Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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mercoledì 8 marzo 2023

IL BLUES DI JAMES CONE: la divinità degli oppressi è black, la teologia è black, A Black Theology of Liberation

 

«Un nuovo spettro si aggira nelle società bianche e rende insicuri i teologi. Si chiama “teologia nera”. Dopo i socialisti, che hanno criticamente messo in discussione il posto che la teologia cristiana occupa nella società capitalista, è ora la volta dei neri, oppressi dalla colonizzazione e dalla schiavitù, che denunciano la nostra teologia come “teologia bianca”, perché condizionata e influenzata dalla situazione determinata dal predominio bianco nel mondo.» Con queste parole Jürgen Moltmann apriva un dibattito fra teologi sulla teologia nera negli anni '70. La nuova realtà teologica nasce dai movimenti per i diritti civili di Martin Luther King, dal costituirsi di Potere Nero e dall'emergere del gruppo rivoluzionario di presa di coscienza nera (Black Awareness Movement) e dell’impegno di Angela Davis, militante del Partito Comunista degli Stati Uniti d’America.

 

Il Dio/dio degli oppressi - La teologia dei neri americani, di qualsiasi chiesa e religione (specialmente il cristianesimo delle chiese nere e l’Islam nero), è incomprensibile senza accettare l’idea che la tradizione teologica di origine biblica è una teologia della liberazione, specialmente per i non bianchi e per coloro che furono soggetti al potere dei bianchi europei, in America e negli altri continenti. Questa è l’architrave della Black Theology di James Cone (1936-2018), nero dell’Arkansas che si appassionò anche alla musica blues e alla sua anima, agli spirituals e ai loro significati per l’antropologia del sacro; una Subaltern Theory dunque, ma ancor più propriamente una Post Colonial Theology.

James H. Cone insegnò teologia dal 1970, a New York, nel prestigioso seminario dell’Union Theological  e nel 1977 raggiunse l’apice della sua fama di teologo “sistematico”, conseguendo la cattedra di teologia “sistematica”, appunto, che era stata di Charles A. Briggs (1841 - 1913), già scomunicato dalla Chiesa presbiteriana per eresia a causa della sua teologia liberale riguardo alla Bibbia.

Accanto a Malcom X e Martin Luther King, James Cone, come d’altra parte Cedric Robinson e il ‘black marxism’, assurge a simbolo antimperialista e postcolonialista del razzismo classista dell’Occidente.

vedi anche su questo blog

http://ferdinandodubla.blogspot.com/2023/01/il-black-marxism-e-i-margini-di-marx.html

 

STORIA, SPERANZA E  LIBERTÀ secondo JAMES CONE

La libertà è quella struttura e quel movimento nell'esistenza umana che permettono di lottare contro la schiavitù e l'oppressione. La storia è il luogo in cui si attua la libertà. La speranza è l'anticipazione della libertà che si attua poi nella storia. La speranza è la visione della libertà, e la storia è il contesto in cui la visione diventa realtà. Libertà, storia e speranza sono tra loro collegate in quanto esprimono l'essenza dell'umanità, il suo posto e anche la sua realtà futura. Quando la libertà è separata dalla storia, non è più vera libertà: è un oppio, un sedativo che rende gli uomini contenti perfino della negazione della libertà, cioè dell'oppressione. Si nega pure la libertà quando la si scinde dalla speranza, dalla visione di un nuovo cielo e di una nuova terra. La speranza è la trascendenza della libertà, è il riconoscimento da parte dell'anima che ciò che 'è' si suppone che non sia. La storia è l'immanenza della libertà, il riconoscimento che ciò che 'è' è il luogo in cui siamo chiamati a dare testimonianza al futuro, è il "non ancora" dell'esistenza umana. La libertà è dunque un progetto, non un oggetto. E' la proiezione dell'io nella storia contro le strutture che negano la libertà, per dare testimonianze al regno futuro della perfetta libertà.

James H.Cone, da Contesto sociale della teologia: libertà, storia e speranza, sta in Teologie dal terzo mondo - Teologia nera e teologia latino-americana della liberazione, a cura di Archie Le Mone, Queriniana, Brescia, 1974, pp.17-18. Si tratta delle relazioni tenute nel simposio teologico tenutosi a Ginevra dal 1 al 5 maggio 1973 da James H. Cone, Hugo Assmann, Paulo Freire, ed Eduardo I. Bodipo-Malumba.


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