Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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martedì 11 aprile 2023

LA CONTRONARRAZIONE DEL SUD: noi non siamo il non-nord

 

A partire da un confronto laboratoriale e sperimentale stimolato dal dibattito, vogliamo ricostruire nuove contronarrazioni situate che interroghino il Sud, come uno spazio fluido, politico e in divenire, attraverso cui decostruire le categorie dominanti che per secoli hanno passivizzato il margine e la marginalità considerate ‘sottosviluppate’ e arretrate culturalmente.

 

NOI NON SIAMO IL NON-NORD

 

Dobbiamo conservare o abolire il termine meridionalismo? La storica narrazione meridionalistica, ha detto e scritto Conelli, si è rivelata insufficiente a spiegare il Sud a partire dai subalterni, dalla critica al paradigma sviluppista del capitalismo e dalla complicità delle élites meridionali funzionali alle classi dominanti che imponevano la disuguaglianza sociale strutturale. - Ancora una volta, con Gramsci, è necessaria una ricollocazione “organica” degli intellettuali, a partire dall’elaborazione di un pensiero meridiano, in cui in unico Sud c’è tutto il mondo, perché ogni Sud del mondo è il mondo stesso. La ’vecchia’ quistione è finita, ne è nata una nuova, non geolatitudinaria, ma globale, circolare, orizzontale - longitudinale. / fe.d.

 

MEZZOGIORNO ’FORCLUSO’

 

Decostruire l’idea di Mezzogiorno a partire dai suoi margini. Rovesciare il paradigma, con una lettura postcoloniale globale della “quistione”.

Francesco Festa recensisce Carmine Conelli e il suo “Il rovescio della nazione. La costruzione coloniale dell’idea di Mezzogiorno“, Tamu Edizioni, Napoli, 2023, pp. 237

 

- In effetti un libro che parli del Mezzogiorno d’Italia ha poche alternative: o è un libro scomodo, che punta dritto al cuore sferrando l’attacco dalle retrovie, da dove non ti aspetti e va a colpire un fianco aperto, oppure è un deja vu, qualcosa di già letto. Se è quest’ultima la china, il discorso procederà con le lamentele e le recriminazioni, sulla “questione meridionale”, su ciò che è stato fatto, o non fatto, i soldi investiti e quelli sperperati o spariti, quanto sia responsabilità della classe dirigente oppure sulla responsabilità della cultura dei meridionali. Un testo del genere condurrà il lettore al cul-de-sac dove sono esposte la responsabilità, l’assenza di senso civico e di cultura della modernità dei meridionali.

Il rovescio della nazione, per fortuna, fa piazza pulita di questi discorsi depotenzianti, dei cliché e degli stereotipi, anzi, se ne tiene ben distante. È un libro scomodo, innanzitutto, che partendo dal margine meridionale cerca di indagare su ciò che può essere un punto di vista autonomo, altro, sul Meridione. È stato volutamente scritto per una facile divulgazione, superando gli specialismi, tralasciando – a ragione – l’infrastruttura bibliografica che sorregge l’impianto teorico delle categorie in esso utilizzato e che ha lavorato, almeno negli ultimi venti anni, come una talpa per decostruire e ricostruire l’idea di Mezzogiorno.

Sbrogliata la matassa dei discorsi depotenzianti, nel libro si coglie una stratificazione bibliografica, composta di saggi, articoli e libri pregressi i cui echi sono percepibili solo da chi ne conosce i rimandi; infatti, al lettore comune Il rovescio della nazione appare come un’opera straordinariamente originale, poiché ne elude la genealogia.

Vale la pena però qui ripercorrere la stratificazione bibliografica e risalire a quanto nel “presente storico” del Meridione, per dirla con Marx, vi sia il frutto di un lavoro di rovesciamento di paradigma, ciò non solo per ripercorrere la genealogia de Il rovescio della nazione ma tutta l’opera di studiosi e di collettivi che negli ultimi vent’anni hanno lavorato per smontare il regime di verità costruito sul Meridione, segnalando il rimosso, il non detto, il forcluso della storia italiana, ciò che Miguel Mellino chiama l’“inconscio coloniale delle strutture del sentire nazionale”.

Francesco Festa [estratto, leggi tutto al link

https://www.carmillaonline.com/2023/03/10/decostruire-e-ricostruire-il-mezzogiorno-a-partire-da-il-rovescio-della-nazione/?fbclid=IwAR1hS7q5YBgxavRzDOHXNA35OJBSJuSN0Y_AhVNvte4UCIO3bbWXty4OlsY]

 

#MeridianoSUD    Can the subaltern’ speak?

 

<Per il "vero" gruppo subalterno, la cui identità è la sua differenza, non c'è soggetto subalterno irrappresentabile che possa conoscersi e parlarsi; la soluzione dell'intellettuale non è astenersi dalla rappresentazione>, Gayatri Chakravorty Spivak

 

POSTCOLONIAL GRAMSCI

 

- Anche le rappresentazioni storiografiche del Risorgimento evidenziano il mancato coinvolgimento delle masse, in particolare di quelle meridionali, nella neonata formazione nazionale. Gramsci osserva come la storiografia a lui contemporanea avesse prodotto una visione lineare e omogenea della nazione italiana, raccontandone l’epopea in forma di «biografia nazionale» o «storia feticistica»: in questa raffigurazione, caratteri mitologici e astratti come Unità, Rivoluzione, Italia diventavano i protagonisti della storia, e il passato era interpretato alla luce del presente. Il presupposto di questa linearità deterministica, che si proponeva di rafforzare il sentimento nazionale proprio tra gli strati sociali più bassi, era per l’appunto la loro esclusione dall’epopea. Il fallimento delle istanze democratiche aveva contribuito ulteriormente a dare forma al divario nord-sud. Un rapporto che Gramsci immagina simile a quello tra una grande città e una grande campagna: «Essendo questo rapporto non già quello organico normale di provincia e capitale industriale, ma risultando tra due vasti territori di tradizione civile e culturale molto diversa, si accentuano gli aspetti e gli elementi di un conflitto di nazionalità». Come ha rilevato Adam Morton, la rivoluzione passiva deve dunque essere considerata anche in termini di una metafora spaziale, come una «strategia di spazializzazione emergente che ha strutturato e modellato il potere dello stato in Italia». La matrice geografica del rapporto tra nord e sud è una delle intuizioni più felici di Gramsci, e la ritroviamo, qualche decennio dopo, nella Gran Bretagna di Stuart Hall e attraverso l’Oriente decostruito da Edward Said.  - Carmine Conelli

 

#SubalternStudiesItalia, 9.04.2023

 

Dibattito circolare alla cooperativa Robert OWEN, sabato 8 aprile 2023. Si è parlato di #MeridianoSUD e del ‘rovescio della narrazione’, richiamandosi al testo di Carmine Conelli ‘Il rovescio della nazione - La costruzione coloniale dell’idea di Mezzogiorno’ edito da Tamu edizioni (in foto)

“Non possiamo più limitare la nostra comprensione del Mezzogiorno all’interno degli schemi dualisti che hanno condannato l’intero Sud al ruolo omogeneo di non-ancora-Nord. Allo stesso tempo, dobbiamo riconoscere la colonialità delle categorie di pensiero che vengono utilizzate - e che spesso inconsciamente replichiamo - per raccontare il Mezzogiorno. Non possiamo più considerare la nostra visione come un mero riflesso dello sguardo esterno.” (Carmine Conelli, il Rovescio della Nazione)

“Lotte queer e meridionalismo possono trovare una intersezione nella marginalità e nella comune rivolta contro il Padre, cioè contro la cultura patriarcale, da una parte, e la patria e il nazionalismo, dall’altra.” (Davide Curcuruto, Queer Meridionalismo, Menelique)

“Lavoro, ambiente e salute non dovrebbero essere alternative tra cui scegliere, ma diritti ugualmente rispettati. A Taranto purtroppo non è stato così. Oggi la politica vede nel turismo l’unico futuro possibile per questa città, ma per superare questo processo di deculturazione abbiamo bisogno di una rielaborazione critica del passato e di un pensiero meridiano” (Stefano Modeo, Pensare Il Sud, Menelique).




IL DIBATTITO CIRCOLARE è una metodologia che permette l’abbattimento delle gerarchie, anche di ruolo, e avvia un confronto reale su contenuti che hanno necessità del gramsciano intellettuale collettivo. Il seminario permanente può assumere l’autoformazione come elemento caratterizzante per i processi di emancipazione e liberazione dagli stereotipi di potere, al modo della pedagogia degli oppressi di Paulo Freire. Collettivi politici di base, comunità di “fedi” o rituali plurali di base, assumono il dibattito circolare come riferimento di una prassi trasformativa delle relazioni, dunque rivoluzionaria.
foto Cooperativa Owen, assemblea circolare sul ’Sud - il rovescio della narrazione’, 8 aprile 2023 - San Giorgio Jonico (TA)













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