Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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lunedì 6 maggio 2019

COMUNISTI E FORZE ANTIMPERIALISTE E ANTICAPITALISTE: LE UNICHE FORZE SOVRANISTE


sul “sovranismo” c’è gazzarra semantica che nasconde contenuti politici e la inaudita consegna alle forze reazionarie, fasciste e di destra del valore della sovranità nazionale, un valore che solo l’antimperialismo e l’internazionalismo dei popoli può coniugare in un senso realmente progressista e rivoluzionario. (fe.d.)

- di Fosco Giannini, resp. dipartimento Esteri del PCI
- per i comunisti e le forze antimperialiste e anticapitaliste si tratta di ingaggiare una nuova battaglia, che a partire dai contenuti sia non solo una battaglia sociale e politica, ma anche una battaglia di tipo teorico, culturale, semantico, una battaglia volta a smascherare le forze di destra, spogliandole della maschera che ad esse non si addice: la maschera della sovranità nazionale. Solo chi è antiimperialista, chi è contro l’imperialismo USA e la NATO, contro il neo imperialismo dell’Ue, contro il grande capitale nazionale e sovranazionale, solo chi è chiaramente contro l’Ue ed è per uscire dall’Ue e dall’Euro riconsegnando sovranità e libertà internazionale ai popoli può far propria e rilanciare la parola d’ordine della sovranità nazionale, oggi più che mai, assieme all’internazionalismo, rivoluzionaria. 

fonte: Partito Comunista Italiano 
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Il prossimo 18 maggio la triade nera formata dalla Lega di Salvini, dalla Fidesz ungherese di Viktor Orban e dall’Afd tedesca di Jorg Meuthen sarà su di un palco, a Milano, per presentare la nuova Internazionale reazionaria per le prossime elezioni europee. La triade sarà il nocciolo duro attorno al quale altre forze europee di estrema destra e neofasciste potranno organizzarsi, come la Vox spagnola. Questo ributtante 18 maggio deve divenire un’occasione per una nuova e profonda riflessione sull’Ue.
Il processo di costruzione dell’Ue, segnato com’è da quelle grandi contraddizioni sociali, politiche, economiche e culturali a cui ogni giorno i popoli europei assistono e ai quali soccombono, è sicuramente il più controverso processo di questa fase storica su piano mondiale. Ed è sicuramente tra i più drammatici processi storici della stessa storia europea. Ma poiché questa costruzione è accompagnata dal mito dell’inevitabilità storica e dal dogma del processo storico necessitato, essa è difficilmente decodificabile, come difficilissimo è scontrarsi con quel senso comune di massa esteso a tutti i Paesi dell’Ue, scientemente formato dalle classi dominanti e dalla cultura dominante, incline a considerare “naturale”, pur con tutte le sue contraddizioni, l’avvento dell’Ue come nuovo soggetto unificato e sovranazionale. Quello di decodificare a fondo il processo di costruzione dell’Ue, al fine di non accettarlo come “naturale”, è indubbiamente il compito primario dei partiti comunisti dell’Ue di questa fase, compito dal quale ogni altro discende e che richiede la messa in campo di tutti i mezzi teorici, culturali e politici (a questo proposito può essere di grande utilità il libro recentemente uscito del compagno Luca Cangemi, “Altri Confini- Il PCI contro l’europeismo ( 1941-1957), edizioni DeriveApprodi).
Il progetto di un’Europa comune è vecchio di oltre mezzo secolo; tuttavia esso si accelera improvvisamente, prendendo la forma ultraliberista e reazionaria che oggi conosciamo e che prende corpo nell’Ue, nella fase successiva alla caduta dell’Unione Sovietica. Da quella caduta il mondo appare all’insieme dei poli imperialisti e capitalisti mondiali come un unico e sterminato mercato da conquistare, con le merci e con le armi. Appare nello stesso modo anche al grande capitale transnazionale e nazionale europeo, che capisce immediatamente che per concorrere alla conquista del nuovo mondo “tuttomercato”, ha bisogno di una propria strategia unitaria sovranazionale, che non abbia la pretesa assurda e l’obiettivo impossibile di cancellare le contraddizioni intercapitalistiche europee, ma che abbia l’ambizione di costituire un ambito comune europeo volto a favorire la liberazione dei nuovi spiriti animali capitalistici europei, una nuova e alta accumulazione capitalistica e l’esaltazione del profitto. E’da questa esigenza del grande capitale europeo della fase post sovietica che prende forma, a partire dal Trattato di Maastricht, l’iperliberismo dell’Ue, la distruzione sistematica, sovranazionale e strategica del welfare, l’abbattimento dei salari e dei diritti. E’ dalla nuova esigenza storica del grande capitale europeo ( farsi polo concorrente serio nella conquista dei mercati mondiali) che s’annuncia il progetto di costruzione di un neo imperialismo europeo, che si struttura attraverso una diffusione sempre più capillare di economie liberiste, di una concentrazione di poteri politici in ambiti istituzionali ristretti dell’Ue e nella costruzione di un senso comune di massa, nei Paesi dell’Ue, volto a considerare irreversibile lo stresso processo di costruzione dell’Ue. Tutto ciò, dai primi anni ’90 ad oggi, produce un sistema politico-economico-culturale poderosamente strutturato e impermeabile ad ogni diversa strategia, così da rendere irriformabile questa Ue. Come ha affermato lo stesso compagno Paulo Costa, del Partito Comunista Portoghese, alla manifestazione del PCI lo scorso 16 marzo a Firenze ( si può leggere l’intervento del compagno Costa su questo stesso sito del PCI).
Ed è a partire dalla constatazione di questa irriformabilità che il PCI, assieme a tanti altri partiti comunisti dell’Ue, indica la strada dell’uscita dall’Ue e dall’Euro.
Quando i partiti comunisti indicano questa strada sia le forze liberiste che le forze moderate e “socialiste” rispondono, in coro: “per andare dove?”, immettendo nella domanda il veleno della presunta follia e impraticabilità del progetto. In verità, quell’ “impraticabilità” di uscire dall’Ue che segna il pensiero politico di queste forze è figlio sia della concezione dell’Ue come “processo naturale” e dunque immodificabile, che di una visione del quadro mondiale di tipo quantomeno ottocentesco. Ciò che le forze politiche liberiste, moderate, socialdemocratiche e di “sinistra” non vogliono vedere e che le spinge a considerare l’Ue “l’unica patria possibile” è il nuovo mondo, un mondo che rispetto all’800 e anche al ‘900 ha allargato ( politicamente, economicamente, tecnologicamente) a dismisura i confini, che ha fatto emergere nuovi e potentissimi poli economici, finanziari e politici ( come la Repubblica Popolare Cinese e i grandi Paesi mondiali di ogni continente attorno ad essa) che si pongono come nuovi poli di interscambio e di vita economica e finanziaria, poli dinamici e alternativi alla prigione liberista dell’Ue, che chiede, per restare al suo interno, sia i sacrifici immensi dei popoli che il dissolvimento degli Stati. In questo nuovo mondo, considerare un Paese europeo il fratello di sangue degli altri Paresi europei e l’Ue la Patria unica di tutti popoli europei, è un pensiero vetusto quanto antistorico, cieco quanto reazionario.
La questione di fase, per tornare tuttavia al prossimo 18 maggio, quando la triade reazionaria di Salvini-Meuthen-Orban si presenterà a Milano, è che la totale complicità nel disegno dell’Ue liberista sia da parte delle forze moderate che di quelle socialdemocratiche, ha spianato la strada e regalato il consenso di massa alle forze di destra e neofasciste.
Ma qui dobbiamo ragionare, uscendo da ogni liturgia e perbenismo politico: i media della cultura dominante dell’Ue hanno regalato un nome ed un ruolo a queste forze reazionarie: esse sarebbero, per la vulgata corrente, le forze “sovraniste”. Bene: per i comunisti e le forze antimperialiste e anticapitaliste si tratta di ingaggiare una nuova battaglia, che a partire dai contenuti sia non solo una battaglia sociale e politica, ma anche una battaglia di tipo teorico, culturale, semantico, una battaglia volta a smascherare le forze di destra, spogliandole della maschera che ad esse non si addice: la maschera della sovranità nazionale.
Può essere, infatti, una politica volta alla sovranità nazionale quella della Lega di Salvini, segnata da una subordinazione totale all’imperialismo USA, alla NATO, ad Israele e alla Confindustria, alla piccola, media e grande imprenditoria capitalistica italiana? Ai grandi gruppi finanziari italiani, anche a quelli confinanti con la mafia?
Può essere una politica volta alla sovranità nazionale quella del partito neonazista della Afd tedesca guidata da un Jorg Meuthen che anche in una recente intervista a “la Repubblica” (venerdì 3 maggio, pagina 6) afferma categoricamente che “Il rispetto delle regole di Maastricht è fondamentale per garantire la stabilità dell’euro. Altrimenti non può funzionare”? Si può parlare di sovranità nazionale come categoria politica a partire dalle affermazioni di Alice Weidel (un’altra dirigente dell’Afd) secondo la quale “L’Italia è un Paese desolato per il suo debito pubblico e i debiti delle banche”, evocando dunque nuove misure di austerità contro l’Italia? In verità, questi alleati di Salvini altro non sono che la riesumazione dell’imperialismo tedesco hitleriano. Della “sovranità” tedesca, una linea, per tante parti e al netto delle forme virulente dei neonazisti, non diversa da quella delle attuali forze politiche liberiste e moderate tedesche.
Può essere considerata una politica sovrana quella di Orban, che ha introdotto, per servire gli interessi del grande capitale ungherese, la cosiddetta “legge schiavitu’”, che allunga la settimana lavorativa da 5 a 6 giorni ed aumenta le ore di straordinario sino al punto che i padroni possono imporre ai lavoratori 150 ore di lavoro in più all’anno, che nel quadro normativo generale possono arrivare a 400 ore? E tutto ciò per sfruttare al massimo la forza lavoro autoctona, in un Paese in cui la forza lavoro è carente e contro gli immigrati si ergono muri infiniti di filo spinato?
Può essere considerato sovranista il partito spagnolo Vox di Abascal, che le sole questioni che pone all’Ue sono la sospensione di Schengen, il rispetto dei confini e “la difesa dei valori europei e occidentali”, riducendo ogni critica alle derive liberiste di Bruxelles?
Possono essere considerate forze sovraniste, queste di estrema destra, solo perché teorizzano e praticano il razzismo? Un razzismo funzionale, in verità, sia a riorganizzare quel consenso di massa sfuggito alle grandi forze socialdemocratiche perdutesi nella mitologia europeista, che a collocare stabilmente, attraverso l’intimidazione sociale, la forza lavoro immigrata nel mercato inferiore del lavoro, dove poi va a prelevarlo a basso costo il capitale, l’imprenditore?
Una battaglia, dunque, spetta ai comunisti e alle forze della sinistra anticapitalista; quella di strappare dalla faccia delle destre estreme la maschera falsa del “sovranismo” per riappropriarsene. Solo chi è antiimperialista, chi è contro l’imperialismo USA e la NATO, contro il neo imperialismo dell’Ue, contro il grande capitale nazionale e sovranazionale, solo chi è chiaramente contro l’Ue ed è per uscire dall’Ue e dall’Euro riconsegnando sovranità e libertà internazionale ai popoli può far propria e rilanciare la parola d’ordine della sovranità nazionale, oggi più che mai, assieme all’internazionalismo, rivoluzionaria.
Una linea, questa, che può servire molto anche a mettere a fuoco, per i comunisti, per il PCI, la difficilissima e accidentata politica delle alleanze. Oggi occorre allearsi, sul piano politico, sociale, culturale e anche elettorale (per costruire una prima massa critica sufficiente a far ripartire una lotta ed un progetto strategico di lunga lena) con le forze che condividono innanzitutto l’analisi sui fenomeni che segnano di sé fase storica: il ruolo dell’imperialismo USA e della NATO, la costruzione dell’Ue. Con le forze che affermano: fuori l’Italia dalla NATO, dall’Ue e dall’Euro. Le uniche forze sovraniste.



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