e antipedagogia alimentata da formalismo metodologico e stalking iperburocratico/
(fe.d.)
articolo di Luca Malgioglio, admin. del gruppo FB Professione insegnante.it - - -
http://www.professioneinsegnante.it/index.php/news/457-passato-e-presente-una-proposta-per-la-scuola
Gli esaltatori della didattica per ‘competenze’, del ruolo salvifico delle nuove tecnologie in qualunque modo utilizzate, di metodi astratti e astrusi di (non) insegnamento, della scuola dell’autonomia che diventa una macchinosa scuola-azienda iper-burocratizzata, si scontrano con la cruda realtà di un tracollo verticale delle conoscenze degli studenti, con quello delle capacità linguistiche, lessicali, logico-sintattiche, della capacità di formulare ed esprimere pensieri sufficientemente articolati, della manualità e dell’autonomia.
A chi, di fronte a tale disastro, fa notare che forse, tra moltissime chiacchiere, sono stati dimenticati troppo spesso gli scopi fondamentali della scuola - alfabetizzare, far crescere affettivamente, trasmettere conoscenze, educare le nuove generazioni alla scoperta di sé, della realtà e dell'immenso patrimonio culturale dell'umanità, abituare alla riflessione -; a chi dice tutto questo, si risponde con l’accusa di “passatismo”. I passatisti, si dice con aria di sufficienza, rifiutano il nuovo per paura o per incomprensione e si rifugiano in ciò che già conoscono, in una vecchia idea di scuola nostalgicamente idealizzata; nella cosiddetta “comfort zone”, che non li costringe a mettersi in discussione. È colpa loro, dei recalcitranti, se il 'nuovo' non ha ancora potuto dispiegare tutte le sue potenzialità.
Ora, a parte le dure smentite che la realtà – per quanto denegata - sbatte in faccia alle “magnifiche sorti e progressive” dei cultori della metodofilia e del ‘nuovo’ (e, purtroppo, sbatte soprattutto in faccia ai loro studenti), vorrei fare qui una riflessione sul rapporto che esiste tra passato e presente.
Guardare le cose da una prospettiva storica, riallacciando i legami tra ciò che accade oggi e ciò che abbiamo alle nostre spalle, non significa idealizzare il passato o averne nostalgia: significa invece relativizzare il presente ed evitarne l'idolatria e l'assolutizzazione (una tentazione ricorrente nella storia, oggi resa immensamente più forte dalla sua saldatura con le esigenze totalitarie del 'mercato', per il quale la permanenza di idee, oggetti e valori è il nemico che limita un continuo velocissimo 'consumo' di tutte le cose). Non è un caso che il passato sia stato sempre la bestia nera di tutte le dittature (comprese quelle culturali), che hanno sempre cercato di nasconderlo, alterarlo, contraffarlo, negarlo, schiacciarlo sulle esigenze del presente; far scomparire, insomma, la sua ingombrante presenza e la sua alterità, che dimostra che le cose possono essere diverse da come sono oggi, perché lo sono già state tante altre volte (per chi ha letto 1984 di Orwell non c'è bisogno di aggiungere altro).
Questo, sia detto per inciso, è uno dei moltissimi motivi per cui sarebbe così importante la lettura dei libri: la ‘solidità’ dei loro contenuti, in confronto con la volatilità di quanto viene prodotto nella comunicazione social, ci mostra contemporaneamente come ci siano stati mentalità, vite, culture, storie, mondi diversi dal nostro, ma anche come alcune esigenze dell’umanità, al fondo, siano rimaste le stesse nel corso dei secoli. Questo è anche il motivo per cui, che so, un personaggio de I promessi sposi può apparirci lontanissimo e al tempo stesso rivelarci qualcosa della nostra umanità; è proprio nella feconda dialettica passato-presente che gli uomini hanno sempre faticosamente costruito il proprio futuro.
Insomma, significa essere nostalgici e “passatisti” ipotizzare, ad esempio, un collegamento diretto (ovvio, per chi guardi la realtà senza pregiudizi ideologici) tra il nuovo analfabetismo e il crollo della lettura di libri - sostituita dall'ipnosi dell''iperconnessione – di quei libri che hanno offerto alle generazioni passate una preziosa occasione di coltivazione di uno spazio interiore ed ideativo, oltre che di un consistente arricchimento linguistico? E se il presente è fatto soprattutto di errori, quale idolatria dell'esistente ci impedisce di cambiare strada, facendo tesoro dell'esperienza del passato per proiettarci creativamente verso un futuro diverso?
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