Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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domenica 30 novembre 2025

LA RIVOLUZIONE È UN GALATEO

 


La centralità di una forza motrice della rivoluzione la si misura sul campo, non con schemi precostituiti se non quelli derivanti dal conflitto capitale/lavoro, lotta di classe nella storia, veri perni di lettura della realtà della teoria marxista. La questione dei subalterni e della subalternità elaborata da Gramsci nel Quaderno 25, non è questione filologica, ‘gruppi sociali subalterni’, classi subalterne, classe operaia, classi contadine, ma il nodo politico, che era anche in Mao nella fase rivoluzionaria, della formazione della coscienza di classe di questi gruppi marginali.

 

TRE REGOLE DI DISCIPLINA E OTTO RACCOMANDAZIONI

Le “Tre regole di disciplina” e le “Otto raccomandazioni” che Mao formulò nell’aprile 1928 erano norme pratiche rivolte ai componenti dell’ “Esercito rosso” per conquistare la fiducia delle popolazioni rurali: insistevano sulla disciplina interna, sul divieto di saccheggio e sul rispetto verso i contadini, oltre che su norme di comportamento quotidiano (pagare ciò che si compra, restituire ciò che si prende in prestito, non maltrattare la gente, non molestare le donne, non danneggiare raccolti ecc.). Queste prescrizioni servivano a distinguere l’ “Esercito Rosso” dalle bande locali e a costruire una base di consenso nelle campagne, mostrando un orientamento operativo radicato nella realtà rurale.

 

Al VI Congresso del PCC, tenuto a Mosca tra giugno e luglio 1928, la leadership di fatto del partito e la linea politica erano fortemente condizionate dal Comintern e da dirigenti politici convinti che la forza motrice rivoluzionaria fosse il proletariato urbano e che ciò costituisse un perno indiscutibile del marxismo-leninismo, teorizzando strategie diverse da quelle maoiste (soprattutto azioni urbane e insurrezionali). Perciò, nonostante l’efficacia pratica delle misure di Mao sul terreno, il suo orientamento contadino rimaneva marginale agli occhi della dirigenza centrale: Mao era ancora una figura regionale e mancava il consenso politico necessario per entrare nel Comitato Centrale, il che spiega la sua esclusione dal Comitato in quel Congresso.

Le Tre regole di disciplina erano: rispettare ed eseguire sempre gli ordini; non approfittare della popolazione né sottrarre loro beni; versare o consegnare tutto quanto si cattura o si prende per l’uso comune dell’esercito/organizzazione.

Le Otto raccomandazioni: rivolgersi alla popolazione con cortesia; pagare per ciò che si compra; restituire gli oggetti presi in prestito; risarcire eventuali danni causati; non colpire né insultare la gente; non danneggiare i raccolti; non molestare le donne; non maltrattare i prigionieri.

Il VI Congresso del PCC fu svolto sotto forte influenza del Comintern e di figure «filosovietiche» del Partito comunista cinese; tra i dirigenti che in quel periodo venivano considerati vicini alle direttive del Comintern o ebbero ruolo di crescente rilievo si possono ricordare

- Li Lisan — promotore della linea insurrezionale urbana (la cosiddetta “linea Li”), molto influenzato dal Comintern. 

- Qu Qiubai — intellettuale e leader di punta del partito negli anni venti, vicino alle posizioni del Comintern. 

- Xiang Zhongfa — uomo di fabbrica divenuto segretario generale (1928), sostenuto dalle strutture cominterniste.

- Zhang Tailei — protagonista dell’insurrezione di Guangzhou (1927), con contatti e ispirazioni cominterniste; e, naturalmente

- Wang Ming — formazione e carriera maturate a Mosca; in seguito guida della corrente esplicitamente “filosovietica” nel PCC (vedi link

I 'VENTOTTO BOLSCEVICHI' CINESI, WANG MING E MAO ZE DONG

 

 

SOTTOPROLETARIATO E COSCIENZA DI CLASSE 



Di fronte alla concreta realtà cinese, il necessario reclutamento, nelle file rivoluzionarie, di individui provenienti da bande dedite a rapine nelle valli montane dello Jinggangshan — aree caratterizzate da villaggi radi e agricoltura di sussistenza — spinse Mao a riconsiderare il rapporto fra sottoproletariato rurale e coscienza di classe. Pur riconoscendo i limiti e i rischi di affidarsi a soggetti marginali, egli sosteneva che, tramite organizzazione, disciplina, addestramento politico e lavoro di massa, anche questi elementi potevano essere trasformati in militanti coscienti e contribuire alla costruzione della rivoluzione.

“Di fronte a tale realtà Mao ebbe sicuramente il merito di prenderne rapidamente atto, attirandosi anche le critiche del Centro del partito per la sua propensione a reclutare tra le fila dei rivoluzionari anche membri di quello strano “sottoproletariato“: di fatto, egli dovette innanzitutto e soprattutto riconoscere di dover fare a meno, per chissà quanto tempo, del proletariato industriale e dover contare innanzitutto sui nuclei contadini, pur limitati, ma anche su quel “sottoproletariato“ che abitava il Jinggangshan il quale - egli sosteneva -, se ben addestrato politicamente e modellato ideologicamente, poteva trasformarsi in un soggetto rivoluzionario. Ovviamente, si trattava di una situazione contingente, creata da circostanze oggettive che richiedevano soluzioni pratiche ai fini della sopravvivenza politica e fisica: insomma, i contadini poveri erano e restavano al centro del lavoro rivoluzionario, la loro collera contro i soprusi e i privilegi subiti da secoli poteva essere trasformata in tempesta rivoluzionaria, ed essi erano tanto più fondamentali se si voleva alimentare il “potere rosso“ e l’ “Esercito rosso”, al fine di portare avanti una guerra protratta, e di lunga durata. Inoltre, se mancava la classe proletaria era comunque possibile e importante - secondo Mao - creare una “coscienza di classe proletaria“, acquisibile attraverso l’educazione e il lavoro politico-ideologico.

da Guido Samarani, Mao Zedong - Il Grande Timoniere che guidò la Cina dalla rivoluzione al socialismo, ed. Salerno, 2024, pag.72. 




"Mao Zedong, che a Jinggangshan aveva riorganizzato le sue truppe, ridotte a poche centinaia di uomini, giunse nella regione di Jinggangshan verso la fine di ottobre o agli inizi di novembre del 1927, dopo essere stato rinforzato lungo la strada da due piccoli gruppi di contadini. Ma bisogna prima di tutto contendere il territorio a due capi briganti, due “compagni delle verdi foreste” secondo l’espressione cinese. All’inizio Wang Zuo e Yuan Wencai (questi sono i loro nomi) accetteranno d’essere integrati, con i loro uomini (circa 120 fucili), nella truppa di Mao Zedong, ma questi elementi disordinati alla fine si riveleranno non assimilabili. (..) Per Mao Zedong si trattava di assimilare, in una truppa disciplinata, politicamente e militarmente istruita e animata da un vero ideale rivoluzionario, gli elementi eterogenei che lo circondavano e che egli aveva battezzato, con una certa pretesa,  “Prima Divisione dell’Esercito degli Operai e dei Contadini”. (..)

A questo esercito, così eterogeneo e così ignorante, si doveva imporre una disciplina rigorosa e semplice. Per i quadri - inoltre - bisognava definire i principi di una tattica in relazione con la debolezza dell’esercito e con l’azione che esso si proponeva di condurre tra la popolazione. A poco a poco nasceranno regole di condotta e una dottrina di combattimento che saranno codificate nel dicembre 1929 dalla Risoluzione della Conferenza della IV Armata a Kut’ien. Ma si può già rilevare che tutta l’azione dell’esercito, sia dal punto di vista politico che operativo, è posta sotto il segno di una stretta cooperazione con la popolazione. Si può anche affermare senza esitazione che la “riforma agraria” e la “cooperazione esercito-popolazione” saranno i due grandi fattori di successo della Rivoluzione comunista. (..)

Il Partito si sforza di sradicare, nei luoghi in cui opera, le usanze vecchie e pericolose: l’oppio, il gioco d’azzardo, la fasciatura dei piedi, la disuguaglianza tra i sessi, ecc. Le scuole (scuole Lenin per ragazzi fino ai 14 anni, scuole serali) e il servizio politico dell’esercito contribuiscono in modo notevole a questa azione. (..)

La disciplina militare si confonde molto rapidamente con l’educazione politica. È questa educazione politica che, dando al soldato una “coscienza di classe”, amalgamerà i primi inquietanti e disparati elementi dell’Armata Rossa, cioè gli elementi della classe contadina. In questo campo le concezioni ideologiche e le necessità pratiche si identificano. L’esercito di Mao Zedong non è un semplice strumento di potenza militare né un’organizzazione di combattimento; è un’organizzazione politica rivoluzionaria."

Jacques Guillermaz, Storia del Partito comunista cinese 1921/1949, Feltrinelli, 1970, pgg. 190-193 e 213. 



Scheda Maoismo critico compilata da Ferdinando Dubla

 

foto di repertorio

 

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE FONTI MAOISMO CRITICO

 

Maoismo critico è la pagina di supporto della rivista storica on line Lavoro Politico e di Subaltern studies Italia

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