La centralità di una forza motrice della
rivoluzione la si misura sul campo, non con schemi precostituiti se non quelli
derivanti dal conflitto capitale/lavoro, lotta di classe nella storia, veri
perni di lettura della realtà della teoria marxista. La questione dei
subalterni e della subalternità elaborata da Gramsci nel Quaderno 25, non è
questione filologica, ‘gruppi sociali subalterni’, classi subalterne, classe
operaia, classi contadine, ma il nodo politico, che era anche in Mao nella fase
rivoluzionaria, della formazione della coscienza di classe di questi gruppi
marginali.
TRE
REGOLE DI DISCIPLINA E OTTO RACCOMANDAZIONI
Le “Tre regole di disciplina” e
le “Otto raccomandazioni” che Mao formulò nell’aprile 1928 erano norme pratiche
rivolte ai componenti dell’ “Esercito rosso” per conquistare la fiducia delle
popolazioni rurali: insistevano sulla disciplina interna, sul divieto di
saccheggio e sul rispetto verso i contadini, oltre che su norme di
comportamento quotidiano (pagare ciò che si compra, restituire ciò che si
prende in prestito, non maltrattare la gente, non molestare le donne, non
danneggiare raccolti ecc.). Queste prescrizioni servivano a distinguere l’
“Esercito Rosso” dalle bande locali e a costruire una base di consenso nelle
campagne, mostrando un orientamento operativo radicato nella realtà rurale.
Al VI Congresso del PCC, tenuto
a Mosca tra giugno e luglio 1928, la leadership di fatto del partito e la linea
politica erano fortemente condizionate dal Comintern e da dirigenti politici
convinti che la forza motrice rivoluzionaria fosse il proletariato urbano e che
ciò costituisse un perno indiscutibile del marxismo-leninismo, teorizzando
strategie diverse da quelle maoiste (soprattutto azioni urbane e
insurrezionali). Perciò, nonostante l’efficacia pratica delle misure di Mao sul
terreno, il suo orientamento contadino rimaneva marginale agli occhi della
dirigenza centrale: Mao era ancora una figura regionale e mancava il consenso
politico necessario per entrare nel Comitato Centrale, il che spiega la sua
esclusione dal Comitato in quel Congresso.
Le Tre regole di disciplina
erano: rispettare ed eseguire sempre gli ordini; non approfittare della
popolazione né sottrarre loro beni; versare o consegnare tutto quanto si
cattura o si prende per l’uso comune dell’esercito/organizzazione.
Le Otto raccomandazioni:
rivolgersi alla popolazione con cortesia; pagare per ciò che si compra;
restituire gli oggetti presi in prestito; risarcire eventuali danni causati;
non colpire né insultare la gente; non danneggiare i raccolti; non molestare le
donne; non maltrattare i prigionieri.
Il VI Congresso del PCC fu
svolto sotto forte influenza del Comintern e di figure «filo‑sovietiche»
del Partito comunista cinese; tra i dirigenti che in quel periodo venivano
considerati vicini alle direttive del Comintern o ebbero ruolo di crescente
rilievo si possono ricordare
- Li Lisan — promotore della
linea insurrezionale urbana (la cosiddetta “linea Li”), molto influenzato dal
Comintern.
- Qu Qiubai — intellettuale e
leader di punta del partito negli anni venti, vicino alle posizioni del
Comintern.
- Xiang Zhongfa — uomo di
fabbrica divenuto segretario generale (1928), sostenuto dalle strutture
cominterniste.
- Zhang Tailei — protagonista
dell’insurrezione di Guangzhou (1927), con contatti e ispirazioni
cominterniste; e, naturalmente
- Wang Ming — formazione e
carriera maturate a Mosca; in seguito guida della corrente esplicitamente “filo‑sovietica”
nel PCC (vedi link
I
'VENTOTTO BOLSCEVICHI' CINESI, WANG MING E MAO ZE DONG
SOTTOPROLETARIATO E COSCIENZA DI CLASSE
Di fronte alla concreta realtà cinese, il
necessario reclutamento, nelle file rivoluzionarie, di individui provenienti da
bande dedite a rapine nelle valli montane dello Jinggangshan — aree
caratterizzate da villaggi radi e agricoltura di sussistenza — spinse Mao a
riconsiderare il rapporto fra sottoproletariato rurale e coscienza di classe.
Pur riconoscendo i limiti e i rischi di affidarsi a soggetti marginali, egli
sosteneva che, tramite organizzazione, disciplina, addestramento politico e
lavoro di massa, anche questi elementi potevano essere trasformati in militanti
coscienti e contribuire alla costruzione della rivoluzione.
“Di fronte a tale realtà Mao ebbe
sicuramente il merito di prenderne rapidamente atto, attirandosi anche le
critiche del Centro del partito per la sua propensione a reclutare tra le fila
dei rivoluzionari anche membri di quello strano “sottoproletariato“: di fatto,
egli dovette innanzitutto e soprattutto riconoscere di dover fare a meno, per
chissà quanto tempo, del proletariato industriale e dover contare innanzitutto
sui nuclei contadini, pur limitati, ma anche su quel “sottoproletariato“ che
abitava il Jinggangshan il quale - egli sosteneva -, se ben addestrato
politicamente e modellato ideologicamente, poteva trasformarsi in un soggetto
rivoluzionario. Ovviamente, si trattava di una situazione contingente, creata
da circostanze oggettive che richiedevano soluzioni pratiche ai fini della
sopravvivenza politica e fisica: insomma, i contadini poveri erano e restavano
al centro del lavoro rivoluzionario, la loro collera contro i soprusi e i
privilegi subiti da secoli poteva essere trasformata in tempesta
rivoluzionaria, ed essi erano tanto più fondamentali se si voleva alimentare il
“potere rosso“ e l’ “Esercito rosso”, al fine di portare avanti una guerra
protratta, e di lunga durata. Inoltre, se mancava la classe proletaria era
comunque possibile e importante - secondo Mao - creare una “coscienza di classe
proletaria“, acquisibile attraverso l’educazione e il lavoro
politico-ideologico.
da Guido Samarani, Mao Zedong - Il Grande Timoniere che guidò la Cina dalla rivoluzione al
socialismo, ed. Salerno, 2024, pag.72.
"Mao Zedong, che a
Jinggangshan aveva riorganizzato le sue truppe, ridotte a poche centinaia di
uomini, giunse nella regione di Jinggangshan verso la fine di ottobre o agli
inizi di novembre del 1927, dopo essere stato rinforzato lungo la strada da due
piccoli gruppi di contadini. Ma bisogna prima di tutto contendere il territorio
a due capi briganti, due “compagni delle verdi foreste” secondo l’espressione
cinese. All’inizio Wang Zuo e Yuan Wencai (questi sono i loro nomi)
accetteranno d’essere integrati, con i loro uomini (circa 120 fucili), nella
truppa di Mao Zedong, ma questi elementi disordinati alla fine si riveleranno
non assimilabili. (..) Per Mao Zedong si trattava di assimilare, in una truppa
disciplinata, politicamente e militarmente istruita e animata da un vero ideale
rivoluzionario, gli elementi eterogenei che lo circondavano e che egli aveva
battezzato, con una certa pretesa,
“Prima Divisione dell’Esercito degli Operai e dei Contadini”. (..)
A questo esercito, così
eterogeneo e così ignorante, si doveva imporre una disciplina rigorosa e
semplice. Per i quadri - inoltre - bisognava definire i principi di una tattica
in relazione con la debolezza dell’esercito e con l’azione che esso si
proponeva di condurre tra la popolazione. A poco a poco nasceranno regole di
condotta e una dottrina di combattimento che saranno codificate nel dicembre
1929 dalla Risoluzione della Conferenza della IV Armata a Kut’ien. Ma si può
già rilevare che tutta l’azione dell’esercito, sia dal punto di vista politico
che operativo, è posta sotto il segno di una stretta cooperazione con la
popolazione. Si può anche affermare senza esitazione che la “riforma agraria” e
la “cooperazione esercito-popolazione” saranno i due grandi fattori di successo
della Rivoluzione comunista. (..)
Il Partito si sforza di
sradicare, nei luoghi in cui opera, le usanze vecchie e pericolose: l’oppio, il
gioco d’azzardo, la fasciatura dei piedi, la disuguaglianza tra i sessi, ecc.
Le scuole (scuole Lenin per ragazzi fino ai 14 anni, scuole serali) e il servizio
politico dell’esercito contribuiscono in modo notevole a questa azione. (..)
La disciplina militare si
confonde molto rapidamente con l’educazione politica. È questa educazione
politica che, dando al soldato una “coscienza di classe”, amalgamerà i primi
inquietanti e disparati elementi dell’Armata Rossa, cioè gli elementi della
classe contadina. In questo campo le concezioni ideologiche e le necessità
pratiche si identificano. L’esercito di Mao Zedong non è un semplice strumento
di potenza militare né un’organizzazione di combattimento; è un’organizzazione
politica rivoluzionaria."
Jacques Guillermaz, Storia del Partito comunista cinese
1921/1949, Feltrinelli, 1970, pgg. 190-193 e 213.
Scheda Maoismo critico compilata
da Ferdinando Dubla
foto di repertorio
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE FONTI MAOISMO CRITICO
Maoismo critico è la pagina di supporto
della rivista storica on line Lavoro Politico e di Subaltern
studies Italia






Nessun commento:
Posta un commento