Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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giovedì 23 gennaio 2020

Contro la scuola dell’ignoranza


“A scuola si studia”, affermazione ancora in uso, ma ormai priva di contenuto. L’aziendalizzazione della scuola pubblica è, se possibile, ancora più pericolosa della sua privatizzazione. Prevede la formalizzazione quantitativa e la burocratizzazione, dunque una sostanziale antipedagogia. ~ fe.d.

di Tiziano Tussi

Si potrebbe parafrasare il titolo di un famoso libro di Ivan Illich del 1968, Descolarizzare la società, cambiandolo con un altro per un libro attuale sulla scuola, ora, con Desocializzare la scuola.

Un elenco non esaustivo: Alternanza scuola-lavoro con presentazione nelle scuole di aziende ed Enti interessati alla prova; Orientamento, in en­trata ed in uscita dalla scuola superiore; Università italiane ed estere a scuo­la per presentarsi agli studenti; Peer to peer (educazione tra pari); Progetto Itaca (aspetti psicologico-relazionali tra adolescenti e problemi annessi); Donazione sangue seguito, dopo uno o più interventi teorici (?), dall'atto pratico del dono nelle strutture pubbliche; Contro le droghe, l'alcool, il fumo (incontri vari); Legalità e cittadinanza attiva, incontri con "esperti del settore"; Contro la mafia et similia; Prove aperte, mattutine, alla Scala di Milano (ma evidentemente possibili uscite in ogni luogo dove si svolgono prove aperte al pubblico di musica colta); Produzione di film da parte degli studenti, progetto Snachnews; Presentazione progetti pomeridiani al mat­tino; Evacuazione dalla scuola (prove pratiche due-tre volte l'anno); Foto­grafia alle classi; Assemblea mensile degli studenti (quando si ricordano di farla); Cogestione (sacrosanta) assistita; Incontri di sensibilizzazione ai vaccini (in particolare al papilloma virus); Scambi con l'estero, con conse­guente organizzazione degli stessi, accoglienza studenti stranieri, che sono presenti in classe per diversi giorni; Uscite didattiche (mostre, osservatori astronomici ecc.); Viaggi d'istruzione (gita), e/o settimane bianche; Gare di calcio, pallavolo, pallanuoto, ping pong; Varie ed eventuali (rottura im­pianto di riscaldamento con conseguente interruzione delle lezioni, caduta soffitti e/o contro soffitti, allagamenti più o meno dolosi dovuti a fenomeni atmosferici pesanti, ecc.)

Un esempio esaustivo: si possono trovare su Youtube piccoli filmati della serie "Il milanese imbruttito". In una versione degli stessi un intervistatore è impegnato a fare domande anche molto semplici. Le risposte sono esilaranti, naturalmente viene fatta passare una scelta delle più scon­volgenti. Quella che ci interessa è questa: ignoranza o intelligenza, anche nella versione ignoranza o eleganza? Le risposte sono tutte per la prima scelta della proposta: ignoranza. Le interviste vengono effettuate in mas­sima parte a Milano!

Agnotologia: studio, scienza, dell'ignoranza. «Da almeno vent'anni Ro­bert Proctor, docente a Stanford, studia l'ignoranza. Nel 1995 ha coniato il termine agnotology, fondendo la parola greca agnosis, la "non conoscen­za", con ontologia, cioè lo studio della natura dell'essere... Lei sostiene che la nostra epoca sia "minacciata dal buio" dell'agnotology… Sì. Ho coniato questa parola un paio di decenni fa per designare la scienza dell'ignoranza, la storia dell'ignoranza, la politica dell'ignoranza e specialmente i sistemi di produzione dell'ignoranza. I filosofi si sono sempre occupati della cono­scenza, come Galileo, Newton o Platone. Ma quello che abbiamo sempre trascurato troppo a lungo è l'ignoranza, una realtà che ha una sua storia, una sua geografia. Noi siamo circondati dall'ignoranza, che viene delibera­tamente prodotta da potenti forze per lasciarci nel buio».

Diamo un taglio più politico alla questione: «Ma cosa impariamo a scuo­la?... Impariamo dunque dei savoir faire che assicurino l'assoggettamento all'ideologia dominante… Dobbiamo in tal modo riconoscere la presenza efficace di una nuova realtà: l'ideologia».

È nota la distinzione che Louis Althusser individua negli apparati di Stato, divisi in apparati repressivi, che funzionano prevalentemente con la violenza e che sono il governo, l'amministrazione, l'esercito, i tribunali, le prigioni, e gli apparati ideologici che sono le chiese, la scuola, la fami­glia, la politica, il sistema giuridico, sindacale, l'informazione culturale, che usano principalmente l'ideologia. «Pensiamo che l'apparato ideologi­co di stato cui è stata conferita una posizione dominante nelle formazioni capitalistico mature, in seguito ad una violenta lotta di classe politica ed ideologica… sia l'apparato ideologico scolastico... In effetti la chiesa è stata sostituita con la scuola nel suo ruolo di apparato ideologico domi­nante di stato...». I savoir faire cui si riferisce Althusser sono modi d'esse­re, comportamentali culturali, concettuali ed estetici che logicamente non comprendono l'uso del pensiero critico. Altrimenti non sarebbero certo dei savoir faire che potremmo tradurre con "comportamento permesso", un "saperci fare" consentito.

Un'altra forma di ignoranza

Si aggiunge all'uso spasmodico di aggeggi telematici la spinta verso l'utilizzo generalizzato della lingua inglese. Pare che dire banalità e scioc­chezze in una lingua straniera sia innalzare quanto detto ad un livello di nobiltà che non si può respingere e perciò via con l'inglese per ogni dove. Dimenticando che ogni lingua si riflette psicologicamente nel nostro pen­siero in genere e nei concetti specifici che produciamo. Parlare riflette e si distende, a mo' di delta-estuario, in una relazione corroborante con il nostro cervello. Ogni lingua sviluppa un proprio modo d'essere e rispec­chia una cultura, grosso modo definita. Salvo restando che è possibile, in­dubitabilmente, servirsi di altre lingue per aspetti vari del nostro vivere. Sbagliato è servire un'altra lingua in modo acritico. Esemplificativa è stata una querelle (altra lingua non inglese) sulla questione dell'insegnamento universitario in esclusiva lingua inglese al Politecnico di Milano.

E di ignoranza in ignoranza si arriva alla promozione d'ufficio. Per ora si parla di elementari e medie di primo grado. «La bocciatura sarà possibile solo se tutti gli insegnanti del consiglio di classe saranno d'accordo. Solo in casi eccezionali e comprovati da specifica motivazione». Spiega la nor­ma. Basterà un solo parere contrario per fare scattare la promozione ope legis.

E dato che siamo di fronte ad una valanga che si ingrossa sempre più, ecco altro materiale per ingrandire il fenomeno. La scuola superiore in Ita­lia è troppa lunga, riduciamola.

Una costruzione il più possibile razionale, atta al lavoro culturale, per la vita, tutta quanta, nella continua costruzione della complessa umanità di un giovane che entra nella scuola da bambino e ne esce adulto, dovrebbe essere il compito del "lavoro" scolastico. È questo il senso profondo della scuola, proprio per non cadere nei tormenti dell'afori­sma di Diogene il Cinico (V-IV secolo a.c.): «Usciva una volta dalle terme, uno gli chiese se vi fossero molti uomini che si bagnavano. "No", rispose. Un altro gli domandò se v'era massa: "Sì", disse!»





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