Fu Metrodoro di Chio, secondo Diogene Laerzio, il maestro di tutti gli
scettici, persino del dubbioso Pirrone da Elide, considerato caposcuola.
Anche il celebre Sesto Empirico (160/210 circa) posteriormente (ben sei
secoli dopo) ammise i meriti del Metrodoro, lui che amava il
relativismo dimostrato dalla scrittura di ben undici libri “Contra”, i
cui capolavori erano considerati i libri dal VII a XI, titolo “Contro i
dogmatici”. Metrodoro negava la
possibilità di ogni criterio di giudizio, perché amava ripetere,
oltrepassando il motto socratico dell’umiltà gnoseologica, “Nulla
sappiamo, e non sappiamo neppure questa stessa cosa, che nulla
sappiamo.” (Sesto Empirico, “Contro i matematici”, VII, 87 sg.).
Insomma, se Socrate sa di non sapere, Metrodoro non sa neppure che sa di
non sapere. Fu lo spunto per il filosofo di Elide per negare tutti i
valori: niente è per natura brutto o bello, buono o cattivo, giusto o
ingiusto e tutto indifferentemente si equivale e anche non si equivale,
niente è più questo che quello. Pirrone non esita ad affermare che ogni
cosa è non più di quanto non è, che ogni cosa è e non è, che ogni cosa
né è né non è.
E se sei arrivato al termine di questa lettura, che tu creda ad essa o non creda, è indifferente. (fe.d.)
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Metrodoro di Chio (presuntivamente/V/IV sec.a.C.)
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