giovedì 22 ottobre 2009
libri in lettura: Il sarto di Ulm di Lucio Magri
Il sarto di Ulm. Una possibile storia del Pci
Lucio Magri -- Il Saggiatore 2009
Agli inizi degli anni Sessanta il Pci rappresentava ormai un quarto degli elettori e conservava quasi due milioni di iscritti; raccoglieva simpatia, o almeno attenzione, nei paesi e nei movimenti che si stavano liberando del colonialismo; era incoraggiato e a sua volta incoraggiava una classe operaia che dava nuovi segnali di combattività; incontrava una giovane generazione di nuovo politicizzata e una intellettualità nella quale finalmente penetrava un marxismo non più dogmatico e canonico; avviava un dialogo con minoranze cattoliche gradualmente affrancate dall'anticomunismo assoluto di papa Pacelli; governava con buoni risultati importanti regioni del Paese. Soprattutto era ormai unito e convinto su una strategia univocamente definita: "la via italiana". Si apriva quindi per il Pci, per quel Pci, una partita nuova nella quale erano in gioco l'identità faticosamente costruita e la sua futura esistenza. Ma era realmente una partita aperta? Quarant'anni dopo, sappiamo come si è conclusa. Il Pci, come forza organizzata e pensiero compiuto, è morto. E pressoché nessuno ne rivendica l'eredità. Non è morto per un improvviso colpo apoplettico, trascinato nel crollo dell'Unione Sovietica, dalla quale da tempo aveva preso le distanze. Né per stanchezza o estinzione, perché ha mantenuto fino alla scomparsa una forza elettorale notevole (il 28%) e un peso nella società e nel sistema politico.
Lucio Magri -- Il Saggiatore 2009
Agli inizi degli anni Sessanta il Pci rappresentava ormai un quarto degli elettori e conservava quasi due milioni di iscritti; raccoglieva simpatia, o almeno attenzione, nei paesi e nei movimenti che si stavano liberando del colonialismo; era incoraggiato e a sua volta incoraggiava una classe operaia che dava nuovi segnali di combattività; incontrava una giovane generazione di nuovo politicizzata e una intellettualità nella quale finalmente penetrava un marxismo non più dogmatico e canonico; avviava un dialogo con minoranze cattoliche gradualmente affrancate dall'anticomunismo assoluto di papa Pacelli; governava con buoni risultati importanti regioni del Paese. Soprattutto era ormai unito e convinto su una strategia univocamente definita: "la via italiana". Si apriva quindi per il Pci, per quel Pci, una partita nuova nella quale erano in gioco l'identità faticosamente costruita e la sua futura esistenza. Ma era realmente una partita aperta? Quarant'anni dopo, sappiamo come si è conclusa. Il Pci, come forza organizzata e pensiero compiuto, è morto. E pressoché nessuno ne rivendica l'eredità. Non è morto per un improvviso colpo apoplettico, trascinato nel crollo dell'Unione Sovietica, dalla quale da tempo aveva preso le distanze. Né per stanchezza o estinzione, perché ha mantenuto fino alla scomparsa una forza elettorale notevole (il 28%) e un peso nella società e nel sistema politico.
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