Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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mercoledì 19 luglio 2023

MEZZOGIORNO DI FUOCO

 

La battaglia politica contro l’autonomia differenziata è anche lotta culturale per un alter-meridionalismo senza latitudine

IL RESIDUO PRIMITIVO

Dall’articolo di Vincenzo Di Mino su Machina - https://www.machina-deriveapprodi.com/post/oltre-eboli-dalla-critica-dell-identità-ad-un-nuovo-alter-meridionalismo

- La criminologia positiva è pensata e praticata come una tecnologia politica di immunizzazione del residuo primitivo delle popolazioni meridionali, che necessitano di un supplemento pedagogico coloniale per essere inserite nel palcoscenico ufficiale del divenire storico stesso.

La figura del bandito, dunque, è una soglia per l’accesso alle verità storiche ufficiali. Le interpretazioni socialiste e marxiste (Hobsbawm, Molfese) + hanno letto questa figura come espressione del ribellismo sociale diffuso, quindi legandola ad una condizione di classe e a specifici rapporti di forza nel passaggio all’organizzazione capitalista moderna.

+ Ndr / di Eric Hobsbawm, - I Ribelli. Forme primitive di rivolta sociale, Collana Saggi n.386, Einaudi, Torino, 1966.

- I Banditi. Il banditismo sociale nell'età moderna (ed. originale 1969), trad. Eladia Rossetto, Collana Piccola Biblioteca, Einaudi, Torino, 1971-1974-1987.

 

di Franco Molfese, Storia del brigantaggio dopo l'Unità, Milano, Feltrinelli 1ed. marzo 1964 - vedi BRIGANTI SI MUORE - Franco Molfese e il brigantaggio come insorgenza meridionale

 

BRIGANTI SI MUORE - Franco Molfese e il brigantaggio come insorgenza meridionale

 

http://ferdinandodubla.blogspot.com/2023/02/briganti-si-muore-franco-molfese-e-il.html

 

L’orizzonte è anche un nuovo meridionalismo che rompa con gli stereotipi del senso comune delle classi dominanti e costituisca un’alternativa ai modelli colonialisti imposti dal sistema capitalista. Il Sud del mondo abbraccia il Mezzogiorno d’Italia. In questo senso, leggere Gramsci e Scotellaro (di cui ricorre il centenario della nascita) significa rendere forte di motivazioni ideali la battaglia politico-culturale contro l’autonomia differenziata.

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L’ ALTER-MERIDIONALISMO E GLI STUDI POSTCOLONIALI vs. NEOBORBONISMO

 

- La nostalgia del passato Borbonico, legato a doppio filo con le storie e le leggende legate all’universo brigantesco, dislocano la stessa narrazione storica su un piano meramente oppositivo a quella del carattere modernizzatore del processo unitario, presentandola ex abrupto come processo di unificazione coloniale. Il concetto di colonialismo è usato da autori come Pino Aprile alla stregua di un significante vuoto, buono a coprire sia gli effetti drammatici delle dinamiche di State-Building nel Meridione, e non le nefandezze e le repressioni portate avanti dalla monarchia borbonica. Questo insieme di elementi si apre a due considerazioni: la prima riguarda la dimensione plurale del colonialismo nel Meridione, a cavallo tra la monarchia borbonica e la storia dell’unità nazionale; l’altra riguarda l’esistenza delle storie singolari e dimenticate, storia di resistenza e di insurrezioni fallite e represse, nascoste dalle narrazioni dominanti.



INSORGENZE E SUBALTERNI

 

- Il terzo asse di lettura del libro è quello più intensamente politico, e riguarda le storie e le memorie delle lotte e delle resistenze meridionali, con lo sguardo proiettato sempre sulle stringenti questioni dell’attualità. Le molteplici storie delle lotte del Sud appartengono di diritto alla benjaminiana «tradizione degli oppressi», e, sebbene silenziate, consentono di guardare alla Storia ufficiale con uno sguardo situato e minore, di valorizzare queste emergenze soggettive e leggerle sotto il segno della lotta di classe. Conflitti legati alla dimensione politica della soggettività, infatti, hanno segnato quei tentativi di insorgenza durante il processo unitario (basta pensare alla tragica spedizione di Carlo Pisacane) e quell’insieme spontaneo di lotte contadine che hanno attraversato per intero la storia del Meridione: valgano gli esempi dei Fasci Siciliani, coraggioso ed innovativo tentativo di produrre soggettività ed organizzazione nel contesto post-unitario in cui, per utilizzare l’abusato adagio gattopardiano, non erano cambiati gli assetti della proprietà fondiaria nonostante la transizione ad una nuova forma di governo, e delle lotte contadine avvenute nel secondo dopoguerra, che stimolarono la promulgazione dei «Decreti Gullo» e della parziale riforma agraria che provò a destrutturare il potere dei latifondisti e dei rentier agrari. È utile, a questa altezza del discorso, tornare al laboratorio gramsciano, per leggere la complessità delle differenti forme in cui si è presentata sul palcoscenico storico la soggettività politica nel Meridione. Conelli, nel quinto capitolo, squaderna in tutta la sua poliedricità il concetto gramsciano di «subalternità» come chiave di lettura dei processi di soggettivazione. Gramsci, notoriamente, pensa al concetto di subalternità in termini «negativi», ossia attraverso l’incapacità dei subalterni stessi di organizzare una propria narrazione sul mondo e, latu sensu, di costruire organizzazione politica ma, allo stesso tempo, evidenzia la ricchezza della storia e delle storie dei subalterni, seppure «disgregate ed episodiche». In queste condizioni, il concetto si apre alla pienezza del piano storico materiale: subalternità è allo stesso tempo l’espressione soggettiva di una conflittualità e di una più generale indisposizione al comando che è emersa più volte nella storia a cui è stata proibita la parola.

Vincenzo Di Mino recensione al libro di Carmine Conelli, Il rovescio della nazione - La costruzione coloniale dell’idea di Mezzogiorno, Tamu, Napoli, 2022

 

op.cit. Vincenzo Di Mino, da Oltre Eboli. Dalla critica dell'identità ad un nuovo alter-meridionalismo

 

 

Su questo blog vedi anche:

 

IL SUD dei SUBALTERNI

 

 

LA CONTRONARRAZIONE DEL SUD: noi non siamo il non-nord

 

 

 

#altermeridionalismo #studipostcoloniali

 

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