Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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venerdì 11 aprile 2025

Sulla questione dello “storicismo”. Lo “storicismo” critico dialettico e l’”antistoricismo”

 

La natura teoretico-prassica del dibattito marxista italiano tra gli anni 50 e gli anni 60 del Novecento (Luporini, Panzieri e Galvano Della Volpe)


Galvano Della Volpe [1895/1968] e Cesare Luporini [1909/1993]


I Quaderni di Gramsci - recuperati dopo la sua morte e portati a Mosca - furono pubblicati dall'Editore Giulio Einaudi, organizzati e rivisti da Felice Platone sotto la guida di Palmiro Togliatti, in una prima edizione tra il 1948 e il 1951. Presentati originariamente secondo un ordine tematico, ottennero un enorme impatto nel mondo della politica, della cultura, della filosofia e delle altre scienze sociali dell'Italia del dopoguerra, permettendo al Partito Comunista di avviare una contesa egemonica nel mondo culturale e intellettuale dell'epoca. Questa contesa filosoficamente ebbe come punta di penna affilata la lettura, l’impostazione e l’interpretazione (ermeneutica) dello ‘storicismo’. Storicista infatti si definiva Gramsci, storicista si definì Togliatti. Ma storicismo era anche l’idealismo di Benedetto Croce, lontano e anzi, avversario del marxismo. Di qui, tutta una serie di dibattiti, fra i quali il ‘crocianesimo’ degli stessi Gramsci e Togliatti. Una grande ambiguità aleggiava su tutta la discussione, che era soprattutto politico-filosofica e lessicale. Come rimarcava nei suoi corsi il mio professore Cesare Luporini nell’ateneo fiorentino, nonchè tra i filosofi di punta del PCI, con il termine ’storicismo’ possono intendersi letture diverse della realtà (e delle idee): c’è quello idealistico, ma c’è anche quello critico-dialettico. Che comporta anche un allargamento espansivo all’essere umano, nè provvidenziale, nè deterministico. Per questo Luporini è passato come ‘anti storicista’ per antonomasia. Ma non corrispondeva filologicamente al suo pensiero, sempre critico e attento verso le posizioni volgarizzate e finalistiche del materialismo storico. Ma su questo torneremo, anche alla luce di un libro collettaneo (a cura di Matteo Cavalleri e Francesco Cerrato), “La battaglia delle idee, Il Partito comunista italiano e la filosofia nel secondo dopoguerra”, Sossella editore, 2024, 336 pp. - 


Antonio Labriola (Cassino, 1843 – Roma, 1904) si forma alla scuola di Bertrando Spaventa. Docente, pubblicista ed esperto di educazione, è tra i maggiori filosofi italiani di ogni tempo. Tra i primi a recepire in Italia l’opera di Marx, fu il principale corrispondente italiano di Engels, interlocutore di Sorel, Bernstein, Kautsky e del giovane Croce.

Labriola incarna un nuovo tipo di intellettuale, che Gramsci collocherà come "organico" alla classe proletaria (cioè frutto di un nuovo "blocco storico" alternativo, ma non "organico" a una milizia di partito), l'intellettuale che si rende conto dell'importanza di strumenti teorici adeguati per l'azione politica. E Labriola li trova, questi strumenti, nel marxismo. Ma un marxismo che deve essere "depurato" dalle degenerazioni (culturali, e quindi politiche) del presente, che sono il positivismo trasformato in metafisica, un evoluzionismo determinista che fa intendere le leggi economiche come fossero leggi naturali, una fede meccanicistica in un progresso scientifico indistinto, avulso dal segno di classe. Ecco allora il problema, di un'attualità straordinaria: l'autonomia teorica del marxismo e la rivendicazione di una pienezza interpretativa della concezione materialistica della storia.

La formazione storico-sociale borghese è destinata ad essere superata dalla nuova formazione storica di tipo socialistico: ma le forme che concretamente assumerà il processo rivoluzionario non sono determinate a priori. Un assunto, questo, che poneva Labriola in forte contrasto con le posizioni scientiste e passivamente deterministiche dello stesso movimento socialista.

 La nuova "dottrina", infatti, la nuova filosofia della prassi, era, nella lezione labriolana matura, sia metodo scientifico per l'interpretazione dei fatti storici sia strumento di azione politica.

FILOSOFIA DELLA PRASSI

Rileggendo Labriola e ripensando lo “storicismo”, da cui quello marxista italiano prende le mosse (cfr. la messa a punto di Nicola Badaloni, Marxismo come storicismo, Feltrinelli, 1962) si comprende come, pur ponendo al centro la storia, fra natura e cultura degli esseri umani, questa non possa essere concepita nè come disegno idealistico e provvidenziale, nè in senso deterministico, l’altra faccia dell’”astuzia della ragione” del ‘progresso lineare’ scientista e positivista. La ricaduta di questi vizi, nella dimensione politica, dà vita o all’attendismo o al riformismo, non all’elaborazione di un pensiero e di una prassi rivoluzionari.

cfr. http://ferdinandodubla.blogspot.com/2020/12/coscienza-critica.html

Il libro “La battaglia delle idee. Il Partito comunista italiano e la filosofia nel secondo dopoguerra”, a cura di Matteo Cavalleri e Francesco Cerrato per Luca Sossella Editore (2024) contiene, tra gli altri, ben due saggi su Cesare Luporini, di Sergio Filippo Magni e Giorgio Cesarale. Quest’ultimo si cimenta con la ricostruzione della polemica tra il filosofo marxista fiorentino di adozione e il filosofo della famiglia dei Conti Della Volpe, Galvano, nel corso degli anni ‘60. Precisamente, nel 1962, era stato Luporini che aveva aperto una polemica con Della Volpe e la sua “scuola” (con epicentro l’Università di Messina) sul ruolo in Marx della contraddizione e dell'"oggettività reale", che per Luporini testimoniavano, contrariamente alla lettura del filosofo imolese, un collegamento di Marx con Hegel anche dopo la fase giovanile della sua riflessione. Una ricostruzione difficile, meritorio lo sforzo di Cesarale per districarsi tra essere e logica, logica scientifica, logica dialettica, marxismo/empirismo/scientismo, piano ontologico, astrazioni ‘determinate’, circolo astratto-concreto-astratto o concreto-astratto-concreto, storicismo/antistoricismo (alle pagine 145-166, il saggio ha per titolo “Dialettica e positivismo nel marxismo italiano post-bellico: la polemica di Luporini e la scuola dellavolpiana). “Scuola dellavolpiana” che diventò moda culturale, come accade, attirò giovani intellettuali come Lucio Colletti e Mario Rossi, ‘prese’ la casamatta della rivista “Società”, particolarmente cara a Luporini che l’aveva co-fondata nel 1945 con Bianchi Bandinelli e Bilenchi. Qui, a nostro avviso, è il punto: l’egemonia culturale non all’esterno ma all’interno del partito dei suoi intellettuali di riferimento. Non è una battaglia ‘teoretica’ pura, disinteressata: c’è una ricaduta politica nella linea politica del PCI e delle sue scelte strategiche, in qualche modo ‘giustificate’ dalla teoria, se non dalla teoresi, nel caso in specie. (su questo cfr. Guido Liguori, “Dallo storicismo alla scoperta delle forme”, in AA.VV. “Il pensiero di Cesare Luporini”, Feltrinelli, Milano, 1994). Intellettuali di riferimento: un’altalena tra il ‘partito’ e  la ‘classe’. Organici. Il partito doveva funzionare gramscianamente da ‘intellettuale collettivo’ per aderire alla classe. Nella prospettiva della società socialista, studiare le tappe del processo rivoluzionario. Qui la vera dialettica del PCI in quegli anni e la natura teoretico-prassica, cioè politica, di quel dibattito. Un pò come la contesa teologica sugli universali che oppose nel Medioevo Abelardo, Roscellino e Guglielmo di Champeaux fino a Guglielmo di Ockham. C’era anche lì una dimensione politica, teologico-prassica, non subito evidente ma che dava alla disputa il suo valore cogente. C’è un antesignano di questo libro sulla battaglia delle idee (il titolo richiama Mario Alicata e una rubrica su Rinascita)  nel PCI degli anni a cavallo delle rivolte studentesche e operaie degli anni Sessanta e Settanta e di cui consigliamo la lettura alla nuova generazione; così come Luporini stesso, a noi giovani studenti di allora, consigliava la lettura di “Marxismo e filosofia in Italia : 1958-1971 : i dibattiti e le inchieste su Rinascita e il Contemporaneo / [a cura di] Franco Cassano, De Donato, 1973. - 




Cfr. Marxismo e filosofia in Italia : 1958-1971 : i dibattiti e le inchieste su Rinascita e il Contemporaneo / [a cura di] Franco Cassano, De Donato, 1973

Premessa e introduzione dell’autore.

Questo volume che raccoglie e organizza criticamente i testi dei dibattiti più significativi sulla natura teorica del marxismo comparsi sulle riviste del Pci, «Il Contemporaneo» e «Rinascita» – risponde all’intenzione di riproporre alle nuove generazioni, non meno che a coloro che di quelle discussioni furono tra i protagonisti, uno strumento per una riflessione e una storicizzazione del rapporto tra marxismo e movimento operaio negli anni ’60. Se infatti sarebbe estremamente schematico e riduttivo leggere gli schieramenti e le contrapposizioni che si definiscono nel dibattito filosofico sulla natura teorica del marxismo come un’immediata espressione di differenze politiche, sarebbe altrettanto impossibile ricostruire per intero il significato politico del dibattito teorico senza esplorare il suo nesso con i problemi che lo scontro di classe, a vari livelli, pone al movimento operaio italiano per tutto l’arco degli anni ’60. Da questo punto di vista infatti il dibattito filosofico non si configura più come una discussione tra gli addetti ai lavori, ma piuttosto come un dibattito sull’adeguatezza o meno di una forma teorica del marxismo allo sviluppo della lotta di classe e alla costruzione di un blocco sociale e politico capace di porsi come oggetto e artefice del processo rivoluzionario in Occidente. Se si può ricostruire una linea lungo la quale si collocano le varie cadenze della discussione, essa è quella della progressiva crisi della interpretazione del marxismo come storicismo. Questa crisi coincide con lo sviluppo della società italiana, con la divisione del movimento operaio e con il lancio della politica di centro-sinistra. Di fronte a questa fase nuova e più avanzata dello scontro di classe, si produce all’interno del movimento operaio una contrapposizione tra chi sottolinea l’organica incapacità del capitalismo italiano di praticare correntemente il terreno delle riforme e chi sostiene invece la necessità di dover spostare in avanti il fronte degli obbiettivi intorno ai quali articolare la strategia del movimento operaio. È sullo sfondo di questo dibattito politico che occorre leggere la disputa filosofica, ed è su questo piano e secondo questa intenzione che procede la premessa del curatore. Il bilancio che ne scaturisce è quello dell’esistenza di alcune linee importanti di ricomposizione di quella frattura intorno a una ridefinizione del marxismo come analisi sociale delle contraddizioni della società capitalistica, ma anche della persistenza di forti ritardi così nell’articolazione precisa di questa ridefinizione come nelle capacità concrete di bruciare ogni residuo filosofico-metodologico in direzione della costruzione politica delle contraddizioni e nell’organizzazione e ricomposizione politica delle forze produttive. Un primo contributo nella direzione della saldatura dell’anima dialettica e dell’anima analitica del marxismo intorno al tema dell’uso della scienza e della divisione del lavoro nel capitalismo maturo vuole essere il saggio che il curatore del volume ha premesso ai testi.

È sullo sfondo di questo dibattito politico che occorre leggere la disputa filosofica, ed è su questo piano e secondo questa intenzione che procede la premessa del curatore. Il bilancio che ne scaturisce è quello dell’esistenza di alcune linee importanti di ricomposizione di quella frattura intorno a una ridefinizione del marxismo come analisi sociale delle contraddizioni della società capitalistica, ma anche della persistenza di forti ritardi così nell’articolazione precisa di questa ridefinizione come nelle capacità concrete di bruciare ogni residuo filosofico-metodologico in direzione della costruzione politica delle contraddizioni e nell’organizzazione e ricomposizione politica delle forze produttive.

Franco Cassano, all’epoca, era assistente ordinario di Filosofia del diritto e professore incaricato di Metodologia delle scienze sociali all’università di Bari.


RENDERE “OGGETTIVA” LA CONTRADDIZIONE 



Raniero Panzieri (Roma, 1921 - Torino, 1964)

 

 La lettura classista di un Marx sganciato da Hegel, diventa critica allo storicismo come teoretica del gradualismo riformista vs. un reale processo rivoluzionario. Sebbene l’inchiesta sociale vedesse al centro la classe operaia settentrionale, torinese, con ondate sempre crescenti di forza-lavoro immigrata meridionale, che andrà a costituire in carne ed ossa la categoria della neosociologia critica dell’operaio-massa, quella di Panzieri è un’elaborazione politica che, proprio perché supportata dall’indagine sul campo, più che ‘operaista’ è classista in senso marxiano. A prescindere dai profondi legami che l’operaio-massa continuava ad avere con la propria terra, anche in termini antropologico-culturali, fondendoli con la ‘modernizzazione’ urbana industrial-capitalista, il metodo dell’inchiesta inverava il circolo dellavolpiano <concreto-astratto-concreto>, pena la ricaduta nell’idealismo metafisico (l’astrazione non-determinata) o nel determinismo neopositivista o scientista come nell’impostazione di Ludovico Geymonat. Scientista non è ‘scientifico’, ma assolutizzazione della scienza, e, come ogni assolutizzazione, cade nel suo opposto dialettico, che non è il relativismo, ma  un’ipostatizzazione dell’oggetto sul soggetto, una contraddizione che solo può essere compresa come “realtà oggettiva” e non legge di pensiero come nella ‘Scienza della logica’ hegeliana, un terreno di battaglia per il giovane Lucio Colletti, allievo di Della Volpe. Singolare che Panzieri partecipi alla critica ‘da sinistra’ allo storicismo, servito da collante ideologico della strategia politica della ‘democrazia progressiva’ del PCI (la linea continua De Sanctis-Labriola-Gramsci parallela a quella Spaventa-Croce-Gentile dell’hegelismo) in questo modo indiretto, comunque con una direttrice analitica che lo metterà in difficoltà nel suo partito, il PSI.

Minimum biblio.:

Lucio Libertini- Raniero Panzieri, Sette tesi sulla questione del controllo operaio, in “Mondo Operaio”, 1958 nr.2

Galvano Della Volpe, Logica come scienza positiva, ed. D’Anna, Messina,  1956

Sulle varie posizioni nel dibattito marxista italiano di quegli anni, sullo sfondo anche il ‘razionalismo critico’ di Antonio Banfi degli anni precedenti, cfr. Giuseppe Vacca (a cura di), Gli intellettuali di sinistra e la crisi del 1956. Un’antologia di scritti del “Contemporaneo”, Editori Riuniti, 1978

a cura di Ferdinando Dubla, Subaltern studies Italia


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