Un’antica e cadente porta semiaperta lascia intravedere il passato e il futuro. Forse sono i confini del mondo che non ci appartiene più o forse ciò che ci appartiene ancora quando accogliamo i sedimenti e le tracce di coloro che accolsero il tempo della storia restando muti.
foto Francesca
Cianciulli
La stratificazione di civiltà è
l’ispessimento della storia. Se le parole sono pietre, come scrisse Carlo Levi,
le pietre sono parole. Della storia non più muta. Ed è essa che indica, al
ricercatore attento, la tortuosa strada dell’essere.
La storia la devi respirare sul campo. Se
non alzi lo sguardo dalle carte essa ti sfuggirà incuneandosi tra le pietre. Ma
le pietre, i ruderi in macerie, le case diroccate, sono uno scrigno prezioso
per il ricercatore di quel tanto astratto apparentemente “paradigma di civiltà”
ora perduto o con tracce in via di estinzione o omologazione culturale che è la
civiltà contadina dell’Italia meridionale.
Necessaria è una nuova narrazione, necessario è un nuovo paradigma che parta dalle macerie per ricostruire una nuova soggettività storica. Nelle giornate di sole, quasi sempre dunque, se si presta attenzione a quei ruderi, si vedrà nitidamente il sangue dei vinti, non più assorbito dalla terra.
Muro Lucano - salita e
scesa - foto Francesca Cianciulli
Visioni Meridiane- foto
Fabio Giove
I gruppi subalterni subiscono sempre
l'iniziativa dei gruppi dominanti, anche quando si ribellano e insorgono: solo
la vittoria "permanente" spezza, e non immediatamente, la
subordinazione. (..) Ogni traccia di iniziativa autonoma da parte dei gruppi
subalterni dovrebbe perciò essere di valore inestimabile per lo storico
integrale., Antonio Gramsci, Quaderni dal carcere, Quaderno 25, ed. Einaudi,
1975, pag.2283/2284. -
La complicità tra l’imperialismo e la
storia del mondo, (..), non rappresenta solo una questione di espropriazione
del passato dei colonizzati da parte dei colonizzatori. Essa equivale anche alla
globalizzazione di uno sviluppo locale specifico dell’Europa moderna, ovvero il
superamento della prosa del mondo da parte della prosa della storia., Ranajit
Guha, La storia ai limiti della storia del mondo, Sansoni, 2003, pag.64
Arturo Zavattini, tra i più
grandi fotografi italiani, ci regala questo scatto capolavoro firmato nel 1952
a Tricarico, in provincia di Matera, durante il suo viaggio
etnologico-etnografico in Basilicata con Ernesto de Martino. Emozioni.
Nello scrivere questa
storia, secondo l’antropologo Ernesto de Martino, materiale e tecnica
etnografica di indagine sono preziosi, per la loro capacità di cogliere «i
depositi alluvionali lasciati in queste terre dal millenario fluire delle
civiltà» (Introduzione a “La terra
del rimorso”, Il Saggiatore, 1961, pag.28), ma restano – quel materiale e quei
metodi di ricerca – subordinati a una conoscenza che è per sua natura storica.
Il progetto di
“storicizzare il ‘popolare’ e il ‘primitivo’ “, si rivelerà essere lo strumento
attraverso il quale pensare il processo di emancipazione dei popoli e delle
classi oppresse, ovvero, come ebbe felicemente ad esprimersi de Martino,
“l’irrompere nella storia del mondo popolare subalterno”. È nello sviluppo di
questi presupposti che de Martino si verrà a incontrare nel dopoguerra con il
pensiero gramsciano, in particolare collegando la propria riflessione alle note
sul folklore e più in generale all’analisi dei rapporti egemoni tra classi
dominanti e classi subalterne.
a cura di Ferdinando Dubla, Subaltern studies Italia
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Formato digitale sfogliabile di Subaltern studies Italia 1. Saggi su Guha, Gramsci, de Martino e i margini della storia. A cura di Ferdinando Dubla. Barbieri edizioni, Manduria, 2024
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