vincolata e chiusa,
per sbarrare la strada a diversificazioni produttive e di sviluppo possibili in
base alla cooperazione internazionale, in particolare con la Cina. E' un
investimento a perdere, che renderà Taranto una città chiave delle SNF(Standing
Naval Forces) che costituiscono il
nucleo marittimo della Very high Readiness Joint Task Force del fianco sud della NATO, avamposto
dunque dell'aggressivo imperialismo guerrafondaio degli USA, che supporta ormai
le guerriglie commerciali dei dazi del presidente degli U.S.A.: dove non si
arriva con la competizione capitalista del falso libero mercato, deve pensarci
la violenza della guerra.
2) Il porto di Taranto può (per il PCI
deve) diventare un volano di sviluppo commerciale, per la nostra città.
turistico e industriale
Taranto città portuale si scontra
con i veti statunitensi che imprigionano e bloccano le iniziative di
diversificazioni sul nostro territorio come quella commerciale con la Cina,
"La Nuova Via della Seta”, che per i cinesi è un punto focale di un grande
progetto di investimenti e
infrastrutture nel Mediterraneo e al quale l’Italia ha aderito dal marzo 2019.
Taranto è sede dello Standing
Nato Maritime Group 2 e sta svolgendo una funzione militare sempre più importante
e delicata tanto da allertare l’intelligence
in merito alle possibili presenze della Cina nel porto e vi è subito l’appoggio
servile del governo che risponde agli statunitensi aderendo al progetto di
ampliamento della base Nato, finanziando opere per 203 milioni di € di cui 191
per l’ammodernamento della Base Navale e 11,6 per la riqualificazione dell’area
Chiapparo e con il dragaggio dei fondali fino a una profondità di 25m.
Tra gli altri sviluppi del porto emergono:
Il Molo San Cataldo per l’approdo a Taranto delle navi da crociera per
le quali ci sono già interessi di due importanti terminalisti del traffico crocieristico, che gestiscono le diverse
attività a terra, le quali hanno presentato istanza di concessione demaniale
marittima all’Autorità di sistema portuale del Mar Ionio - porto di Taranto -
per occupare un’area scoperta di 450 metri quadrati della banchina di ponente
del molo San Cataldo. Si tratta della Port Operation Holding, con sede a
Milano, e della Global Ports Melita Limiteds, con sede a Malta. Ciò potrà
portare ulteriori sviluppi turistici nella provincia di Taranto.
L’arrivo al porto dei Turchi di Yilport, il tredicesimo
operatore mondiale per volume di attività e primo del 2018, che hanno avuto una
concessione di 49 anni su una banchina di 1900 metri. La holding turca/cinese
Yilport è proprietaria del 25% di Cma Cmg, il terzo vettore marittimo mondiale
per il traffico container.
La svolta è segnata con l’arrivo del gruppo Ferretti,
leader mondiale nella progettazione, costruzione e vendita di yacht a motore e
da diporto. Il gruppo Ferretti, management e con professioni specifiche
italiane, possiede e gestisce cantieri navali in tutta Italia, il cui 58% è in
mano alla cinese Weichai, tra le più grandi società cinesi e mondiali che operano
nella componentistica di auto e veicoli pesanti.
Inoltre tutto ciò può rilanciare la retroportualità e aprire finalmente la
piastra logistica, struttura costruita da anni e mai attivata.
3) Come la siderurgia
continua a danneggiare lavoro, lavoratori, ambiente, salute economia e sviluppo
alternativo e compatibile.
La situazione attuale dei
lavoratori di Taranto in Ilva as e quelli di AM è da considerarsi drammatica:1600
lavoratori inseriti in Ilva AS e 10600 lavoratori in AM nei vari siti, 3500-4000
lavoratori sono stabilmente collocati in Cigo.
Innanzitutto noi comunisti
italiani crediamo che le politiche vadano impostate per il futuro dando uno
sguardo al passato; una politica di sviluppo va costruita per le nuove
generazioni guardando e tutelando tutte quelle fasce sociali che hanno perso non
solo il lavoro e la dignità, ma soprattutto quei diritti conquistati negli anni
attraverso le lotte di classe. Oggi più che mai siamo chiamati a
riorganizzarci, confrontarci e unirci contro il nuovo capitalismo.
Karl Marx sosteneva che:
”il capitale non è una potenza personale, bensì è una potenza sociale.”
“Quanto più la classe dominante è capace di assorbire gli elementi migliori
della classe oppressa, tanto più solido e pericoloso è il suo dominio”
In Marx, i veri protagonisti
della trasformazione sociale sono le classi sociali. Egli intende la classe
come l’insieme degli individui che all’interno del sistema sociale si trovano
nella stessa posizione e hanno le stesse possibilità di accesso alle risorse
economiche sociali. Qualora gli individui dovessero diventare coscienti della
loro appartenenza in quella determinata classe, essa può diventare anche soggetto
politico promotore di cambiamenti anche rivoluzionari dell’ordine sociale e
non alienandosi al capitalismo. Ed è in questa prospettiva che il comunismo
appare la vera e propria via di salvezza al fine di sovvertire e contrastare il
regime di una politica neoliberista, oligarchica e lobbista. Nella prospettiva
marxista bisogna fare un’analisi strutturale e duratura nel tempo.
Il Presidente di Federacciai
afferma che la produttività dello stabilimento di Taranto è molto importante, è
il secondo stabilimento in grandezza e capacità in Europa dopo la Germania, e
se è molto importante la produzione di acciaio dell’industria italiana e quindi
la produzione non deve essere a regime di lavorazione basso ma mantenere un
regime di lavorazione altissimo, questo
fa capire che in queste condizioni Taranto con la sua provincia siano destinati
ad essere vincolati ad una sola industria e continuare a subire violenze
psicologiche (ricatto salute/lavoro) e
violenze per l'inquinamento costante industriale, a continuare ad essere
succubi di una precarietà e disoccupazione altissime che il nostro territorio
da molto tempo soffre.
- Noi PCI di
Taranto continuiamo a sostenere prima di tutto una vera nazionalizzazione
totale e non parziale dell’ industria considerata strategica e che tutti i lavoratori vengano reintegrati nel
proprio posto di lavoro, perché se consideriamo la media dell'età anagrafica
dei lavoratori di 45 anni e l’età contributiva di 23-25 anni, questo significa
che le maestranze ci sono e non si spiega il motivo di tenerle fuori dal mondo
del lavoro.
Dunque siano i lavoratori nel
loro complesso i promotori del proprio futuro, unendosi e diventando classe
operaia in sè e per sè, riconquistando i propri diritti nelle lotte di classe.
In questo senso bisogna pretendere investimenti industriali con bonifiche radicali
dei siti inquinati dall'amianto, materiale ferroso, polveri sottili; riconversione
industriale con introduzione delle nuove tecnologie verdi per eliminare
definitivamente il carbon coke;
riqualificazione e bonifiche, oltre che della fabbrica, dell'intero territorio
ionico.
Ora è arrivato il momento di dire
Basta! Alziamo una volta per tutte la testa: Taranto non è più disponibile a
subire violenze di qualsiasi natura,
SI al progetto “Via della
Seta”come è stata accettata per Genova e Trieste per un diverso sviluppo
economico, sociale, commerciale e culturale.
Basta con le politiche delle
lobbies e dei poteri forti, uniamo le forze per realizzare una Taranto diversa,
ecologica e turistica, polo culturale storico e archeologico. Basta delegare! Qui
bisogna essere partecipi del proprio futuro perché è il nostro e delle nuove
generazioni.
L'impegno politico ideale,
socio-culturale ed economico che poniamo all'attenzione dei quadri dirigenti
intermedi e nazionali come obiettivo di lavoro politico del partito, per la coalizione con i compagni
di Rifondazione Comunista e di
Risorgimento Socialista (lavoro già impostato proficuamente), con la sinistra
di opposizione con cui già lavoriamo sul territorio e ovviamente a tutte le
forze e i movimenti che a sinistra vogliano condividere il nostro percorso politico, organizzativo.
Proposta nell'alveo di un'economia che parta dalle risorse del territorio
già esistenti ma in perenne precarietà o peggio in perdita e trascurate e mal
valorizzate: vedi settore culturale , settore pesca, produzione ittica, portualità
e indotto artigianale e commerciale collegato o da collegare al nuovo modello
di sviluppo che descriviamo in questo documento e che sarà oggetto di ampi
approfondimenti tecnici, aderenti alla realtà, organizzativi.
Il PCI, attraverso tutte le proprie componenti dirigenziali e
organizzative, chiede con fermezza che venga avviato da subito un processo di
sviluppo economico alternativo a quello tuttora attivo, ma che è in evidente
crisi produttiva e in permanente conflitto tra lavoro-salute-ambiente, con una
conseguente economia bloccata.
Non solo protesta ma soprattutto proposta.
Comitato Cittadino
PCI -Taranto
novembre 2020
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TARANTO OLTRE IL RICATTO OCCUPAZIONALE, VERSO UNA RICONVERSIONE ECOLOGICA: 4 TERMINI CHIAVE DELLE NOSTRA POSIZIONE
Questo comunicato vuole chiarire la posizione del nodo territoriale di Potere al Popolo Taranto sulla questione ex-Ilva, dileguando il più possibile dubbi e cercando di avviare una discussione produttiva e forte a livello nazionale su tutti i tavoli tematici.
Perché questo comunicato
L’esigenza di un’espressione unitaria e chiara da parte del nodo di Taranto nasce dalla troppa ambiguità che circonda la posizione di Potere al Popolo a livello nazionale sulla questione ex-Ilva. In un quadro cittadino come quello di Taranto, nel quale anni e anni di tradimenti delle lotte politiche e sociali hanno legittimamente fatto nascere un atteggiamento scettico, è necessario fuoriuscire il più possibile dall’ambiguità delle posizioni, mettendo in chiaro le nostre rivendicazioni a livello territoriale. Allo stesso tempo, bisogna modulare la nostra comunicazione a livello nazionale, in modo sensato e costruttivo. In questo momento storico e data la conformazione stessa della storia siderurgica tarantina, ad esempio, le necessarie e legittime rivendicazioni della popolazione genovese non possono essere assimilabili a quelle della popolazione tarantina. Bisogna, in questo senso, affermare e definire con forza la diversità che contraddistingue le lotte che i territori si trovano ad affrontare riguardo ai diversi siti produttivi dell’ex-Ilva.
Come nasce la nostra presa di posizione
Negli ultimi mesi ci siamo confrontati con operai/e e cittadin* nel tentativo di chiarire il più possibile la situazione che caratterizza lo stabilimento siderurgico. Abbiamo studiato molto e, nello stesso tempo, abbiamo riflettuto con sempre più insistenza sul nostro compito politico, sulle pretese che un movimento come Potere al Popolo dovrebbe portare avanti e, più in generale, su quale modello di società e di economia vogliamo per il nostro futuro. Il risultato di questo percorso non può essere una proposta esaustiva per il futuro di Taranto. Per questo servirebbe uno studio nazionale, che si confronti con diversi aspetti della questione, in modo tecnico, capace e in grado di dettare una visione propositiva. Ci sentiamo invece perfettamente in grado di denunciare con forza le esigenze del territorio, dalle quali nessuna retorica può più sfuggire e che pongono forze di sinistra come la nostra di fronte alla pretesa di una nuova visione lavorativa e ambientale.
4 TERMINI CHIAVE DELLA NOSTRA POSIZIONE
Chiusura: non si può più sfuggire a questa pretesa, che nasce in modo inequivocabile dalle condizioni dell’impianto, dalla sofferenza della città, dall’impatto economico della fabbrica. Questa chiusura non può essere parziale, della sola area a caldo. Non può comprendere vie di mezzo, come l’istallazione dei forni elettrici. Chiunque spinga verso una scelta simile non valuta correttamente quanto radicalmente quell’impianto abbia compromesso il territorio tarantino, e banalmente, sottovaluta le problematiche che affliggono l’intera città. Propugnare la salvaguardia dell’occupazione e della produttività nazionale, proteggendo la fabbrica dalla chiusura, significa sottomettersi ancora una volta a quelle logiche che, insieme al profitto, hanno determinato un modello di produzione che non può essere in linea con quanto una forza rivoluzionaria dovrebbe pensare. Se Potere al Popolo vuole definirsi una forza rivoluzionaria, capace di ripensare il rapporto tra ambiente e lavoro, non può sottrarsi dalla messa in discussione di una fabbrica siderurgica come quella di Taranto, che per posizione, grandezza, debito ambientale e sanitario, e fatiscenza, non può e non deve trovare posto in un modello che possa dirsi “popolare”.
Affrancamento: per salvaguardare l’occupazione dobbiamo ripensare radicalmente il modello lavorativo, spingerci oltre la pura lotta di posizione e ripensare, come nel caso di Taranto, alternative occupazionali non soggette al ricatto della produzione inquinante e monopolizzatrice. Taranto soffre di una grave crisi occupazionale, determinata in gran parte da un modello monoculturale fondato sull’acciaio. Bisogna tenere a mente che una tale condizione non è determinata contingentemente dall’immobilismo della progettazione industriale a livello nazionale. Il modello della città industriale – della grande industria – ha in sé l’inevitabile tendenza alla monocultura e alla conseguente distruzione di ogni capacità occupazionale del territorio. Il crescente tasso di disoccupazione è legato a doppia mandata alla distruzione di ogni diversificazione produttiva sul territorio. Salvaguardare l’occupazione, per noi, non può coincidere col tutelare un posto di lavoro all’interno di un impianto produttivo radicalmente in contraddizione con la nostra idea di sviluppo territoriale e nazionale. La folle corsa alla tutela dell’occupazione in un sito produttivo come quello di Taranto nasconde la maggior parte delle volte sotto un velo di inadeguato sindacalismo il ricatto occupazionale e il disastro ambientale e sociale di un intero territorio. Non prender consapevolezza di ciò, credere ancora nella necessità della grande fabbrica per la salvaguardia dei posti di lavoro significa abbandonare ogni idea di un mondo più giusto, fondato sulla dignità della vita umana, sia essa a livello lavorativo, abitativo, sanitario, etc.
Collettività: Non possiamo astenerci dalla definizione dei mezzi che devono guidare un ripensamento della città di Taranto a partire dallo scioglimento del nodo ex-Ilva. Bisogna rivendicare il controllo popolare non solo sul destino dell’impianto siderurgico più grande d’Europa, ma anche sul destino dell’intera città. Pretendiamo quindi la collettivizzazione del processo di chiusura, smantellamento e riprogettazione dell’economia del territorio di Taranto. Lo Stato dovrà certamente farsi carico delle bonifiche e della riconversione produttiva e differenziata del territorio, considerando però quest’ultimo un soggetto ineludibile, tanto nelle decisioni, quanto nel coinvolgimento pratico nei processi.
Progettualità: Le monoculture hanno mostrato tutta la loro inefficienza in ogni loro declinazione. A Taranto, tanto nell’impianto, quanto nel suo indotto. Sostituire l’acciaio con il turismo o con un’economia basata in modo unilaterale sul terzo settore non può essere la soluzione per Taranto. Bisogna rivendicare con forza una progettualità capace di diversificare la produzione del territorio, avviando processi virtuosi basati sulla prossimità e sulla sostenibilità. Bisogna, in poche parole, fare di Taranto il centro di una rivoluzione “ecologista”. Superare il modello della città industriale per affacciarsi a produzioni diverse, capaci di rappresentare fino in fondo il territorio e, allo stesso tempo, di assicurare un futuro stabile a livello occupazionale.
Questo comunicato non ha il senso di un’esposizione esaustiva sulla questione siderurgica a Taranto, ma è l’espressione della nostra rivendicazione politica, maturata e acquisita in anni di confronto con le realtà territoriali e con le problematiche insite nella fabbrica. Vogliamo chiedere, a chi continua a credere che quella fabbrica debba rimanere aperta, che la continuità produttiva sia l’unico modo per tutelare l’occupazione sul territorio: in anni di procrastinazione, di continuità produttiva, che cosa ne è stato della città di Taranto? In che modo la presenza della fabbrica ha contribuito al futuro della città? Davvero il ricatto occupazionale ha vinto sulla nostra volontà di cambiare il mondo?
Come Potere al Popolo vogliamo tenere alto lo scontro, ampliare la conflittualità ed essere nelle lotte. Per fare questo a Taranto non si può più eludere il termine “chiusura”. Solo penetrandolo, facendolo nostro e, allo stesso tempo, radicalizzandone le rivendicazioni, potremo pretendere collettivamente un cambio di paradigma forte per il destino di una città che vive ormai di alienazione, ma che, nonostante ciò, continua a resistere.
Potere al Popolo Taranto, 10 settembre 2020