Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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giovedì 19 agosto 2021

La questione del metodo filologico nell'interpretazione testuale: acribia, filologia vivente, filologismo (Gramsci e de Martino)



Non circoscrivere lo studio dei classici alla critica accademica, pur importante, ma dove spesso prevale l’”acribia filologica” e anche il pedantismo, ma aprire laboratori collettivi di ricerca per far respirare il nostro tempo nella riflessione teorica, e rendere saldo l’impegno sociale e politico con la “filologia vivente” dei testi e dell’analisi gramsciani, per una trasformazione rivoluzionaria in chiave di riscatto e liberazione delle classi subalterne. Crediamo sia questo il significato di “adattamento”, categoria utilizzata da Ranajit Guha, promotore dei Subaltern studies indiani, nei confronti di Gramsci, cioè l’adattabilità testuale ai determinati con/testi storico-politici oggetto dell’indagine con le loro specificità, purché si dia voce ai costruttori della storia senza narrazione.


Filologia e filologia vivente

dal Dizionario gramsciano (1926/1937), a cura di Guido Liguori e Pasquale Voza, Carocci, 2009

voce: { filologia e filologia vivente}, redatta da Ludovico De Lutiis, pp.303/304

extract.:

Oltre che nel G.[ramsci] fautore del metodo filologico e dell'imparzialità storiografica nello studio del passato, il concetto di filologia ricopre nei Q.[uaderni] un significativo ruolo nella definizione di "filologia vivente". I due ambiti sono peraltro legati e un importante anello di congiunzione è rappresentato dal retroterra di ogni riflessione gramsciana sulla teoria della storia, la storicizzazione del concetto di "natura umana": " La innovazione fondamentale introdotta dalla filosofia della praxis nella scienza della politica e della storia è la dimostrazione che non esiste una astratta "natura umana" fissa e immutabile [..] ma che la natura umana è l'insieme dei rapporti sociali storicamente determinati, cioè un fatto storico accertabile, entro certi limiti, coi metodi della filologia e della critica" (Q.13, 20, 1598-9). In questa ottica va letta la polemica con la lettura crociana del concetto di struttura, concepito "speculativamente", tanto da far parlare Croce di un "dio ascoso". (..)

Nel 1932 G. scrive invece: " Se la filologia è l'espressione metodologica dell'importanza che i fatti particolari siano accertati e precisati nella loro inconfondibile "individualità", non si può escludere l'utilità pratica di identificare come "leggi di tendenza" più generali che corrispondono nella politica alle leggi statistiche o dei grandi numeri che hanno servito a far progredire alcune scienze naturali" (Q.11, 25, 1429)

Tale apertura alle “leggi di tendenza” è coerente con l’elaborazione di una teoria della storia alternativa tanto al positivismo, cioè all’identità fra scienze naturali e scienze sociali, quanto all’idealismo, cioè all’idea crociana che la previsione storica sia un non-senso e abbia il medesimo statuto epistemologico del gioco d’azzardo, (..) Inserito nell’articolata teoria della storia e della politica presente nei Q., compare dunque il concetto di “filologia vivente”, che si presenta come caratteristica basilare nel processo di influenza reciproca tra la massa e i capi politici, appoggiato sull’idea della sostituzione di un organismo collettivo alla leadership di singoli uomini politici; (..)

“Con l’estendersi dei partiti di massa e il loro aderire organicamente alla vita più intima (economico-produttiva) della massa stessa, il processo di standardizzazione dei sentimenti popolari da meccanico è casuale (cioè prodotto dall’esistenza ambiente di condizioni e di pressioni simili) diventa consapevole e critico. La conoscenza e il giudizio di importanza di tali sentimenti non avviene più da parte dei capi per intuizione sorretta dalla identificazione di leggi statistiche , cioè per via razionale e intellettuale, troppo spesso fallace, - che il capo traduce in idee-forza , in parole-forza - ma avviene da parte dell’organismo collettivo per ‘compartecipazione attiva e consapevole’, per ‘con-passionalità’, per esperienza dei particolari immediati , per un sistema che si potrebbe dire di ‘filologia vivente’. Così si forma un legame stretto tra grande massa, partito, gruppo dirigente, è tutto il complesso, bene articolato, si può muovere come un ‘uomo collettivo’ “ (Q.11,25,1430).

Le citaz. sono tratte dall’edizione Gerratana del 1975.

Rendere dunque storico l’intelletto collettivo facendo respirare il proprio tempo ai testi attraverso il metodo filologico. Ma ‘filologia vivente’ è anche (significa) la sincronizzazione tra storicizzazione e attualizzazione dell’interpretazione, senza lo snaturamento revisionistico rispetto ai significati originari.

Filologismo, pretesa illegittima della filologia
di Ernesto de Martino

Nell’analisi testuale e nell’analisi con/testuale è imprescindibile il punto di vista di chi interpreta, è una traduzione in termini di ‘adattamento’ e di ‘adottabilita’’ alle condizioni del presente e agli obiettivi dell’interprete, purché si riferisca al testo stesso (‘acribia’ necessaria) e alla sua suggestione originaria. De Martino nella sua prima opera del 1941, critica il naturalismo nell'etnologia per riconsegnarla alla storia, alla sua centralità nell'analisi dei fenomeni antropologici, criticando proprio il filologismo della descrizione empirica nel lavoro di ricerca che surroga la formazione di un'anamnesi storiografica reale.

Qui, come altrove, intendiamo per filologia la critica esterna non solo dei documenti scritti (quali si trovano di preferenza nella Schriftgeschichte), ma anche delle suppellettili materiali, o degli istituti religiosi, sociali, etici, ect. che si presentano in azione al Feldforscher, o delle classi e schemi naturalistici di carattere sociologico, psicologico, ecc. o tratti dalla comparazione (tutti documenti non scritti, impiegati prevalentemente nella etnologia). La raccolta e il riordinamento degli stimoli dell’anamnesi storiografica, quale che sia la natura di tali stimoli, costituisce dunque la tecnica filologica: ed è operazione perfettamente legittima, quando si mantenga nella sua sfera. La parola “filologismo” indica invece una esorbitanza della filologia, e cioè la confusione fra momento euristico e anamnesi storiografica effettiva, la surrogazione della logica che presiede alla formazione dei concetti storiografici con la logica naturalistica che presiede alla elaborazione degli stimoli filologici. Se la filologia è legittima, il filologismo costituisce invece la pretesa illegittima della filologia.

Ernesto de Martino, Naturalismo e storicismo nell’etnologia, Laterza,1941, pag.7 (nota 1 dell’Introduzione)

nella Schriftgeschichte / nella scrittura della storia

al Feldforscher / al ricercatore sul campo [ndr]

(a cura di Ferdinando Dubla)





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