Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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martedì 7 ottobre 2025

I 'VENTOTTO BOLSCEVICHI' CINESI, WANG MING E MAO ZE DONG

 


'Frontismo' cominternista e linea politica rivoluzionaria

 

Il quinto plenum del Comitato Centrale del PCC del gennaio 1934 consolidò le posizioni di quei dirigenti espressione delle politiche di Mosca: erano chiamati i “Ventotto Bolscevichi” ed erano guidati da Wang  Ming *

Questo gruppo era composto da membri del Partito Comunista Cinese che avevano studiato a Mosca presso l'Università Comunista dei Lavoratori d’’Oriente e che erano fortemente influenzati dalle politiche e dall'ideologia sovietica. Erano talvolta visti come rappresentanti di un orientamento più ortodosso e allineato con l'Unione Sovietica all'interno del partito.

 

Il conflitto con Mao Zedong

 

Disaccordi strategici:  i “Ventotto Bolscevichi,” guidati da Wang Ming, sostenevano strategie rivoluzionarie più in linea con le direttive dell'Internazionale Comunista. Questo spesso contrastava con le strategie di Mao, che enfatizzavano l'importanza della guerriglia rurale e l'adattamento delle tattiche alle specifiche condizioni cinesi piuttosto che seguire meccanicamente direttive esterne.

Rapporto con l'Unione Sovietica: i “Ventotto Bolscevichi” tendevano a mantenere una stretta adesione alle strategie e tattiche promosse dall'Unione Sovietica e dall'Internazionale Comunista. Mao riteneva che l'applicazione di strategie guidate da ortodossie interpretative del marxismo e del leninismo fossero inappropriate per la realtà cinese che doveva ricercare una via rivoluzionaria indipendente.

Ascesa di Mao: nonostante il potere e l'influenza iniziale dei “Ventotto Bolscevichi,” le strategie di Mao dimostrarono maggiore efficacia sul campo, specialmente durante la Lunga Marcia (1934-1935)  e il consolidamento delle forze comuniste nelle aree rurali. Questo portò a un cambio di leadership e strategie, contribuendo all'ascesa di Mao all'interno del partito. Mao infatti criticava i cosiddetti “Ventotto Bolscevichi” per una certa rigidità e incapacità di comprendere le realtà del contesto cinese rurale. Era una lotta tra “due linee”, che fu più tardi teorizzata come tratto distintivo della lotta di classe interna.

Nel complesso, il conflitto tra Mao e i “Ventotto Bolscevichi” rappresentava una lotta più ampia per definire la direzione e le strategie del Partito Comunista Cinese durante un periodo critico della sua storia.

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* Wang Ming, nato Chen Shaoyu (1904-1974) fu una figura importante nel Partito Comunista Cinese (PCC) negli anni '30 e '40. Era uno dei leader dei “Ventotto Bolscevichi”, giovani comunisti cinesi formati presso l'Università Comunista dei Lavoratori d'Oriente a Mosca. Questo gruppo era noto per il suo forte allineamento con le politiche del Comintern (Internazionale Comunista). Wang Ming era noto per la sua vicinanza all'impostazione strategica sovietica. Nel 1956, si recò in Unione Sovietica per motivi di salute e non fece più ritorno in Cina. Durante il suo soggiorno in Unione Sovietica, continuò a criticare il maoismo e il percorso politico intrapreso da Mao Zedong. Wang Ming rimase in Unione Sovietica fino alla sua morte nel 1974. La sua posizione critica verso il maoismo e il suo esilio di fatto in URSS riflettono le profonde divisioni ideologiche all'interno del Partito Comunista Cinese in quel periodo. 



Nell'immagine del 1937 scattata a Yan'an, Mao Zedong e Wang Ming, due figure chiave del Partito Comunista Cinese, sono fianco a fianco durante una fase cruciale della rivoluzione cinese. Questo periodo a Yan'an è noto per il consolidamento del potere di Mao e la definizione delle strategie che avrebbero guidato il partito negli anni a venire. - foto da Wikipedia

 

La foto si riferisce a un momento critico nelle dinamiche interne del Partito Comunista Cinese (PCC) durante la seconda metà degli anni '30, quando le tensioni tra Wang Ming e Mao Zedong emersero in modo significativo.

 

Contesto e significato:

- Fronte Unito: si riferisce alla collaborazione tra il Partito Comunista Cinese e il Kuomintang (KMT) contro l'invasione giapponese. C'erano differenze di opinioni su come questa collaborazione dovesse essere gestita. Wang Ming credeva fermamente nell'importanza di lavorare all'interno del quadro dell'alleanza, mentre Mao insisteva sul mantenimento dell'indipendenza del PCC e sulla flessibilità tattica.

- Conflitto strategico: la divergenza di opinioni rifletteva le diverse strategie politiche di Wang Ming e Mao Zedong. Wang, sostenitore di un approccio cooperativo con il KMT, seguiva le linee guida dell'Internazionale comunista a Mosca, mentre Mao enfatizzava la necessità di consolidare il potere e l'influenza del PCC indipendentemente dall'alleanza.

- La decisione di Wang Ming di trasferirsi a Wuhan, mostrava la sua fede nel Fronte Unito, ma permise a Mao di rafforzare la sua posizione a Yan'an, che era la base centrale del PCC. Durante questo periodo, Mao riuscì a consolidare ulteriormente il suo potere all'interno del partito.

 

- Le conseguenze: l'uscita di Wang Ming da Yan'an lasciò il campo aperto a Mao per affermarsi come leader indiscusso all'interno del PCC durante la Guerra di Resistenza contro il Giappone, conducendo il partito attraverso una fase critica della sua evoluzione.

 

Il periodo in discussione specificatamente risale alla fine degli anni '30, intorno al 1937-1938, durante la Seconda guerra sino-giapponese, un tempo di grande tumulto e riorganizzazione politica sia per la Cina che per il Partito Comunista Cinese.

La traiettoria politica di Wang Ming fu particolarmente segnata dalla sua tensione con Mao Zedong. Dopo lo scioglimento del Comintern nel 1943, le aspirazioni politiche di Wang svanirono, costringendolo a subire sconfitte politiche durante il cosiddetto movimento di rettifica di Yan'an, avviato da Mao nel 1942.  Fu indotto a confessare pubblicamente i suoi errori. Mao, su pressione dell'Unione Sovietica, lo incluse però formalmente nel partito, ma con ruoli marginali.

 

PER SEMPRE “UOMO DI MOSCA”

Dopo l'istituzione della Repubblica Popolare Cinese nel 1949, Wang trovò un ruolo come direttore del Comitato legale centrale del partito ma partì poi per Mosca nel 1956 per cure mediche, non facendo più ritorno in Cina. In Unione Sovietica, Wang divenne critico del PCC, specialmente durante le tensioni sino-sovietiche degli anni '60 e '70. Mentre i suoi scritti offrirono preziose informazioni storiche sul PCC, alla fine Wang evitò le conseguenze della Rivoluzione culturale, restando a Mosca fino alla sua morte nel 1974. 



Il movimento rivoluzionario nei paesi coloniali - Discorso al VII Congresso dell'Internazionale Comunista, 1935 di Wang Ming

 

Il discorso di Wang Ming al VII Congresso dell'Internazionale Comunista nel 1935 è un'importante testimonianza del ruolo delle colonie e dei movimenti rivoluzionari nel contesto globale del comunismo. Durante questo congresso, Wang Ming sottolineò la necessità di sostenere attivamente i movimenti indipendentisti e rivoluzionari nei paesi coloniali come parte della lotta contro l'imperialismo internazionale.

L'abstract del discorso di Wang Ming:

1. Solidarietà internazionale: necessità di rafforzare l'unità e la cooperazione tra i lavoratori di tutto il mondo e i movimenti di liberazione nazionale nei paesi coloniali. Wang Ming sostenne che le lotte nelle colonie erano strettamente legate alla lotta globale contro il capitalismo e dovevano essere integrate nella strategia del movimento comunista internazionale.

2. Opposizione all'imperialismo: Wang mise in evidenza come l'imperialismo fosse una forza opprimente nei paesi coloniali, sfruttando risorse e popolazioni a proprio vantaggio. Egli sosteneva che il rovesciamento dei regimi imperialisti fosse essenziale per il progresso del socialismo mondiale.

3. Ruolo del Partito Comunista: Wang Ming enfatizzò l'importanza di rafforzare i partiti comunisti nei paesi coloniali, così che potessero guidare i movimenti di liberazione nazionale e svolgere un ruolo centrale nella coscienza politica e nell’organizzazione delle masse.

4. Fronte Unito: come parte della linea generale del VII Congresso, Wang Ming sottolineò la necessità per i comunisti di collaborare con altri movimenti e forze progressiste nei paesi coloniali per formare un fronte unito contro l'oppressione coloniale.

Il discorso di Wang Ming rifletteva il consenso dell'Internazionale Comunista di quel tempo, che vedeva nei movimenti nazionalisti dei paesi colonizzati un alleato chiave nella lotta contro l'espansione imperialista e un contrappeso alle potenze capitaliste occidentali. Questo approccio avrebbe avuto un impatto duraturo sui movimenti comunisti nei paesi in via di sviluppo nel corso del XX secolo. 



In conclusione:

Wang Ming era un dottrinario, aveva studiato a Mosca e a Mosca tornerà a vivere fino alla fine dei suoi giorni, criticando Mao e la rivoluzione a cui pure aveva dato un importante contributo passando da Yan’an. Come ‘capo’ dei ‘Ventotto bolscevichi’ era una cinghia di trasmissione del Comintern e soprattutto alfiere del ‘frontismo’, a cui lavorò alacremente. Fronte comune con i nazionalisti di Chiang Kai-Shek del Kuomintang (KMT) in lotta permanente per l’egemonia del movimento rivoluzionario a colpi di massacri e assassinii mirati. Di comunisti. Ma che vide prevalere i comunisti maoisti proprio perchè l’alleanza frontista fu considerata solo tattica contro l’invasione dei giapponesi in Manciuria. E soprattutto perchè non furono sopraffatti dall’approccio cominternista che si voleva 'ortodosso' rispetto alle idealità marxiste del primato della forza motrice della rivoluzione, il proletariato industriale. L’autonomia di Mao da Stalin si misurò proprio sulla forza motrice della lotta di classe. In Cina, era il mondo sterminato dei subalterni contadini poveri. /

a cura di Ferdinando Dubla

 

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