Ranajit Guha
sottolinea, per la ricerca collettiva, l'importanza di leggere i documenti
storici delle élite con una prospettiva critica per svelare l'azione dei gruppi
subalterni, interpretando così il ruolo di “storico integrale” descritto da
Gramsci sempre nel Quaderno 25 di Formia (1934-1935). Nei documenti ufficiali
dei dominatori può trovarsi la “prosa della contro-insurrezione” e misurare la
densità e lo spessore dell’insorgenza subalterna altrimenti muta o classificata
come meramente spontaneistica o ribelle ‘senza coscienza di classe’.
INSORGENZA CONTADINA
Una pagina
di Ranajit Guha
La
storiografia si è accontentata di considerare il contadino ribelle
semplicemente come una persona empirica, o come membro di una classe, ma non
come un essere la cui volontà e la cui ragione giocavano un ruolo essenziale
nel costituire quella prassi chiamata ribellione. Questa omissione, in gran
parte della letteratura, si traduce nell’uso di metafore che assimilano le
rivolte contadine a fenomeni naturali: esse scoppiano come temporali, si
sollevano come la terra squassata dal terremoto, si propagano come incendi, si
diffondono come le epidemie. In altre parole, quando il proverbiale “tappo”
salta, il tutto viene decodificato in termini di storia naturale. Persino
quando questa storiografia è spinta a offrire spiegazioni in termini più
consoni alla storia umana, l’argomentazione è fondata sul presupposto
dell’identità tra natura e cultura, caratteristica, evidentemente, di un
livello bassissimo di civiltà, ed esemplificata da “quelle periodiche
esplosioni di criminalità e quei momenti di sospensione della legge che
caratterizzano ogni tribù selvaggia”, per riprendere i termini utilizzati dal
primo storico della ribellione chuar.
In
alternativa, le ragioni dell’insurrezione vengono cercate nei fattori di
deprivazione economica e politica, fattori che, in realtà, non hanno nulla a
che vedere con la coscienza contadina o che vi sono collegati solo in senso
negativo. Secondo questa interpretazione sarebbero tali fattori ad aver
innescato la ribellione, come se essa fosse una sorta di riflesso automatico,
ossia una risposta istintiva e sconsiderata a sofferenze fisiche di vario tipo
(per esempio la fame, la tortura, il lavoro forzato ecc.) o una reazione
passiva dei contadini a una qualche iniziativa assunta dai loro padroni e
avversari. In entrambi i casi l’iniziativa contadina è vista come esterna alla
coscienza stessa contadina e la Causa è posta come un fantomatico surrogato
della Ragione, come logica stessa di quella coscienza.
Ranajit Guha, La prosa della contro-insurrezione, in Ranajit Guha, Gayatri Chakravorty Spivak, Subaltern studies, Modernità e (post)colonialismo, a cura di Sandro Mezzadra. Introduzione di Edward Said, Ombre Corte, 2002, pp.44-45.
La rivolta dei Santal è
stata una importante ribellione che si è verificata nell'India orientale, nella
regione dell'attuale Jharkhand, nel 1855-1856. I Santal erano un gruppo etnico
indigeno che era stato sfruttato, oppresso e costretto a lavorare duramente
dalle autorità coloniali britanniche e dai proprietari terrieri locali.
La ribellione dei Santal fu una risposta alle ingiustizie subite, inclusa l'appropriazione delle loro terre, l'esattoria di tasse e la coercizione al lavoro forzato. Guidati da capi tribali e leader religiosi, i Santal si ribellarono in una lotta per difendere le proprie terre, le proprie tradizioni e il proprio stile di vita.
Durante la rivolta, i Santal attaccarono le autorità coloniali britanniche, le proprietà dei coloni e i simboli del potere oppressivo. Nonostante la resistenza coraggiosa dei Santal, la ribellione fu soppressa brutalmente dalle forze coloniali britanniche, che usarono la violenza per reprimere la rivolta.
La rivolta dei Santal è considerata un importante episodio nella storia della lotta anti-coloniale e del movimento per i diritti indigeni in India, che evidenzia la resistenza di gruppi tribali contro l'oppressione e lo sfruttamento subiti durante il periodo coloniale.
L’INSORGENZA
e il CANONE STORIOGRAFICO della ‘prosa della contro-insurrezione’
Ranajit Guha, il
fondatore dei Subaltern Studies, ha studiato la rivolta dei Santal perché era
interessato a esplorare la storia e le lotte delle comunità subalterne,
marginalizzate e oppresse. Ancor più l’insorgenza contadina e la sua natura,
perchè è quella la soggettività storica motrice della lotta di classe
anticoloniale, che permette, attraverso la reazione all’insorgenza, quella che
Guha chiama ‘prosa della contro-insurrezione’, di stabilire un canone
storiografico, non ‘subalternista’, ma, attraverso Gramsci (il quaderno 25),
degli studi subalterni critici della modernità coloniale e postcoloniale.
La rivolta dei Santal,
come la più recente per Guha, la rivolta naxalita iniziata nel 1967,
rappresenta un importante capitolo nella storia dell'India coloniale, poiché i
Santal erano un gruppo etnico indigeno che si era ribellato contro
l'oppressione coloniale e la loro situazione di sfruttamento.
Studiare la rivolta dei
Santal consentiva a Guha di mettere in luce le lotte e le resistenze delle
comunità subalterne, spesso escluse dalla storiografia dominante. Attraverso
questo studio, Guha cercava di dare voce ai Santal e alle loro aspirazioni,
analizzando le cause sociali, politiche ed economiche che hanno portato alla
loro ribellione e esplorando le implicazioni più ampie di questa lotta per la
comprensione della storia indiana.
Guha, insieme ad altri
studiosi dei Subaltern Studies, ha contribuito a riconsiderare il modo in cui
la storia è stata raccontata e interpretata, sfidando le narrazioni dominanti e
ponendo l'accento sulle voci e sulle prospettive delle comunità subalterne. Lo
studio della rivolta dei Santal si colloca quindi all'interno dell'obiettivo più
ampio dei Subaltern Studies di ridefinire la storia in modo più inclusivo e
rappresentativo delle varie esperienze e lotte della società indiana.
Peter Stanley, Hul!
Hul!: The Suppression of the Santal Rebellion in Bengal, 1855, Hurst &
Co Ltd, 2022 /
Se non fosse stato per la famosa rivolta indiana del 1857, la "Hul" (ribellione) Santal del 1855 sarebbe oggi ricordata come la rivolta più grave che la Compagnia delle Indie Orientali abbia mai affrontato. Invece, questa rivolta – in cui fu impegnato il 10% della fanteria dell'esercito del Bengala e in cui persero la vita almeno 10.000 Santal – è stata dimenticata. Mentre il suo ricordo era ancora vivo tra i Santal, gli ufficiali britannici ne pubblicarono poco e la maggior parte dei sepoy coinvolti morì nel 1857. Per usare le parole di un ufficiale britannico, l'Hul non fu "guerra... ma esecuzione", e forse per questo motivo fu liquidata come indegna di attenzione dagli storici militari. Basandosi per la prima volta sui voluminosi rapporti degli ufficiali del Bengala sulla sua repressione, Peter Stanley ha prodotto la prima interpretazione completa dell'Hul, indagando le ragioni per cui si verificò, come fu combattuta e perché finì in quel modo. Nonostante l'esercito del Bengala avesse praticamente inventato operazioni di controinsurrezione sul campo (e i Santal avessero improvvisato la loro prima guerra), l'Hul giunse al termine tra fame e malattie. Ma tra il suo scoppio sanguinoso, la sua prolungata repressione e i suoi effetti di vasta portata, Stanley dimostra che l'Hul fu più di una semplice "esecuzione": fu davvero una guerra.
Peter Stanley è
professore di Storia presso l'UNSW Canberra e ha vinto il Premio del Primo
Ministro per la Storia Australiana. Ha pubblicato oltre trentacinque libri
sulla storia militare e sociale australiana e sull'India britannica, tra cui
"White Mutiny: British Military Culture in India, 1825-75",
pubblicato sempre da Hurst. In particolare, nel testo “Hul! Hul!”, utilizza il
canone storiografico della “prosa della contro-insurrezione” di Ranajit Guha
per lo studio della rivolta dei Santal del 1855.
approfondimenti sul
blog:
http://ferdinandodubla.blogspot.com/2022/01/la-prosa-della-contro-insurrezione.html
http://ferdinandodubla.blogspot.com/2023/06/ranajit-guha-e-le-tracce-dello-storico.html
IL
CANONE STORIOGRAFICO DEGLI STUDI SUBALTERNI
I discorsi primario,
secondario e terziario nello studio della rivolta dei Santal.
*primario - fonti
primarie, lettere, ordinanze, dispacci, documenti ufficiali dell’élite
direttamente implicata di cui è necessaria la destrutturazione linguistica e
analisi sequenziale svelandone i ‘codici’, che sono i codici della
‘contro-insurrezione’
*secondario -
memorialistica e storiografia coloniale, resoconti e monografie
* terziario - opere di
scrittori non appartenenti all’establishment coloniale o funzionari implicati,
ma che sussumono la narrazione colonialista.
All’interno del
terziario, c’è anche una narrazione di sinistra. Pur adottando il punto di vista
del ‘ribelle’, contro orrori e misfatti dei proprietari terrieri, usurai e
commercianti disonesti, da una polizia corrotta e da funzionari irresponsabili,
è la prevenzione della ribellione per il controllo dell’insubordinazione la
finalità coincidente con il discorso secondario. Il contesto-evento-prospettiva
è allineato al continuum storico.
(Ranajit Guha prende in
esame il testo di Suprakash Ray, “Bharater Krishak Bidroha O Ganatantrik
Sangram”, in it. Rivolte contadine e
lotte democratiche in India, Calcutta, 1966).
“Appare chiaro che
l’obiettivo del discorso terziario è quello di riscattare l’originalità della
storia delle insurrezioni contadine da quel continuum che assimila ogni jacquerie all’”opera dell’Inghilterra in
India”, interpretandole piuttosto in guise tali da disporle lungo l’asse
alternativo di una campagna protratta nel tempo per la libertà e per il
socialismo. Anche quest’operazione tuttavia, come accade con la storiografia
colonialista, equivale a un atto di appropriazione che esclude il ribelle in
quanto soggetto consapevole della propria storia, incorporandolo soltanto come
elemento contingente all’interno di un’altra storia fatta da un altro soggetto.
Proprio come nel discorso secondario non è il ribelle ma il Raj il soggetto reale, e come la
borghesia indiana è il soggetto reale del discorso terziario del genere della
Storia- della- Lotta -per- la -Libertà, nella letteratura di cui abbiamo appena
discusso un caso esemplare il ribelle non può che essere rimpiazzato
dall’astrazione chiamata Operai- e -Contadini, un ideale anziché la personalità storica reale degli insorti.”
[cit.] Ranajit Guha, La prosa della contro-insurrezione, in
Ranajit Guha, Gayatri Chakravorty Spivak, Subaltern
studies, Modernità e (post)colonialismo, a cura di Sandro Mezzadra.
Introduzione di Edward Said, Ombre Corte, 2002, pag.86
a cura di Ferdinando Dubla, Subaltern studies Italia
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