Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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domenica 8 gennaio 2017

LA DESTORIFICAZIONE DEL NEGATIVO IN ERNESTO DE MARTINO


Presentazione: La categoria di Ernesto de Martino, di “destorificazione del negativo”, molto complessa dal punto di vista filosofico ed antropologico, collegata all’”ethos del trascendimento” e “crisi della presenza”e applicata alle culture subalterne, in specifico alla civiltà contadina lucana e ai fenomeni del tarantismo pugliese, può essere riattualizzata a partire dal concetto di “alienazione” in Marx (il Marx dei Manoscritti del ’44), piuttosto che inserita nelle suggestioni esistenzialiste e fenomenologiche proprie di quando fu categorizzata, già oltre il concetto di alienazione presente in Feuerbach e riferito alla religione. Qui Amalia Signorelli la estende ad alcuni fenomeni sociali contemporanei, rivitalizzandola in senso sociologico e dunque resa disponibile per l’intero campo delle scienze umane in chiave di interpretazione del presente. (fe.d.)
 
LA DESTORIFICAZIONE DEL NEGATIVO IN ERNESTO DE MARTINO
(Amalia Signorelli)

Il mito, con il suo linguaggio simbolico, ci assicura che il controllo del negativo è possibile là, in un luogo mitico, fuori dalla storia; il rito, anch’esso con il suo linguaggio simbolico, ci guida nell’operazione di trasferire fuori dalla storia, cioè di destorificare, il negativo che ci minaccia. In questa operazione non è il negativo che ci assilla o ci minaccia a essere risolto: è la crisi della presenza a essere posta sotto controllo, è la possibilità di non esserci più al mondo a essere scongiurata attraverso l’esorcismo mitico - rituale. Esso garantisce la possibilità di tornare a operare, di affrontare “realisticamente” il negativo “reale”: certo, non necessariamente di risolverlo. Ma come tutti sappiamo per esperienza, il risultato “reale” non è l’unico risultato che in questi contesti importa raggiungere. Altrimenti non si verificherebbe così spesso che un gesto o una serie di gesti, una formula verbale, il possesso di un oggetto, riesca così bene, al contrario dell’analisi e l’argomentazione razionale, a controllare l’angoscia esistenziale. La destorificazione del negativo è così cruciale nel pensiero demartiniano, perché apre a tutta la problematica dell’efficacia dei simboli. Vale a dire che si torna alla questione originaria, allo spinoso rapporto tra razionalità e irrazionalità che al giovane De Martino fu proposto da Vittorio Macchioro. Gli universi simbolici, che i gruppi umani hanno prodotto fino a oggi nella loro lunga e non sempre facile lotta per esserci nel mondo, hanno avuto in maggioranza contenuti culturali magico – religiosi. Senza affrontare qui il dibattito sulla genesi e sulla natura della magia e della religione, dibattito che ovviamente ha fornito a De Martino molti dei materiali e dei problemi sui quali ha lavorato, limitiamoci a constatare che magia e religione poggiano già di per sé sull’idea dell’esistenza di un mondo parallelo, trascendente rispetto a quello in cui noi siamo, e tutto simbolico.

Un mondo ideale per collocarvi la destorificazione delle evenienze negative, un mondo popolato di “forze”, “poteri”, “spiriti”, “divinità”, che si pongono essi stessi come adiuvanti dell’operazione di destorificazione e, dunque, come garanti del suo concludersi con la reintegrazione della presenza minacciata. Di più: il mondo magico- religioso è di per sé un grande mito, che ne contiene e ne alimenta migliaia di altri, a ciascuno dei quali corrisponde o può corrispondere un rito, una pratica rituale; di conseguenza tutto l’universo magico- religioso si pone come un inesauribile repertorio di narrazione e di pratiche utili per la destorificazione del negativo. Nelle società contemporanee che si pretendono secolarizzate, la destorificazione del negativo attraverso il simbolismo magico –religioso non è affatto scomparsa: è addirittura integrata e rafforzata da una ricca fioritura di linguaggi simbolici che investono gli ambiti dell’economico (il consumo vistoso, il consumo simbolico), del politico (i progetti apocalittico- millenaristici, ma anche la figura del leader e il suo carisma), della ricreazione e del tempo libero (la popolarità e il suo fascino, l’appartenenza di gruppo e il conflitto “eufemistizzato” per esempio nello sport, l’esibizionismo narcisistico e il conseguimento “simbolico” del successo, del protagonismo, dell’affermazione individuale). Si potrebbe, anzi si dovrebbe continuare. Qui ho voluto soltanto accennare in modo estremamente sommario come nelle riflessioni demartiniane si trovino gli strumenti euristici ed epistemologici per indagare fenomeni tanto significativi nella storia umana, quanto cruciali e onnipervasivi nella storia contemporanea.

 da Amalia Signorelli: Ernesto de Martino-Teoria antropologica e metodologia della ricerca, L’asino d’oro ed., 2015, pgg. 88/89
 
Amalia Signorelli
Si è laureata nel 1957 discutendo una tesi diretta da Ernesto de Martino, che un anno dopo la chiamò a far parte dell’équipe di ricerca impegnata nello studio sul campo del tarantismo pugliese. Ha studiato i processi di cambiamento culturale nell’Italia meridionale, segnatamente le migrazioni, il clientelismo, la condizione femminile, le trasformazioni urbane. È stata professore ordinario di Antropologia culturale nelle università di Urbino, Napoli “Federico II”, Roma “La Sapienza” e professore visitante nella E.H.E.S.S. di Parigi e nel Departamento de Antropología de la Universidad Autónoma Metropolitana - Iztapalapa de México D.F. È stata consulente della CEE e dell’ILO per l’emigrazione. Tra le sue numerose pubblicazioni, ha dedicato all’opera di Ernesto de Martino alcuni saggi, ha scritto l’Introduzione e ha curato in collaborazione con Valerio Panza la pubblicazione di Etnografia del tarantismo pugliese (2011).
 
 
 

Risorse:

Presentazione di "Ernesto De Martino" di Amalia Signorelli - IBS ...

▶ 1:29:17



"Nella foto, scattata da Franco Pinna a Bella (Potenza) il 10 luglio 1959, sulla via del ritorno a Roma, sono riconoscibili tutti i membri dell'équipe tranne Diego Carpitella. Dall'alto in basso e da sinistra a destra si riconoscono, dopo i due bambini di Bella, Annabella Rossi, Giovanni Jervis, un notabile locale, Letizia Comba, Giuseppe De Sina - geometra di Bella, abituale informatore di de Martino -, Amalia Signorelli, Vittoria De Palma, un altro signore non ben identificato con il libro Sud e magia in mano, e infine, in primo piano, Ernesto de Martino" (E. de Martino, Etnografia del tarantismo pugliese. I materiali della spedizione nel Salento del 1959. A cura di Amalia Signorelli e Valerio Panza. Lecce, Argo, 2011, p. 56)
 
 
 


 

 

 
 

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