Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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giovedì 11 agosto 2022

MARIO LA CAVA E ROCCO SCOTELLARO: l'incontro e l'ispirazione

 

L'INCONTRO

Vidi Rocco Scotellaro la prima volta l'11 novembre 1953, anzi il 12 perchè la mezzanotte era suonata, ed egli era seduto un pò di fianco accanto alla porta d'ingresso, davanti alle tavole scintillanti dell'Albergo delle Palme a Palermo, affollate per il pranzo di gala offerto in onore dei vincitori di vari premi letterari. Rocco Scotellaro era uno di questi e in quel momento ascoltava l'orazione di plauso dell'On.Castiglia. C'era stato Guglielmo Petroni che era riuscito a strappare per lui 50.000 lire di premio per una raccolta inedita di poesie, e Rocco Scotellaro era arrivato all'improvviso per ritirarle. Ascoltava con calma l'oratore che parlava. L'unico era lui in abito grigio, mentre gli altri tutti indossavano l'abito nero. Ma Rocco Scotellaro non era imbarazzato. Mi stupì la freschezza giovanile del suo volto, quasi di adolescente , che io non sospettavo. Era biondo di colorito, con delle lentiggini sparse sulla pelle, robusto nella taglia e piuttosto basso di statura , come sono spesso i lucani, almeno da come appariva nel posto dove era seduto.



Mario La Cava su Scotellaro

scritto il 6 gennaio 1954

Rocco Scotellaro con l’accento dei lucani che hanno un giorno parlato il dialetto del loro paese, era pronto, vivace e sicuro. Quella sua prontezza e sicurezza, che derivava in lui dalla forza del carattere io l’avevo notata frequente nei lucani che avevo conosciuto. Gli parlai con molto calore di un viaggio che avevo fatto in Lucania, parlai di tante cose. Poi egli offrì tutto il suo appoggio per una migliore conoscenza di quella regione, qualora fossi ritornato, e mi chiese se gli potessi fare conoscere qualche contadino intelligente del mio paese per interrogarlo, avendo da fare un’inchiesta. (..) Gli dissi che mi sarei fermato la notte a Messina e che perciò il viaggio fino al mio paese non lo avremmo potuto fare insieme. Io già lo chiamavo “Rocco”, solo col nome. Egli mi rispose che si sarebbe fermato a Reggio, donde poi insieme avremmo proseguito il viaggio. (..) Era la sera del 16 novembre (1953, ndr). L’indomani lo attesi invano a Reggio, all’ora stabilita: e ritornai, solo a casa. (..) Lo pensai più volte nei giorni seguenti e per quel contrattempo non sapevo spiegarmi la ragione. La sua immagine si ripresentava sempre alla memoria ed era così viva e solida. “Chi sa se verrà più” mi dicevo. E invece mi arrivò una lettera dell’amico Manlio Rossi-Doria che con acerbo rimpianto mi comunicava, che Rocco era morto il 15 del mese (di dicembre, ndr) per un colpo al cuore, impreveduto e imprevedibile. Io proprio il 15, ricevendo la lettera di lui, mi rallegravo di aver avuto sue buone notizie; ed egli invece moriva!

Mario La Cava, Viaggio in Lucania, Rubettino, 2019, pp. 49-53 (ed.or. L’Arco, 1980)



L'ISPIRAZIONE

scritto il 24 gennaio 1956

E che cos’è questo popolo di contadini meridionali, misero nelle sue realizzazioni pratiche, ma non nelle aspirazioni ideali, già maturo nella sua coscienza civile, se pure impedito per varie ragioni di farsi valere, se non la simbolica uva puttanella, che lo Scotellaro aveva imparato a conoscere nella vigna di suo padre? Ugualmente piccolo il suo contributo, ma ugualmente utile nella fermentazione delle idee collettive, che la nazione e il mondo oggi preparano nel travaglio della storia. Scotellaro ha creduto in esso, dando l’apporto completo del suo pensiero e della sua azione: in questo senso esemplare per gli italiani, come giustamente osserva Carlo Levi nella sua lucida prefazione: e pertanto, nella compiutezza classica del suo carattere particolarmente suggestivo al momento della sua resa poetica. (..) L’uva puttanella supera l’apporto popolare delle immagini in una espressione originale di corale poesia, intensa e appassionata. Fermentano in essa con suggestivo vigore la dolcezza agreste della vita, la nostalgia del passato doloroso, il dramma delle lotte quotidiane, la pietà che addolcisce il cuore, e il sentimento civico che spinge all’azione. Non estetismo, dunque, ma partecipazione seria ai problemi della vita: tanto da giustificare in pieno, indipendentemente dalle esagerazioni polemiche, il consenso del pubblico per quanto rimane di Rocco Scotellaro, il rimpianto per la sua perdita dolorosa, il fascinoso vagheggiamento per la bellezza incompiuta della sua opera giovanile.

Ivi, stralci dalle pp. 58,59,60



Rocco Scotellaro (1923-1953) e Mario La Cava (1908-1988)






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